Su La Repubblica di martedì scorso, Pierluigi Odifreddi ha presentato il nucleo di una lettera inviatagli da Benedetto XVI. Il Papa Emerito, commentando il libro di OdifreddiCaro papa, ti scrivo, sviluppa ed elabora quattro punti così sintetizzabili:

La teologia sarebbe fantascienza.

Sul sacerdote e sulla morale cattolica, cioè sul male nella Chiesa..



“Ciò che Lei dice sulla figura di Gesù non è degno del Suo rango scientifico”: nel suo libro il matematico accusa il papa di fare “metastoria”, nel senso cioè di fare una storia fuori dal mondo, e Benedetto XVI risponde: “devo respingere con forza la Sua affermazione secondo cui avrei presentato l’esegesi storico-critica come uno strumento dell’anticristo”;



“Nella Sua religione della matematica tre temi fondamentali dell’esistenza umana restano non considerati: la libertà, l’amore e il male”.

In questa nota, da uomo di scienza ,vorrei presentare qualche riflessione sul primo punto, lo statuto della scienza, e sul quarto, se un discorso scientifico può affrontare i temi della libertà e dell’amore.

Nelle vicende quotidiane, reagiamo ad eventi cui siamo esposti con un ventaglio di ipotesi interpretative. Fra queste, la più plausibile, in base alla quale rispondiamo, è frutto di una “inferenza” . Nel corso della vita  – a cominciare dall’infanzia e dalle esperienze scolastiche – abbiamo immagazzinato nella memoria dei modelli di risposta: cioè come un evento sia determinato da un’ipotesi di partenza. Allora l’ipotesi vincente sarà quella che nel modello genera l’evento cui siamo esposti in questo momento e a cui dobbiamo rispondere. La procedura fu formulata da Thomas Bayes nel ‘700 ed è stata la base delle procedure scientifiche, da Darwin alle indagini di Sherlock Holmes.



La procedura è trasferibile a una macchina di calcolo, la cui memoria sia adeguatamente equipaggiata con “algoritmi” che rappresentano i modelli interpretativi. Possiamo sognare un “sistema esperto”, cioè un computer attrezzato con un modello della patologia umana, per cui un medico – introducendo i dati clinici di un paziente – si ritrova la risposta più opportuna. Allo stesso modo, un sistema esperto in mercati finanziari potrebbe dare le risposte opportune ad un operatore di Borsa. Addirittura anni orsono, ad un Festival della scienza, il responsabile europeo di una Società di software aveva previsto che entro il 2020 un super-computer avrebbe rimpiazzato l’uomo nel produrre scienza. 

Tutti questi sogni sono naufragati di fronte all’imprevisto, cioè all’irrompere di eventi per cui non siamo già equipaggiati nella memoria; è quello che oggi chiamiamo la Complessità

Essa appare evidente nelle nostre elaborazioni linguistiche. Pensiamo a un testo parlato o musicale, o figurativo: per capire ad esempio il senso del 4° verso di una poesia del Leopardi dobbiamo richiamare il 3° verso della stessa poesia; dal confronto fra i due brani emerge il modello interpretativo, senza che ne fossimo previamente equipaggiati: è quella che chiamiamo la creatività dell’autore, che siamo riusciti a ripetere in noi. Dunque le procedure  creative sono non-algoritmiche, sono legate ai nostri linguaggi e sono esclusivamente umane. Un leone a caccia procede in modo bayesiano, come noi che freniamo al semaforo rosso; ma gustare Leopardi è non-bayesiano. La scienza normale (uso la dizione di Thomas Kuhn) è bayesiana e perciò in larga parte può essere demandata a un computer.

Di fronte all’imprevisto per cui non siamo equipaggiati, dobbiamo codificarne la descrizione in sequenze linguistiche e trovare i ponti creativi che raccordano i brani successivi. È questo il tipo di sfida che hanno dovuto affrontare in fisica Erwin Schroedinger e Werner Heisenberg (citati da Benedetto XVI) e per il quale il matematico Kurt Gödel formulò nel 1931 il suo teorema di incompletezza. Quanto detto vale dunque non solo per la creatività poetica, ma per qualunque campo nuovo, non riconducibile ad algoritmi già pronti.

Può sembrare fantascienza, ma abbiamo criteri per assicurarcene la congruenza. Se si tratta di un poema, devo scegliere il senso del 3° verso che meglio illumina il 4°, assicurando così la consistenza interna all’opera, che peraltro può non corrispondere a una situazione sperimentata.

Se però si tratta di affrontare un evento del mondo per cui non posseggo un algoritmo interpretativo, devo continuare a variare il senso che attribuisco a quanto precede fino a che quanto segue sia collegato armonicamente. Nel primo caso, può trattarsi di un’opera di fantascienza di cui assicuro la auto-consistenza (si pensi all’Orlando Furioso). Nel secondo, ho mutato la lettura dei preliminari fino a che si adattino al finale (si pensi alla ipotesi di Watson e Crick della doppia elica per il DNA); si parlerà di scienza e si applica la formula di Tommaso D’Aquino: adaequatio intellectus et rei.

Ho illustrato con l’ultimo esempio il criterio di falsificabilità di Karl Popper. Controesempi, che invece confinano una ipotesi nell’ambito della fantascienza, sono offerti da Benedetto XVI con riferimento a Richard Dawkins e Jacques Monod 

Tutto ciò vale anche per la teologia: è non-bayesiana, perché non può far ricorso ad algoritmi già preparati, e deve evitare di essere fantascienza. Se è una teologia della rivelazione, si confronterà con testi che già possediamo; se è una teologia della natura, dovrà “rischiare” il confronto con l’imprevisto delle situazioni complesse, proprio come la scienza di punta, che non può essere eseguita da un computer. D’altronde, questo non-esaurimento del programma e già evidente nei testi biblici che investigano sull’imprevisto, si pensi al Qoèlet o al Siracide.

Circa il quarto punto, basta riflettere su quanto ho detto: una scienza bayesiana quale quella newtoniana ha per base il determinismo che Spinoza attribuisce alla sua idea di Natura; non ha posto per amore e libertà che sono degradati a non-problemi e spiegati come modalità di un determinismo neuronale; viceversa, una scienza cui sia propria la creatività dei processi linguistici può legittimamente affrontare i problemi di libertà, amore e male.