Si apre oggi ufficialmente, con una cerimonia nella sede dell’UNESCO a Parigi, l’Anno Internazionale della Cristallografia (International Year of Crystallography, IYCr2014), indetto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per concentrare l’interesse dell’opinione pubblica su questo importante settore della ricerca scientifica e delle sue applicazioni, a un secolo da una clamorosa sequenza di scoperte che cento anni fa ha aperto la strada alla possibilità di comprendere le proprietà delle sostanze attraverso la visualizzazione della struttura tridimensionale delle molecole.



Nell’aprile 1912 Max von Laue e due suoi giovani assistenti, illuminando con raggi X un cristallo di blenda, un minerale costituito da solfuro di zinco, scoprirono che i raggi venivano sparpagliati (cioè subivano una diffrazione) in una costellazione di macchie scure su una lastra fotografica: il cristallo deviava i raggi X in fasci con direzioni precise. Qualche mese più tardi William Lawrence Bragg, usando uno strumento costruito dal padre William Henry, replicò l’esperimento usando cristalli di cloruro di sodio e formulò un’interpretazione che avrebbe segnato la nascita della cristallografia moderna: era riuscito a individuare, per la prima volta, la struttura della disposizione degli atomi in un cristallo. La scoperta gli fruttò il Premio Nobel per la Fisica nel 1915, vinto insieme al padre: Lawrence aveva 25 anni e resta il più giovane vincitore del Nobel della storia; intanto l’anno prima il prestigioso riconoscimento era andato a von Laue e complessivamente più di 25 premi Nobel sono stati assegnati negli ultimi cento anni per scoperte nel campo della fisica, chimica, biologia e medicina che dipendono più o meno direttamente dalla cristallografia. 



Quando si pensa alla cristallografia, l’immagine comune va più facilmente al mondo minerale, inanimato, che ha poco a che fare col mondo vivente. Ma è proprio così?

«Certo la parola cristallo – dice a IlSussidiario.net Emanuele Ortoleva, chimico dell’Università degli Studi di Milano – fa venire in mente gli esemplari vistosi dei negozi di minerali e tutti abbiamo presente qualche bel cristallo di quarzo. Ma quasi tutte le sostanze possono essere cristallizzate: lo zucchero è formato da cristalli, le pastiglie medicinali sono formate da polveri compresse ma ciascun granello e un piccolissimo cristallo, i gas a temperature molto basse ed al di sopra di una certa pressione solidificano in cristalli: l’ossigeno a -219 °C forma cristalli azzurrini, l’anidride carbonica forma il cosiddetto ghiaccio secco. Anche le sostanze biologiche possono essere cristallizzate».



Il campo farmaceutico è tra quelli che più utilizza le scoperte della cristallografia. «Da un po’ di tempo- osserva ancora Ortoleva – ci si è resi conto che è importante controllare la forma cristallina del principio attivo, spesso la stessa molecola può dare strutture cristalline diverse e solo una certa struttura può essere efficacemente assorbita dall’organismo. Lo studio cristallografico permette di ricavare con grande accuratezza la struttura della molecola e quindi si possono fare modelli del meccanismo di interazione di un farmaco con le strutture biologiche su cui deve agire, i recettori, che trattandosi ancore di molecole possono essere studiati cristallograficamente».

A questo proposito il nostro interlocutore ricorda una vecchia storia che ha fatto notizia mezzo secolo fa. Negli anni ‘50 fu messo in commercio un farmaco che aveva un azione antinausea e sedativa e che sembrava preferibile agli altri farmaci noti per i minori effetti indesiderati: il Talidomide. Proprio per le proprietà dette fu usato molto da donne in gravidanza e ben presto fu messo in correlazione con la nascita di neonati malformati negli arti, focomelici. «La ragione alla fine fu trovata nel fatto che nel processo di sintesi la molecola si formava secondo due strutture identiche ma speculari, come la mano destra e quella sinistra per intenderci, che chimicamente sono indistinguibili ma una delle due era responsabile dello spaventoso effetto collaterale. Lo studio cristallografico della struttura molecolare è il metodo principe per identificare in maniera assoluta gli enantiomeri, cioè le due forme destra e sinistra. Da allora questa distinzione è diventata un requisito importante per la certificazione di un nuovo farmaco». 

Lo sviluppo della conoscenza della struttura cristallina delle sostanze va di pari passo con i progressi nelle tecniche strumentali e nelle apparecchiature sperimentali. «La cristallografia – spiega Ortoleva -permette di ricavare la posizione di ciascun atomo in un cristallo: questo avviene facendo incidere un fascio di radiazione, raggi X o neutroni, e raccogliendo quelle che si chiamano figure di diffrazione . Il fenomeno della diffrazione è abbastanza ben compreso dalla teoria ma il processo che permette di risalire dalle intensità misurate alla posizione degli atomi è molto complicato e richiede una mole molto grande di operazioni matematiche. L’introduzione dei computer ha dato sicuramente un grandissimo impulso alla tecnica diffrattometrica in cristallografia permettendo, man mano che questi si evolvevano, determinazioni sempre più accurate e la soluzione di strutture sempre più complesse fino ad arrivare alle molecole di interesse biologico».

Contemporaneamente la tecnica degli acceleratori di particelle ha enormemente ampliato la disponibilità di sorgenti di radiazione: la cosiddetta radiazione di sincrotrone, cioè la radiazione emessa dagli elettroni accelerati in un sincrotrone, ha messo a disposizione sorgenti  di raggi X enormemente più intense di quelle tradizionali. «Ciò ha permesso di affrontare problemi prima irraggiungibili, come la risoluzione di strutture complesse che hanno fornito la base indispensabile alla soluzione di molti problemi  di biologia molecolare: basta guardare le motivazioni di diverse attribuzioni recenti di premi Nobel in chimica che sono in realtà a cavallo tra la chimica e la biologia».

Inoltre, l’enorme intensità delle sorgenti di sincrotrone ha permesso di seguire nel tempo, quasi come una successione di flash fotografici, la struttura delle molecole durante una reazione. Questo campo è ancora agli inizi e promette un notevole sviluppo.

«Non bisogna poi dimenticare che tutti i dispositivi a stato solido della moderna tecnologia elettronica e dei nuovi materiali superconduttori e fotovoltaici sono essenzialmente formati da cristalli e le tecniche diffrattometriche permettono di studiarne la struttura chimica in maniera accurata».

 Tutto questa storia e la sua attualità verrà illustrata e approfondita lungo questo IYCr2014 anche in Italia con un serie di iniziative ed eventi, che in realtà è già iniziata: basterà citare, tra gli altri, la mostra “Cristalli! Uno sguardo sul mondo della cristallografia”, in corso presso l’Università di Padova e “La storia della cristallografia a Parma”, un progetto di studio avviato presso l’ITIS Leonardo da Vinci insieme al Dipartimento di Chimica dell’Università, nel quale sono coinvolte le classi quarte dell’indirizzo biotecnologico che parteciperanno a una serie di incontri e ricerche su come le vecchie strumentazioni si sono evolute nelle attuali apparecchiature.