Il più grande vulcano d’Europa si trova a poca distanza delle coste italiane, in particolare quelle campane. Si tratta del complesso del Marsili che è stato oggetto di importanti studi scientifici negli ultimi anni da parte di un consorzio composto da Iamc, Cnr, Ingv, università di Chieti e alcune aziende private. “Sono studi del tutto innovativi” ha detto al sussidiario.net Salvatore Passaro, dell’Istituto per l’ambiente marino costiero “perché gli studi effettuati fino a oggi sui vulcani sottomarini erano molto poveri”. “Oggi” aggiunge “grazie alle nuove tecnologie è stato ad esempio possibile scoprire che l’ultima attività del Marsili non risale a 100mila anni fa come si credeva, ma a tempi molto più recenti. E anche che questo complesso vulcanico fa registrare una attività sismica”.
Può dirci il motivo di questi studi che sono cominciati dal 2006? Che cosa si è scoperto, di rilevante?
Sono state effettuate diverse campagne di studio negli ultimi anni a bordo di due diverse navi. Il motivo di queste campagne di studi è stato essenzialmente dato dal fatto che negli ultimi anni la tecnologia ha fatto passi da gigante, quindi la possibilità di monitorare con strumentazione innovativa edifici vulcanici come il Marsili di cui in realtà si sapeva ancora poco.
Che cosa avete scoperto?
In tutto sono state fatte tre campagne, i risultati della prima sono stati resi noti nel febbraio del 2013 e spiegavano le caratteristiche dell’edificio vulcanico. Nell’ultima campagna sono state messe in luce sostanzialmente tre cose.
Quali?
La principale è che il complesso del Marsili contrariamente a quanto credeva la comunità scientifica, non ha cessato la sua attività 100mila anni fa, ma in tempi molto più recenti, tra i 3 e i 5mila anni fa. Si riteneva poi che l’unica attività fosse stata sulla dorsale e di tipo fumarolica.
Invece?
Si è indagato su una colonna di sedimento prelevata dal fondo marino che ci ha potuto dire come ci possa essere stata attività ancora più recente sull’intera superficie del complesso, che è di circa 70 chilometri. E anche che c’è stata sicuramente una eruzione di tipo esplosivo tra i 3 e i 5mila anni fa.
Si può dunque capire se il complesso vulcanico potrà tornare a essere attivo?
Non lo si può escludere. Dal punto di vista geologico c’è netta differenza tra attività cessata da centomila anni e quella cessata da 3mila, va studiato a fondo il complesso del Marsili.
Ci sono altri complessi vulcanici del genere vicino alle coste italiane?
Il Marsili è uno snodo fondamentale per la geologia del Tirreno, è quello più studiato ma c’è un edificio ben noto che è il Palinuro che parte dalla estremità del Marsili e si estende fino alla costa calabra. Un complesso vulcanico di dimensioni simili al Marsili con una altezza intorno ai 3mila metri dal pavimento del mare e una estensione di circa 70 chilometri. Questi due sono i più importanti e i più vicini alla costa, dunque anche quelli più pericolosi, ma di edifici marini ce ne sono molti altri: la storia dell’apertura del Tirreno è raccontata da una sequenza di edifici vulcanici.
A parte l’attività eruttive, c’è il pericolo che il Marsili possa provocare scosse di terremoto che raggiungano la terraferma?
E’ una domanda interessante. Purtroppo il sistema di rilevamento sismologico si basa su triangolazioni legate all’entità delle scosse e alla posizione di rilevamento. Questo significa che è difficile collocare con esattezza le scosse che avvengono nel mare. Non c’è una rete di osservazione paragonabile a quella che c’è a terra perché la tecnologia ancora non ce lo consente, non è un problema di cattiva volontà. Si sta ancora mettendo a punto la tecnologia adatta. Oggi c’è la possibilità di avere per un periodo limitato di circa sei mesi dati utili, si possono registrare eventuali scosse e collocarle con esattezza in quell’arco di tempo.
Che cosa si fa attualmente per monitorare l’attività sottomarina?
Le prime rilevazioni sono state ottenute in modo sperimentale negli anni 90 da un geofisico sovietico mettendo una strumentazione sul Palinuro. Adesso l’Ingv ne ha messa una sul Marsili, e in entrambi casi è stata registrata attività sismica. Questo è un elemento di forte interesse perché non abbiamo nessun dato storico per confrontare tempi di ritorno o il record delle scosse come si fa invece per le scosse a terra. Sono informazioni che vanno integrate con studi ulteriori. Dal punto di vista sismologico non sono stati registrati eventi di particolare portata ma un minimo di attività c’è.