Per decenni, sin dai tempi fortunatamente finiti della guerra fredda in cui sembrava che una bomba atomica di una parte o dell’altra dovesse caderci in testa da un momento all’altro, ci hanno abituato a credere che il metodo migliore di sopravvivenza fosse nascondersi in un bel rifugio anti nucleare, blindato e cementato e molto sotto terra. In America c’era chi se ne costruiva uno nel giardinetto di casa e ancora oggi se ne trovano molti in giro. Un nuovo studio ci dice invece che fare una cosa del genere potrebbe essere la cosa peggiore. Ecco cosa invece bisognerebbe fare: scapparsene ben lontano dal luogo dell’esplosione. Ovviamente anche questo studio consiglia nel momento dell’esplosione di starsene ben nascosti nel rifugio, e di lasciarlo solo al momento dell’inizio del cosiddetto fall-out radioattivo per scappare. Lo sostiene uno studioso americano, Michael Dillon, che ha creato un modello matematico che dice quanti minuti si hanno a disposizione per trovare un rifugio adeguato. Lo studioso è partito dal fatto che il governo americano consiglia in caso di esplosione nucleare di nascondersi nella prima cantina a disposizione, ma, dice, in California dove vive lui ad esempio di cantine in grado di offrire riparo da una esplosione nucleare ce ne sono molte poche. Il consiglio successivo ufficiale è dunque di cercare al più presto un rifugio più sicuro, tipo una costruzione di cemento, ma se ci metti troppo tempo inevitabilmente vieni colpito dalle radiazioni. Ecco cosa suggerisce Dillon: se il tuo rifugio non offre sicurezza, e un rifugio migliore è a 5 minuti di distanza, vacci subito. Se un rifugio migliore è più lontano, calcola che hai circa trenta minuti dopo l’esplosione per poterci andare, un minuto di più e saresti morto restando all’aperto. Ma non tutti in America sono d’accordo con queste conclusioni, tenendo conto dell’effetto panico dopo una tale esplosione la gente potrebbe vagare senza sapere dove dirigrsi, ad esempio.



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