Il Meeting di Rimini che è alle porte mette a tema l’attuale momento difficile, la crisi a più livelli che ha il suo epicentro nell’uomo ma che all’uomo deve guardare per una possibile ripresa. Nel programma c’è però spazio anche per momenti come quello dell’ultima mattina, che ci porterà a risalire nel tempo, verso i primi istanti dell’universo. C’è un legame tra l’emergenza uomo e questo tipo di ricerche?
Sì, è non è per nulla un legame debole o marginale. Almeno a sentire i due scienziati protagonisti dell’incontro, che hanno anticipato a ilsussidiario.net i principali contenuti del loro dialogo. Che prenderà le mosse dall’impresa che li vede coinvolti da oltre vent’anni: è la missione Planck, dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), della quale Nazareno Mandolesi e Marco Bersanelli sono tra i responsabili ai massimi livelli.
«Planck – racconta Bersanelli – è uno dei satelliti più sofisticati mai realizzati. Una sfida tecnologica e scientifica, ma soprattutto una sfida umana appassionante. Quando abbiamo concepito il progetto nel lontano 1992 con Reno Mandolesi, George Smoot e pochissimi altri, chi poteva immaginare tutte le difficoltà, le crisi, i momenti di entusiasmo che ci aspettavano? E non avremmo fatto tanta strada senza il contributo decisivo di tanti giovani ricercatori italiani, che oggi tutto il mondo ci invidia».
Planck è una sorta di macchina del tempo, dicono i due astrofisici; la mappa che ha permesso di realizzare, ricostruisce l’universo di 14 miliardi di anni fa, quando era mille volte più caldo e un miliardo di volte più denso di com’è oggi, dando agli scienziati la possibilità di sondare le prime frazioni di secondo dopo il big bang. «Quello che abbiamo trovato – dice Bersanelli –è un intrigante misto di conferme e di sorprese. Da una parte abbiamo verificato che i tratti essenziali del cosmo sono descritti molto bene da una manciata di parametri, sei numeri in tutto: una semplicità disarmante! Dall’altra, Planck ha anche rivelato alcuni indizi – quasi impercettibili – che potrebbero essere sintomo di qualcosa di profondo e inatteso».
Gli fa eco Mandolesi: «Oggi viviamo in un momento straordinario per la ricerca nelle scienze fisiche. Fino a ieri ci siamo limitati a esplorare il creato; oggi nuove tecnologie ci permettono di studiare la Creazione. E riusciamo a far questo usando non uno, ma due strumenti di indagine complementari. Il primo, gli acceleratori di particelle, come LHC del Cern, riescono ad andare ad energie altissime: più le energie sono alte, più si ricostruiscono le condizioni vicino al big bang. Ma c’e’ un limite alle energie raggiungibili: LHC arriva a un’energia enorme, 10 Teraelettronvolt. Ma questa energia è almeno 8 ordini di grandezza (100 milioni di volte) più piccola di quella della prima fase di evoluzione dell’universo di cui abbiamo esperienza, l’inflazione cosmica».
E allora come si fa? Ci vengono incontro le osservazioni del fondo cosmico a microonde (CMB), come quelle di Planck, che ha guardato lontano nello spazio e indietro nel tempo come nessun altro esperimento ha mai fatto, vicino all’inizio del tutto, verso quel. mare incandescente e quasi perfettamente uniforme che era l’universo primordiale. «È impressionante – osserva Bersanelli – pensare che da quello stato quasi indistinto si sia sviluppato un universo tanto ricco e fecondo da accogliere la vita e la nostra stessa esistenza. I dati di Planck ci hanno anche permesso di “pesare” con grande precisione gli ingredienti dell’universo, mostrando che il 95% di quanto esiste è sotto forme di materia e di energia ancora sconosciute. Davvero è il caso di ripetere con Shakespeare “Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, che nella tua filosofia”»!



