Le cellule staminali sono ormai un argomento di attualità: non passa settimana senza che si diffonda qualche notizia su nuove ricerche, nuovi progetti, nuove possibili (e spesso spericolate) applicazioni. In effetti, si tratta di un ambito nel quale c’è stata in pochi anni una forte evoluzione, che spesso però è avvenuta in modo scomposto e, soprattutto, è stata comunicata in modo da risultare difficile al pubblico dei non specialisti rendersi conto della reale situazione, degli effettivi passi avanti, dei punti critici. È difficile distinguere tra promesse, ipotesi, soluzioni; forse la quantità di notizie o pseudo notizie fa sì che ancora ci siano molti che prendono in modo semplicistico tutto ciò che riguarda “le staminali”, senza considerare le necessarie e importanti distinzioni e sorvolando sugli inviti alla cautela lanciati da alcuni scienziati.



C’è bisogno quindi di fare continuamente chiarezza, senza allarmismi e valorizzando tutto quello che di positivo e di bene per l’uomo può venire dalla ricerca. È questo l’approccio di Domenico Coviello, Direttore del Laboratorio di genetica umana all’Ospedale Galliera di Genova e Co-presidente dell’Associazione Scienza e Vita, che ne parlerà domani al Meeting di Rimini, intervenendo all’incontro “Le cellule staminali adulte: una ricchezza per l’uomo”, organizzato in collaborazione con Fondazione InScientiaFides, con la partecipazione del biotecnologo Daniele Mazzocchetti, di InScientiaFides, di Luca Pierelli, dell’Università La Sapienza di Roma, di Giuseppe Ragusa, dell’Università Luiss Guido Carli di Roma e del pallavolista Giacomo Sintini.



L’incontro si prefigge di valutare lo stato dell’arte delle cellule staminali adulte sia isolate da specifici tessuti, sia riprogrammate da tessuto adulto. Coviello – che ritiene eticamente inaccettabile la sperimentazione sulle cellule staminali embrionali – parlerà delle cellule staminali adulte come modello sperimentale per lo studio di alcune malattie genetiche e racconterà delle sue ricerche sulle cause genetiche dell’epilessia; ma anche delle collaborazioni avviate per lo studio di malattie rare di tipo autosomatico come le Neutral Lipid Storage Diseases (NLSDs) e la Autosomal Dominant Leukodystrophy (ADLD).



Forse non è inutile ribadire la distinzione tra diversi tipi di cellule staminali: cosa è bene aver chiaro?

Le cellule staminali sono cellule primordiali con capacità di differenziate nei vari tipo di tessuto specifico che costituisce il nostro corpo. La prima fondamentale distinzione è tra cellule staminali embrionali e cellule staminali adulte. Le prime sono ottenute sacrificando un embrione in uno stadio molto precoce per ottenere cellule coltivate in vitro in grado di differenziare nei diversi tessuti. Queste tuttavia sono talmente potenti e spinte verso la creazione di un organismo vivente intero che sono, ad oggi, difficilmente “imbrigliabili” e non hanno avuto ancora utilizzo pratico in terapia. Le seconde (quelle adulte) sono ottenute andando a scandagliare tra i tessuti già differenziati dove, seppure in piccola quantità, esistono ancora cellule indifferenziate in grado di rigenerare diversi tessuti. Di queste attualmente abbiamo molti esempi di utilizzo terapeutico. Abbiamo un terzo gruppo di cellule staminali che derivano dalla scoperta che ha fruttato il Nobel per la medicina 2012 ai ricercatori Yamanaka e Gurdon: le cellule staminali riprogrammate, le cosiddette Ips (staminali pluripotenti indotte). Queste cellule staminali sono ottenute in laboratorio riprogrammando il tessuto adulto (per esempio la pelle) di un soggetto.

Si parla anche di cellule prelevate dal cordone ombelicale…

Sì, tra le possibilità di isolare cellule staminali adulte da tessuti è diventata di grande interesse la possibilità di isolarle da un tessuto che pur appartenendo alla categoria “adulto” è il più giovane possibile: il sangue del cordone ombelicale. In questo caso ci sono già esempi di applicazioni terapeutiche note. Il trapianto di queste cellule può curare malattie tumorali del sangue come la leucemia e i linfomi (tumori del sistema linfatico); può curare anche patologie non tumorali come la talassemia (malattia ereditaria del sangue), l’aplasia midollare (mancata produzione delle cellule del sangue), le immunodeficienze congenite (malfunzionamento del sistema immunitario che causa una maggiore predisposizione alle infezioni); è utile inoltre per la cura di persone sottoposte a chemioterapia o terapia radiante ad alte dosi.

 

Perché è così interessante il discorso della riprogrammazione?

 

La riprogrammazione di cellule adulte in cellule staminali verrà discussa per un utilizzo di ricerca in quanto costituisce un modello sperimentale molto più vicino all’uomo rispetto alla sperimentazione negli animali, per esempio a quella sul topo. Tale sistema è particolarmente utile per studiare le anomalie di funzione dovute a mutazioni del DNA, soprattutto in quelle malattie che colpiscono tessuti umani difficilmente studiabili in laboratorio, quale il tessuto nervoso o cardiaco.

 

Qual è la sua esperienza in proposito?

 

Nel nostro laboratorio di Genetica Umana al Galliera di Genova stiamo riprogrammando cellule della pelle di alcuni bambini in cui abbiamo identificato la mutazione sul DNA che causa l’epilessia in questi pazienti. La riprogrammazione sarà utile per trasformare le cellule in neuroni, sui quali i colleghi neurofisiologi e farmacologi potranno fare esperimenti in laboratorio per capire bene il difetto e trovare nuovi farmaci per correggerlo. Questo è uno dei metodi che viene utilizzato per ottenere una medicina personalizzata da molti auspicata.

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