Quest’anno il Marconi Prize – vero e proprio Nobel per le telecomunicazioni – andrà a Martin Cooper, il padre del telefono cellulare, uno degli strumenti tecnologici di maggior successo dell’intera storia umana. Basti pensare che attualmente sono in circolazione oltre sei miliardi di cellulari e per il 2014 è atteso uno storico sorpasso: saranno più numerosi i telefonini attivi che gli abitanti della Terra…
Il premio è assegnato annualmente dalla Marconi Society, fondata nel 1974 – centenario della nascita di Guglielmo Marconi – da Gioia Marconi Braga, figlia del grande scienziato. Quest’anno la cerimonia di conferimento avrà luogo a Bologna, il primo ottobre 2013. In passato il premio è stato assegnato a innovatori del calibro di Tim Berners-Lee, padre del World Wide Web (premiato nel 2002) e di Larry Page e Sergey Brin (fondatori di Google e ideatori dell’algoritmo su cui si basa il motore di ricerca più famoso, premiati nel 2004).
In attesa della premiazione, vale la pena di scoprire come e quando Cooper ha ideato l’apparecchio ormai onnipresente che gli fa senza dubbio meritare il Marconi Prize. All’inizio degli anni 70 Cooper, che già da parecchi anni lavorava alla Motorola, riceve il via libera dei superiori per il suo progetto alquanto ambizioso. Nel 1973, in una manciata di mesi, con un’équipe di ingegneri progetta da zero e costruisce il primo telefono portatile. All’epoca esistevano già apparecchi per le automobili, ma avevano una diffusione molto limitata ed erano oggetti tutt’altro che portatili, da una buona dozzina di chili…
Soprattutto, pur essendo già senza fili, il telefono da auto non aveva scalfito lo schema tradizionale della telefonia fissa secondo cui un numero telefonico è associato a un luogo (abitazione, ufficio o, appunto, automobile) e non ad una persona specifica. Cooper, invece, fin da subito capisce che il futuro è comunicare direttamente con la persona senza che sia necessaria l’intermediazione di un particolare luogo fisico. La leggenda – almeno in parte confermata dallo stesso Cooper – vuole che l’ispirazione gli sia stata data dal Communicator del capitano Kirk di Star Trek.
Ad ogni modo, in un lasso di tempo incredibilmente breve, Cooper mette a punto il primo cellulare e ne dimostra pubblicamente il funzionamento. Da buon americano con un gran gusto per lo show pensa bene di telefonare davanti a stampa e passanti al suo concorrente diretto, un amico che lavora ai famosissimi Bell Labs e che è impegnato in un progetto analogo: «Hi Joel, this is Marty. I’m calling you from a cell phone, a real handheld portable cell phone (Ciao Joel, sono Marty. Ti chiamo da un telefono cellulare, un vero telefono che si può portare in giro in mano)». In realtà il primo telefono portatile di Cooper pesa circa 1,2 kg e ha un’autonomia di 20 minuti di conversazione. Secondo Cooper la limitata autonomia non è un gran problema perché tanto dopo 15-20 minuti non si riesce comunque più a tenerlo in mano, tanto pesa…
Ci vorranno dieci anni per arrivare sul mercato (nel 1983, con un prodotto al modico prezzo di 4.000 dollari) e venti, insieme alla bellezza di circa 100 milioni di dollari di investimenti, per cominciare a fare utili. Accanto a Cooper sono quindi degni del massimo encomio i manager della Motorola che hanno avuto il coraggio di andare fino in fondo. Con l’orizzonte temporale che ora va per la maggiore – i risultati semestrali da presentare agli investitori e alla stampa – il progetto sarebbe stato sicuramente abbandonato ben prima del successo che si è fatto certo attendere, ma è stato letteralmente travolgente. Basti pensare che, mentre fino quasi a metà anni 90 il cellulare è una vera rarità, già attorno al Duemila in Italia sono più numerosi i cellulari delle linee fisse.
Cooper merita senza dubbio di essere riconosciuto come pioniere in grado di coniugare la capacità tecnica di sviluppare il primo apparecchio, la capacità di intuire fin da subito in che direzione sarebbe andato il mercato (cioè verso l’apparecchio personale) e la capacità di convincere l’intera Motorola a seguirlo.
Al tempo stesso, però, è d’obbligo ricordare almeno un altro fattore chiave del successo mondiale della telefonia mobile, e cioè lo standard GSM. Sviluppato in Europa alla fine degli anni 80, coniuga il desiderio di disporre di uno standard che valichi i confini nazionali (un’apertura che non si può non rimpiangere…) con l’idea molto pragmatica di definire in dettaglio solo gli aspetti indispensabili lasciando le imprese interamente libere di sviluppare le proprie soluzioni all’interno di una cornice comune. Nato come standard europeo, il GSM si è imposto a livello mondiale, trainando l’impressionante diffusione della telefonia cellulare (solo gli Stati Uniti e pochi altri Paesi, per puro campanilismo, non hanno voluto accettarlo).