Mandolesi va ancor più avanti, riprendendo l’idea dell’inflazione cosmica – l’enorme e repentino aumento delle dimensioni l’universo avvenuto subito dopo il Big Bang – di cui spesso si parla come di un processo che si è acceso per caso, per una fluttuazione quantica. «Sarà pure così, ma questo non spiega l’esistenza dello spazio-tempo iniziale. Chi ce l’ha messo? E se il nostro universo fosse solo uno dei tanti? Abbiamo possibilità di vedere nella CMB addirittura l’impronta di epoche precedenti l’inflazione, echi di un tempo remoto. Se il modello di universo o di migliaia di universi è valido, rimane sempre la domanda di origine: chi ha dato vita allo spazio-tempo iniziale? Scientificamente io non conosco la risposta, e uno scienziato ateo adduce la mancanza di conoscenza per negare l’esistenza del Creatore. Io credo ed è questo il mio atto di fede».
Su questa tematica Bersanelli aggiunge con convinzione. «Scienza e fede rispondono a tipi diversi di domande, entrambe molto reali. Le scoperte scientifiche ci fanno salire più in alto nell’ammirare il panorama della natura, ma tutto quello che scopriamo ce lo troviamo lì davanti agli occhi (cioè ai nostri strumenti), viene prima di noi, ci precede. Non abbiamo fatto noi l’universo, né le leggi che lo hanno fatto evolvere fino a questo punto. La scienza ci mette davanti agli occhi cose che non potremmo altrimenti conoscere: un universo immenso tenuto insieme da un ordine che ci sorprende. La fede riguarda la domanda: come può essere tutto ciò? Da dove viene, in ogni istante, l’esistenza delle cose, del cosmo nella sua grandiosa evoluzione o dell’ultima particella? E qual è il senso di tutto questo? Qual è il senso del nostro vivere, del dolore incomprensibile, del desiderio di felicità che c’è in fondo a ogni essere umano? Sono domande a cui non si risponde con un sistema di equazioni». 
Scienza e fede sono dunque metodi diversi di conoscenza. Ma c’è una differenza: «si può vivere una vita pienamente umana anche senza sapere cos’è il bosone di Higgs o il CMB; ma si può vivere senza sentire il problema del senso dell’esistenza?»



Eccoci allora riportati all’emergenza uomo, alla domanda di partenza.«C’é una sola risposta – secondo Mandolesi – all’emergenza uomo: basta egoismi, basta odio per i diversi, eliminiamo definitivamente le disparità ancora oggi esistenti tra uomo e donna, aiutiamo il povero a emergere dalla povertà non donandogli un euro o qualche vecchio vestito, ma aiutandolo a vivere decorosamente nel proprio paese (se vuole rimanere sua sponte dove è nato). Ci sono forme di aiuto che ognuno di noi dovrebbe perseguire: adottare bambini a distanza, acquistare mucche da dare in usufrutto (per evitarne la rivendita) a famiglie per aiutarle a lavorare la terra e fornire latte; costruire ospedali e scuole; aiutarli ad approvvigionarsi di acqua, finanziare progetti di vaccini essenziali alla sopravvivenza a costi bassissimi … Non continuo perché l’elenco è troppo lungo. In sintesi: amore vero per il prossimo; questa è la risposta».
E così Bersanelli: «Sono tanti i problemi che affliggono il nostro Paese e le nostre società occidentali (la crisi, la disoccupazione ecc…). Ma forse dietro a tutto questo c’è un’emergenza ancora più impellente ed è la difficoltà a vedere un senso compiuto nelle cose, nel lavoro, nella ricerca, nell’impegno sociale. Siamo inondati da informazioni e possibilità di scelta, con ritmi incalzanti, ma si è affievolito il gusto della profondità e della sintesi. Guardiamo la ricerca: negli ultimi decenni la scienza ha fatto progressi incredibili. Che la ricerca avanzi così nonostante le difficoltà del momento attuale non è affatto un segno di crisi, anzi è un segno di vitalità, di coraggio, di intraprendenza. Ma spesso quello che manca anche di fronte alle scoperte più grandi è un attimo di contemplazione. Proprio Max Planck, il fisico al quale è dedicato il nostro satellite, diceva che “chi ha perso il senso della meraviglia ha smarrito anche l’arte del ragionare e del riflettere”. Sappiamo tante cose, ma spesso la realtà rimane come sbiadita, probabilmente perché il suo senso ci è diventato estraneo. Vediamo bene i dettagli ma facciamo fatica a cogliere il quadro nel suo insieme, il suo significato. Forse perché pensiamo che il senso del quadro non esista e che sia una perdita di tempo cercarlo».

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