Il progetto BRAIN (Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies), per la ricerca sul cervello tramite neurotecnologie innovative avanzate, è stato lanciato dal Presidente Obama nell’aprile scorso ma è balzato alla ribalta in Italia nei giorni scorsi per una lunga citazione contenuta nelle tracce della prima prova di maturità. Nel frattempo, sulla sua scia e soprattutto sull’onda dei 100 milioni di dollari stanziati dall’amministrazione Usa, le iniziative già ben avviate e diffuse, hanno registrato un’impennata e molti laboratori accelerano le ricerche per potersi inserire nel nuovo promettente campo. 



È il caso dei risultati presentati recentemente in un articolo (Intracellular Neural Recording with Pure Carbon Nanotube Probes) sulla rivista PLoS ONE da un gruppo di biochimici e informatici della Duke University che descrivono il funzionamento di una sottile sonda di nanotubi di carbonio in grado di misurare piccoli cambiamenti elettrici all’interno di un neurone. 



I nanotubi di carbonio hanno molte proprietà particolarmente adatte per gestire segnali neurologici: sono forti, sono compatibili con i tessuti del corpo e conducono bene l’elettricità. Ma i dispositivi finora realizzati con nanotubi di carbonio erano o troppo corti o troppo larghi per essere adatti per la registrazione all’interno delle cellule. Le sonde costruite dai ricercatori della Duke, invece, sono lunghe circa un millimetro e si prestano a monitorare l’attività elettrica più precisamente delle apparecchiature tipiche con elettrodi di vetro o metallici.

La loro configurazione è quelle di una piccola lancia in grado di sondare l’attività elettrica interna di un singolo neurone, dando ai ricercatori una visione più precisa di come le cellule cerebrali rispondono a segnali che arrivano dalle cellule vicine. Gli “arpioni” neuronali sono larghi dai 5 ai 10 micron e possono perforare una cellula vivente per misurare i cambiamenti elettrici associati alla segnalazione neuronale. In sottili sezioni di tessuto cerebrale ancora attivo di topo, gli autori della ricerca sono stati in grado di registrare dall’interno un singolo neurone alla volta.



È la prima volta che si ottiene una registrazione della comunicazione intracellulare su neuroni di vertebrati grazie ai nanotubi di carbonio. Il team della Duke è stato in grado di rilevare piccole variazioni di attività elettrica nei cambiamenti cellulari corrispondenti ai segnali di ingresso che un neurone stava ricevendo da altri neuroni. Un neurone corticale mediamente può ricevere segnali da circa 10.000 altri neuroni; individualmente, ognuno genera segnali molto piccoli, ma quando un neurone si attiva, raccoglie e “calcola” l’insieme dei segnali. Quindi, riuscendo a guardare all’interno della cellula e a misurare le variazioni di tensione, si ottiene l’accesso a tutta le rete che “parla” a quella cellula.

I ricercatori hanno usato una “tecnica intelligente” per costruire il loro dispositivo, ha detto a Technology Review Takashi Kozai, un neuroingegnere che non era coinvolto nello studio ma che pure sta sviluppando elettrodi microscopici per la registrazione dell’attività dei neuroni presso l’Università di Pittsburgh. Partendo dalla punta di un filo di tungsteno, hanno costruito una lunga sonda aghiforme fatta di nanotubi di carbonio aggrovigliati; poi hanno ricoperto la sonda con un materiale isolante e hanno utilizzato un fascio focalizzato di ioni per bombardare la punta, eliminando l’isolamento da quella zona e smussandola a un certo punto. Con questa tecnica è possibile fare sonde lunghe quanto si vuole e rendere i dispositivi ancora più sottili, arrivando ai 100 nanometri invece dei micron.

Oltre alle fette di cervello sezionato, il team ha testato il nuovo elettrodo sottile su topi anestetizzati, anche se non si sono potute ottenere registrazioni dall’interno delle cellule cerebrali di questi animali. Tuttavia, sempre secondo Kozai, «se le future versioni della punta di nanotubi saranno ancora più acuminate, potranno essere in grado di perforare meglio le cellule in cervelli morbidi e spugnosi. Se si riuscirà e se il dispositivo resterà stabile nel tempo nei cervelli viventi, ciò aiuterà i ricercatori a esplorare come il cervello impara e ricorda». 

Se potranno registrare segnali stabilmente nella stessa cella longitudinale, queste sonde si potranno applicare per mappare come i neuroni cambiano durante il processo di memorizzazione e apprendimento. Che è uno degli obiettivi dell’iniziativa BRAIN.