Nei mesi invernali, in molti Comuni italiani, vengono programmate specifiche giornate in cui si vive la propria città a piedi o in bicicletta: in queste occasioni vi è un tassativo stop delle auto. L’intento è di sensibilizzare la cittadinanza, grandi e piccini, a preservare la salute e avere cura dell’aria che respiriamo. Sono iniziative proposte soprattutto nelle città altamente industrializzate e densamente popolate, in cui la somma di diversi fattori come l’eccessivo traffico automobilistico, l’intensa attività industriale e l’accensione del riscaldamento nelle abitazioni influenzano la qualità dell’aria, modificando la sua composizione chimica con il rilascio di molecole nocive per la nostra salute.
Nell’atmosfera l’aumento della CO2 (anidride carbonica) genera un surriscaldamento dell’aria noto come effetto serra; ma le molecole di grande interesse per le città sono le cosiddette polveri sottili. Indicate con i termini PM10 e PM2,5 (particelle atmosferiche con diametro inferiore di 10 µm e 2,5 µm) sono le sostanze chimiche maggiormente monitorate insieme al rilascio dell’ozono proveniente dagli scarichi industriali. Queste particelle potrebbero danneggiare la salute dell’uomo e modificare in modo rilevante la composizione chimica dell’aria. Nei mesi freddi e poco piovosi il loro livello sale facilmente oltre il limite di guardia, inducendo le amministrazioni comunali a programmare le giornate a piedi.
«È ben dimostrato che la nostra salute è messa a rischio da specifiche sostanze particolate; e alcuni componenti chimici sono più dannosi di altri» afferma Antonella Zanobetti, ricercatrice del dipartimento di salute ambientale dell’Università di Harvard e della scuola di salute pubblica di Boston che è stata ospite qualche giorno fa di un meeting su questi temi tenutosi presso l’Università di Milano – Bicocca. «Ma allora è importante chiedersi: quali sono le particelle che minacciano il nostro benessere? Cosa bisogna fare per non inquinare ulteriormente l’atmosfera e come ci dobbiamo comportare?».
Zanobetti, che vive e lavora ormai da più di dieci anni negli Usa, spiega in modo preciso e dettagliato i risultati dei suoi studi: «Noi indaghiamo sulla associazione tra il livello di PM2,5 giornaliero e i ricoveri ospedalieri d’emergenza riguardanti persone diabetiche, cardiopatiche, infartuate al miocardio e pazienti aventi insufficienza cardiaca e respiratoria, avvalorando i risultati con specifiche analisi statistiche. Se l’aria che respiriamo è salubre, gioverà sicuramente al nostro benessere psico-fisico riducendo, in particolar modo, il tasso di mortalità in pazienti affetti da gravi disturbi cardiovascolari e respiratori».
La ricercatrice italiana ci spiega l’utilizzo delle principali metodologie statistiche impiegate nell’analisi degli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute dell’uomo. «Diverse sono le variabili da considerare nell’analizzare i dati forniti dagli ospedali americani sulla morte di pazienti diabetici, cardiopatici, infartuati, con insufficienza cardiaca e respiratoria per poterli correlare all’inquinamento dell’aria. Bisogna tenere presente, oltre alla tipologia della malattia, se i pazienti siano dei fumatori, delle persone attive, conoscere la loro età, la loro massa corporea, le loro abitudini e il loro livello scolastico, prima di trarre le dovute conclusioni sulla relazione tra il livello di PM nell’aria e i decessi ospedalieri».
Richiesta di fornire un quadro generale circa gli effetti sulla nostra salute causati da una esposizione, a breve ed a lungo termine, all’inquinamento ambientale, Zanobetti si sofferma maggiormente sui seguenti dati: «un aumento di 10 µg/m3 di PM2,5 determina un incremento del 1,89 % del tasso di mortalità di malati cardiaci, provocato dalla maggiore quantità di Bromo (Br), Cromo (Cr), Nichel (Ni) e Sodio (Na) nell’aria; del 2,25% di infartuati al miocardio per la presenza di elevate concentrazioni di Arsenico (As) Cromo (Cr), Manganese (Mn), Nichel (Ni) e Sodio (Na). Anche Il tasso di mortalità di pazienti affetti da insufficienza cardiaca aumenta, precisamente del 1,85%, quello dei diabetici del 2,74% e quello dei degenti con insufficienza respiratoria del 2,07% per la presenza nell’aria di arsenico e solfati (S04–)».
L’incremento di questi valori si verifica nella stagioni calde, poiché l’aumento della temperatura giornaliera e quello dell’ozono incidono sull’innalzamento del numero di mortalità dei pazienti presi in esame; e tutto ciò è strettamente correlato all’incremento del PM2,5 nell’atmosfera.
Passando alla parte propositiva, la nostra interlocutrice conclude suggerendo alcune abitudini di vita da adottare, che potrebbero migliorare il nostro benessere, preservare la salute e facilitare la guarigione da gravi patologie cardiovascolari e respiratorie: «fondamentale è l’utilizzo dell’aria condizionata per non esporci a elevate temperature; non uscire di casa quando il livello atmosferico di ozono è alto e bisogna vivere in città e territori più verdi più ricchi di vegetazione; infine sostituire le classiche auto, altamente inquinanti, con le auto ibride molto diffuse sul territorio americano».
(Alessia Losa)