Ci avevano già provato i ricercatori di un laboratorio di punta di Mitsubishi Electric ma i risultati non erano stati così confortanti: la sfida era di trasmettere energia elettrica in quantità considerevole semplicemente attraverso l’aria, cioè senza bisogno di cavi trasmissivi, in modalità wireless, come accade ormai normalmente per la trasmissione delle informazioni. È il sogno del celebre inventore Nikola Tesla che, tra i tanti prodotti della sua esuberanza scientifica, già aveva immaginato la tecnologia che poteva permettere una simile clamorosa innovazione.



Ora però sono apparsi nuovi materiali, con proprietà speciali che consentono soluzioni prima inimmaginabili. Gli apparati sperimentali messi in campo dalla Mitsubishi e da altri gruppi che hanno tentato l’impresa, finora avevano lo svantaggio di essere ingombranti e di funzionare solo su distanze molto piccole, quindi con un utilità pratica insignificante. La novità sembra venire da un gruppo della Duke Pratt School of Engineering (North Carolina), a seguito di un programma di ricerca in partnership col Toyota Research Institute of North America, i cui primi risultati sono stati pubblicati nei giorni scorsi su Scientific Reports.



La chiave del successo sta nell’impiego di metamateriali con i quali realizzare una “superlente” che concentra i campi magnetici: la superlente trasla il campo magnetico generato da un solenoide verso la bobina gemella posta a quasi un piede di distanza, inducendo quindi in quest’ultima una corrente elettrica per le note leggi dell’elettromagnetismo.

L’esperimento, condotto per la prima volta con questa configurazione, ha avuto esito positivo trasmettendo energia elettrica in modo sicuro ed efficiente attraverso l’aria con un rendimento molte volte superiore a quello che potrebbe essere realizzato con lo stesso apparato ma privo delle superlenti; e soprattutto trasmettendola su distanze molte volte più grande rispetto alle dimensioni del ricevitore e del trasmettitore. Il limite, infatti, dei precedenti tentativi era che la distanza tra le due bobine era all’incirca uguale al diametro delle bobine stesse: cioè significa che per poter operare su distanze apprezzabili bisognerebbe far ricorso a bobine di enormi dimensioni. Ciò contrasta con le esigenze alle quali questa nuova trasmissione magneto-induttiva di energia senza fili deve rispondere e cioè a quelle della vita quotidiana, che si confronta con le dimensioni contenute dell’elettronica mobile e tascabile.



Nell’esperimento descritto su Scientific Reports, il team guidato da Yaroslav Urzhumov – assistente di ricerca di ingegneria elettrica e informatica presso la Duke Università – ha ideato una superlente quadrata, che assomiglia vagamente a un insieme di alcune decine di giganteschi cubi di Rubik vuoti posti uno accanto all’altro; entrambe le pareti sia esterne che interne dei blocchi sono finemente incise con un filo di rame a spirale che ricorda un microchip. La geometria delle bobine e la loro natura ripetitiva formano un metamateriale che interagisce con i campi magnetici in modo tale che i campi possono essere trasmessi e confinati in uno stretto cono dove l’intensità di energia è molto elevata. Su un lato della superlente i ricercatori hanno collocato una piccola bobina di rame attraversa da una corrente elettrica alternata che crea un campo magnetico intorno alla bobina.

Tale campo, tuttavia, diminuisce rapidamente di intensità e l’efficienza del trasferimento energetico si abbassa via via che ci si allontana. Se l’elettromagnete ha il diametro di un pollice, non si ha già quasi più alcuna energia a soli tre centimetri di distanza: si ottiene circa lo 0,1% di quello che c’è all’interno della bobina. La superlente però sembra fare miracoli: con lei in funzione – dicono gli ingegneri della Duke – il campo magnetico viene concentrato a circa 40 centimetri di distanza con un’intensità sufficiente per indurre una apprezzabile corrente elettrica in una bobina ricevente di identiche dimensioni.

«In realtà – ha dichiarato Urzhumov – sarebbe facile aumentare la distanza del trasferimento di energia: basterebbe semplicemente aumentare le dimensioni delle bobine. Ciò però diventa presto impraticabile, a causa delle limitazioni di spazio presenti in qualsiasi scenario realistico. Noi invece vogliamo essere in grado di utilizzare sorgenti e ricevitori di piccole dimensioni, ed è quello che la superlente ci permette di fare».

I campi magnetici quindi, nonostante qualche limitazione, hanno notevoli vantaggi rispetto all’uso di campi elettrici per il trasferimento di energia senza fili. La maggior parte dei materiali non assorbono molto i campi magnetici, il che rende questi molto più sicuri dei campi elettrici. Negli Usa la stessa FCC (Federal Communications Commission), l’ente regolatore delle apparecchiature di comunicazione, approva per l’imaging medico l’uso di campi magnetici di 3 Tesla, «un valore enorme rispetto a quello che potremmo aver bisogno per alimentare l’elettronica di consumo. Abbiamo progettato la nuova tecnologia con in mente questo aumento della sicurezza».

Per il futuro, Urzhumov e i suoi collaboratori intendono migliorare decisamente il sistema per renderlo più adatto in situazioni realistiche di trasferimento di energia, come ad esempio la ricarica dei dispositivi mobili presenti all’interno di una stanza; hanno in programma anche di costruire una superlente sintonizzabili dinamicamente, in grado di controllare la direzione del suo cono di energia focalizzato. «La vera funzionalità che i consumatori si aspettano da un sistema di alimentazione wireless è la possibilità di caricare un dispositivo ovunque esso sia, non solo la ricarica senza cavi. Alcuni precedenti prodotti commerciali non sono diventati una soluzione standard proprio per questo motivo».

Con i risultati ottenuti nei laboratori della Duke, a un secolo da Tesla, la sfida della trasmissione wireless di energia si riapre prepotentemente.