«E’ stata realmente una delle più belle sorprese che abbia mai avuto!». Le parole di Iannis Danouras, ricercatore presso l’Istituto di Ricerca in Astrofisica e Planetologia di Tolosa (Francia), sono inequivocabili: è la gioia di chi scopre qualcosa che stava inseguendo da tempo, “dopo una lunga analisi dei dati”, come conferma il ricercatore francese. 



L’oggetto delle ricerche di Dandouras è la magnetosfera terrestre, la grande regione intorno al nostro pianeta investita dal campo magnetico terrestre. Dandouras si interessa da anni allo studio della plasmasfera, una regione interna della magnetosfera piena di particelle cariche, analizzandone le proprietà. Il plasma, come noto, è lo stato della materia, di gran lunga prevalente nell’universo, nel quale essa si presenta ionizzata. 



La scoperta segna un punto assolutamente nuovo nello studio delle caratteristiche della magnetosfera: dai dati infatti emerge che «c’è un lento ma continuo vento che rilascia 1 kg di plasma ogni secondo nella parte esterna della magnetosfera: questo corrisponde a circa 90 tonnellate ogni giorno». In pratica Dandouras ha trovato che nelle prossimità dei confini della plasmasfera si genera un flusso di particelle continuo equivalente a un kg al secondo che viaggia a circa 5000 km/h: questo “vento plasmasferico” è stato previsto più di 20 anni fa come risultato di uno squilibrio fra varie forze che regolano il moto del plasma. 



Il fenomeno è molto debole. Seppure si tratti di 90 tonnellate ogni giorno, è chiaro che tale quantità spalmata sull’intera plasmasfera risulta localmente molto esiguo. Come ha potuto Dandouras rilevare tale esiguo flusso di particelle cariche? «Il vento plasmasferico è un fenomeno debole, che richiede per la sua rilevazione strumentazioni sensibili e misure dettagliate delle particelle all’interno della plasmasfera e delle loro modalità di movimento».

Il punto di partenza sono i dati della missione satellitare Cluster II dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), sviluppando una tecnica per isolare ed eliminare il rumore di fondo e per individuare i moti lungo la direzione radiale, sia verso il centro della terra che nel verso opposto. 

La missione Cluster II è una particolare missione satellitare che vede coinvolti da molti anni ben quattro piccoli satelliti che sorvolano la superficie terrestre in orbita polare, a una altezza che varia dai 19.000 ai 119.000 km, mantenendo in modo preciso e controllato la distanza fra l’uno e l’altro. La loro distanza può essere variata in modo controllato da poche decine ad alcune centinaia di chilometri di distanza l’uno dall’altro. Volando in formazione tetraedrica, e grazie agli 11 strumenti montati su ciascuno di essi, i quattro satelliti di Cluster riescono a rilevare nel modo più dettagliato i cambiamenti su piccola scala nello spazio vicino alla Terra e l’interazione fra le particelle del vento solare e l’atmosfera terrestre. 

Questo permette agli scienziati di costruire un modello tridimensionale della magnetosfera e comprendere meglio i processi che in essa avvengono. La missione Cluster I è tristemente famosa perché nel 1996 i suoi satelliti vennero per la prima volta caricati sul razzo vettore Ariane 5, che esplose dopo poche decine di secondi di volo. L’attuale Cluster II dunque è una riedizione aggiornata, ma sostanzialmente identica, dell’originario progetto, e ha preso il via nel 2000.

Il vento scoperto da Dandouras mostra una perdita di materiale che fluisce dagli strati superiori dell’atmosfera terrestre e, allo stesso tempo, è una sorgente di plasma per la magnetosfera al di fuori di essa; una delle proprietà dei plasmi, infatti, è quella di “trascinare” con sé le linee di campo magnetico. «Il vento plasmasferico è un elemento importante nel budget di massa della plasmasfera e ha implicazioni su quanto tempo richieda riempire nuovamente questa regione di spazio dopo che venga erosa a seguito di una perturbazione del campo magnetico terrestre. A causa del vento atmosferico, ri-introdurre il plasma dalla parte superiore dell’atmosfera verso le parti inferiori per rifornire la plasmasfera è come immettere materiale in un contenitore che perde».

Quale può essere l’utilità che deriva da una ricerca come questa? La dinamica del nostro particolare ed eccezionale involucro, l’atmosfera, che ha permesso alla vita di sorgere ed evolvere fino a noi, è un problema tanto affascinante quanto complesso. Negli anni, a fianco delle molte cose che si sono comprese sulle dinamiche interne dell’atmosfera, si è scoperto che anche gli strati più esterni, molto diversi da quelli bassi, siano luogo di fenomeni complessi, che dipendono dal campo magnetico terrestre e dall’interazione con il vento di particelle che arriva dal Sole. Tali fenomeni vengono chiamati “space weather phenomena” (letteralmente “fenomeni meteorologici spaziali”). Il lavoro di Dandouras getta luce nuova sulla possibilità di comprendere le dinamiche della magnetosfera e per capire i meccanismi fisici sottostanti ad alcuni di questi misteriosi fenomeni meteorologici spaziali.