C’è un convegno che periodicamente mette a tema lo stato dell’arte delle scienze e delle tecnologie ambientali avendo come scenario l’area del mediterraneo: è la International Conference on Environmental Science and Technology che si tiene con cadenza biennale in varie sedi nelle isole del dodecanneso e quest’anno per la prima volta, alla sua tredicesima edizione si è svolto ad Atene all’inizio di settembre. La partecipazione italiana è centrata soprattutto sul contributo dell’Università di Salerno, presente dal 2003; in particolare, tra i leader della manifestazione c’è Vincenzo Belgiorno, professore ordinario di Ingegneria sanitaria-ambientale all’Università di Salerno, che nel 2008 è stato chairman del convegno e quest’anno è stato invitato a presiedere la sessione plenaria di apertura. Di ritorno da Atene Ilsussidiario.net l’ha incontrato.
Professore, come si possono sintetizzare le novità di questa edizione?
Le novità di quest’anno sono quelle correlate alla crescita culturale e scientifica in un settore così dinamico e importante come quello della sostenibilità e delle tecnologie ambientali. Molti aspetti sono stati sviluppati e particolare attenzione hanno ricevuto le ricerche correlate ai cosiddetti contaminanti emergenti: c’è grande preoccupazione nel mondo scientifico per sono agenti contaminanti presenti nell’ambiente e non ancora pienamente riconosciuti nelle normative internazionali.
Ad esempio?
Sono molti; basti pensare ai sottoprodotti della disinfezione, o ai composti tossici che provengono da qualunque processo di combustione, quindi dal traffico veicolare o da riscaldamento domestico. Oltre quelli che sono noti, identificati e normati dalle legislazione e che quindi sono, o dovrebbero, essere misurati e controllati, oggi c’è una grande preoccupazione per alcune famiglie di contaminanti non ancora adeguatamente riconosciute e sulla quali si sta indagando.
Qual è stato il vostro contributo al convegno?
Abbiamo portato tre contributi su temi diversi. Il primo sulle tecnologie innovative per trattamento dell’acqua: in particolare su speciali bioreattori a membrane che iniziano ad trovare applicazioni su scala reale. Un secondo contributo è stato sulle problematiche di monitoraggio degli odori, cioè il controllo di odori dovuti agli impianti di ingegneria sanitaria e ambientale, come quelli per il trattamento di acque reflue e per il trattamento di rifiuti solidi. È un tema sul quale nel nostro istituto lavoriamo da molti anni, con l’obiettivo di predisporre una metodologia combinata di analisi sensoriali olfattive e tecnico analitiche utile ad assicurare la rilevabilità dell’odore e la modellazione della sua dispersione.
E il terzo contributo?
È stato relativo alle innovazioni nei processi di trattamento della frazione organica dei rifiuti solidi, cioè quella che smaltiamo come “umido” e che può essere destinata al compostaggio o, con soluzioni tecnologiche più recenti, alla digestione anaerobica dalla quale quindi è possibile recuperare energia attraverso il biogas: le soluzioni innovative che abbiamo studiato consentono di ottimizzare la produzione energetica.
Come si è manifestata la dimensione internazionale del convegno?
L’iniziativa nasce all’interno del Global Network of Environmental Science and Technology (Global NEST), una rete nata per raccogliere l’interesse per le problematiche ambientali nell’area mediterranea e proporre azioni e interventi qualificati. Il convegno raduna 5-600 delegati prevalentemente dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ed è una preziosa occasione per ricercatori di questa vasta area per incontrarsi e confrontarsi. Quest’anno c’è stata una presenza molto significativa del mondo arabo anche per effetto di un’iniziativa degli Emirati Arabi che hanno sponsorizzato il convegno con un premio intitolato alla memoria di un ricercatore saudita. Devo aggiungere che personalmente ho trovato fantastico vedere in una stessa occasione colleghi palestinesi israeliani e arabi confrontarsi ad esempio su un tema come quello dell’utilizzo delle acque che è tra l’altro uno dei fattori che concorrono a determinare la crisi in Medio Oriente.
A proposito di acque, in Italia sembra che l’attenzione al tema sia ciclica, segua alti e bassi: attualmente cosa possiamo dire del controllo della qualità delle acque nel nostro Paese?
È ciclica per quanto riguarda i media, ma l’attenzione della comunità scientifica è sempre molto elevata. Per quanto riguarda le normative ambientali, rispetto al contesto europeo possiamo dire che in Italia siamo sovranormati, quindi abbiamo una legislazione ambientale che in qualche misura ci favorisce; e devo dire che in genere c’è anche un controllo attento della qualità delle acque destinate al consumo umano. Alcune perplessità sorgono invece, in relazione alla limitate capacità di investimento per il sistema di distribuzione delle acque e per la qualità degli impianti di depurazione che richiederebbero interventi sostanziali soprattutto in alcune aree.
Si sta già pensando a una prossima edizione?
Sì, e stiamo valutando se mantenerla nelle isole greche o spostarla in Spagna o magari in Italia.