Che ci sia uno stretto legame tra la musica e la matematica è ben noto; del resto, i primi tentativi di elaborare una teoria matematica della musica si devono al grande Pitagora e alle sue applicazioni dei numeri frazionari al monocordo (strumento col quale il pensatore greco è raffigurato in un’arcata del portale destro della cattedrale di Chartres). Ma non è solo questione di numeri. C’è molto di più; c’entra anche la geometria, tanto che la costruzione geometrica di alcune celebri composizioni si può “vedere” e apprezzare analizzando gli spartiti e i pentagrammi.
Come ha fatto magistralmente Benedetto Scimemi alcune sere fa al Teatro Donizzetti di Bergamo, in uno speciale fuori-festival primaverile di BergamoScienza, la fortunata manifestazione orobica che il prossimo ottobre vedrà la sua undicesima edizione. Scimemi è un fisico-matematico, che ha studiato in Usa e Germania e ha svolto ricerche principalmente sulla teoria dei gruppi e sulla geometria, ricoprendo fino al 2010 le cattedre di Algebra e Matematiche complementari all’Università di Padova. Ma è sempre stato attratto dalla musica, anche attivamente (suona il pianoforte e il flauto) e ha coltivato questo suo interesse anche dal punto di vista scientifico, avendo varie occasioni di collaborare con professionisti della musica classica.
Come è accaduto l’altra sera, quando le sue spiegazioni sull’arte canonica di Johann Sebastian Bach hanno preparato il terreno all’ascolto della performance di una star del panorama musicale contemporaneo come il pianista iraniano Ramin Bahrami, che ha deliziato il pubblico con un “viaggio in Italia” sulle note di Scarlatti e di Bach, concluso, prima di una lunga serie di bis, col Concerto “nel gusto italiano” del grande maestro tedesco.
Scimemi ha iniziato proprio mostrando un celebre ritratto di Bach, l’unico forse eseguito (da Elias Haussmann) in sua presenza, dove il compositore ha in mano uno spartito con tre pentagrammi nei quali le stesse otto note sono ridistribuite secondo tre canoni. Con pochi chiari passaggi su una lavagna luminosa, il matematico-musicista ha dato una dimostrazione visiva, e poi sonora, di come semplici e precise operazioni geometriche possano trasformare una melodia in altre melodie. Rappresentando le otto note con un grafico “a gradini”, è possibile eseguire operazioni tipiche delle simmetrie, come traslazioni, ribaltamenti, rotazioni, per ottenere nuove sequenze di note che poi vengono combinate con le prime dando vita a piacevoli e attraenti effetti armonici. Il confronto tra i grafici moderni e gli spartiti di Bach è eloquente, come pure colpiscono le notazioni autografe del compositore che specificano, con i termini del tipo”trasporto”, “rivolto”, “rovesciato”, l’operazione “geometrica” eseguita, cioè il canone applicato a un certo tema.
Certo, dice Scimemi, «osservare le simmetrie degli edifici, dei fregi nei soffitti o dei marmi nei pavimenti è alla portata di tutti; non così per la musica: le complesse simmetrie musicali presenti in certe composizioni possono passare inosservate all’osservatore ordinario, il quale tende a prestare attenzione alla melodia principale ed eventualmente al ritmo piuttosto che al contrappunto, cioè al gioco delle voci che si rincorrono, si imitano, rimbalzano l’una contro l’altra».
Oltre alle trasformazioni geometriche più semplici è intuitive, come le traslazioni e le rotazioni, altre rappresentazioni grafiche e analitiche descrivono molto bene alcune tecniche più sofisticate di composizione musicale, come le modulazioni o l’aumentazione. Le grandi creazioni bachiane, come le Variazioni Goldberg, l’Offerta Musicale e l’Arte della Fuga, contengono numerosi esempi delle fondamentali tecniche del contrappunto. In alcuni casi, come ricordava Douglas Hofstadter in quel formidabile saggio Gödel, Escher, Bach, alcuni canoni non sono stati completati da Bach e sono proposti all’ascoltatore come enigmi da risolvere: come i dieci canoni dell’Offerta Musicale, presentati al Re Federico di Prussia sotto forma di indovinelli.
Naturalmente Scimemi è consapevole che non è necessario riconoscere le trasformazioni geometriche e tutti gli isomorfismi per gustare un brano musicale; ma è anche convinto che sarebbe riduttivo nei confronti di autori come Bach ignorare un aspetto come quello matematico soprattutto quando ha giocato un ruolo così importante e consapevole nel suo processo creativo. E poi non è difficile riconoscere che in Bach «la creatività melodica e armonica era stimolata, anziché frenata, dalle sfide del contrappunto»; è ciò si è verificato altre volte in compositori successivi fino a qualche contemporaneo.
D’altra, parte l’interpretazione molto coinvolta e coinvolgente di Bahrami dà l’impressione che un pianista come lui non voglia rinunciare a considerare tutti i risvolti e tutte le valenze di opere del genere, concordando probabilmente con quanto dice sempre Hofstadter a proposito dell’Offerta Musicale che «è una grande fuga dell’intelletto, nella quale molte idee e forme sono state intrecciate per formare un unico tessuto e nella quale abbondano giocosi doppi sensi e allusioni sottili. È una meravigliosa creazione dell’intelletto umano che ammireremo sempre».