Asia, Africa, America del Nord, America del sud, Europa, Oceania. Nella classifica dei continenti per dimensioni spesso si corre il rischio di dimenticare che al quinto posto, fra l’America Latina e la vecchia Europa bisogna considerare l’Antartide. Il Polo Sud è un continente misterioso e unico, pressoché disabitato (vi risiedono da 1.000 a 5.000 ricercatori e tecnici), interamente ricoperto dai ghiacci che ne fanno il maggiore “serbatoio” di acqua dolce del pianeta (ne detiene ben più della metà di tutto il pianeta).



La conoscenza del continente antartico è relativamente recente: le prime spedizioni furono effettuate nella prima metà del XX secolo e solo un decennio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si iniziò un’attività di ricognizione e conoscenza precisa delle sue caratteristiche

Ci si potrebbe chiedere perché sia tanto interessante andare a conoscere i dettagli di un’immensa isola ricoperta da uno strato di ghiaccio perenne spesso in media più di un chilometro, con punte di spessore superiori ai tre chilometri. Se da un lato l’interesse per la conoscenza di ciò che la realtà gli offre sia un dato ineliminabile e proprio dell’uomo, dall’altro i progressi realizzati negli ultimi decenni nello studio delle dinamiche complesse che governano il nostro ambiente terrestre hanno fatto comprendere come i diversi aspetti in gioco concorrano a determinare la forma e lo stato del clima e dei diversi habitat terrestri.



L’atmosfera non è che uno degli attori in gioco, e con essa la litosfera, la biosfera, l’idrosfera e la criosfera. Approfondire lo studio delle caratteristiche del maggiore protagonista di una di queste “sfere” è sicuramente un obbligo, per capire come i suoi cambiamenti influenzino il resto del pianeta. Per fare un esempio, si calcola che se il ghiaccio antartico si sciogliesse, gli oceani terrestri si innalzerebbero di circa 58 metri. Una conoscenza precisa degli spessori e delle dinamiche dei ghiacci, i loro spostamenti, lo scioglimento, i meccanismi di formazione, è perciò utile non solo di per sé, ma per accrescere il quadro complessivo della dinamica climatica terrestre.



Un aspetto fondamentale, che cattura l’attenzione dei ricercatori ma che presenta grandi difficoltà, è cercare di comprendere quale sia l’orografia precisa dell’Antartide. Si sono svolti fino a oggi diversi tentativi di descrizione di parti dei territori antartici, utilizzando due tecniche: laser e radio. Il laser permette di stabilire le quote esatte dei ghiacci, al netto dei primi strati di neve, mentre la tecnologia radar riesce a penetrare in profondità, arrivando al sostrato roccioso. L’unione di queste due tecniche dà quindi una immagine complessiva precisa delle caratteristiche dell’orografia e degli spessori dei ghiacci antartici.

Un nuovo e completissimo studio a guida inglese è appena stato realizzato, utilizzando i dati di due missioni scientifiche della Nasa: ICESat (Ice, Cloud, and land Elevation Satellite), ora terminata dopo ben sette anni di lavoro, e la missione IceBridge, che ha realizzato per tre anni moltissime misurazioni da aereo. ICESat è una missione satellitare basata su tecnologia laser per determinare con precisione le quote dei ghiacci, mentre IceBridge vede l’utilizzo di un aeroplano attrezzato con tecnologia laser e tecnologia radar. Lo strumento per le misure radar è il Multichannel Coherent Radar Depth Sounder (MCoRDS), capace di penetrare in profondità lo strato di ghiaccio della Calotta Polare.

Ci sono però zone in cui neanche il radar aiuta a fornire una misura precisa, cioè le zone di ghiaccio sotto le quali si trova acqua allo stato liquido, che riflette gli impulsi radar, “mascherando” la profondità dei laghi nascosti sotto il ghiaccio. Gli scienziati della Nasa hanno perciò dotato l’aeroplano di IceBridge di un gravimetro e hanno aggiunto anche un magnetometro, per studiare le caratteristiche delle rocce sottostanti.

Questo enorme lavoro di collezione e messa a sistema in modo organico dei dati di ICESat e di IceBridge chiamato “Bedmap2” (letteralmente “Mappa del sostrato 2”) è stato realizzato dal British Antarctic Survey, un grande centro di ricerca a guida inglese dedicato agli studi sull’antartico.

 

Bedmap2, che segue un precedente analogo lavoro degli inizi del 2000, ha rivelato un panorama di catene montuose e pianure solcate da strapiombi e vallate molto più profondi di quanto visto fino a oggi, fornendo dettagli sul sostrato antartico.

La visione plastica dei risultati è una nuova e dettagliata mappa, nella quale si possono notare molti particolari inediti, come per esempio il punto più basso della Terra, il sostrato sotto il Byrd Glacier, che arriva a ben 2.870 metri sotto il livello del mare, una misurazione che lo rende più profondo di 400 metri rispetto alle precedenti rilevazioni. Altri dati sono rilevanti. Anzitutto che il volume del ghiaccio risulta essere maggiore rispetto alle stime precedenti del 4,6% e che l’altitudine media del continente è di 95 metri, 60 metri in meno delle vecchie misurazioni; mentre si è scoperto che il volume del ghiaccio che si appoggia su un sostrato roccioso sotto il livello del mare è maggiore del 23% delle precedenti stime.

Quest’ultimo dato è forse il più importante, perché questo ghiaccio, essendo più facilmente a contatto con l’acqua del mare, è quello più vulnerabile a un eventuale riscaldamento delle correnti oceaniche. Hamish Pritchard, principale co-autore insieme a Peter Fretwell dello studio Bedmap2 dà un’idea dell’importanza del lavoro realizzato: «é molto di più di una mappa. I dati che abbiamo messo insieme sul peso e l’altezza del ghiaccio e sulla forma del paesaggio sottostante sono fondamentali per modellizzare il comportamento della coltre ghiacciata nel futuro. È importante, perché in alcuni posti il ghiaccio lungo le coste dell’Antartico si sta perdendo velocemente nel mare, facendo salire il livello medio dell’oceano. Conoscere quanto il mare crescerà è di importanza globale e queste mappe sono un passo verso questo obiettivo».

Proprio per questo la Nasa non sta con le mani in mano: nel 2016 vedrà la luce la missione ICESat2, che offrirà nuovi e sicuramente interessanti risultati.