I dati sono chiari, e parlano di uno stop del riscaldamento planetario. Dal 1998, anno dell’ultimo grandioso episodio del Nino, fino ad oggi, le temperature superficiali globali non sono aumentate, pur essendosi mantenute su livelli molto alti e certamente non riscontrabili negli ultimi secoli. Per questo motivo, nella comunità scientifica si comincia a parlare di “hiatus”, di una pausa (quanto lunga?) del fenomeno. L’argomento é scottante, vista la perenne diatriba sulle cause del riscaldamento globale, gli uni ad affermare con decisione il contributo antropico, gli altri a negarlo. In particolare questi ultimi, che negli ultimi accadimenti vedrebbero confermata la loro ipotesi: se la CO2 continua ad aumentare in modo lineare e senza pause, mentre il Global Warming é ormai fermo da 16 anni, la famosa forzante antropica perde di significato.



Sfortunatamente, le vicende che riguardano il clima del nostro pianeta non sono mai così semplici da spiegare; e un articolo di Jeff Tollefson su Nature prova a fare un po’ di luce in una vicenda che sembra alquanto misteriosa. Innanzitutto, bisognerebbe intendersi sui termini, dal momento che il riscaldamento globale é generalmente (ed erroneamente) riferito al solo aumento della temperatura terrestre, mentre si tratta primariamente di un trend nell’equilibrio energetico del pianeta. In parole semplici, la nostra Terra sta guadagnando energia sotto forma di radiazione; e lo sta facendo in modo constante ormai da decenni. Il problema é che il sistema dovrebbe mantenersi in equilibrio; dove va quindi l’eccesso di energia? Qui sta il punto: essa viene trasformata e inglobata in diverse forme per riequilibrare il sistema. L’aumento della temperatura terrestre é probabilmente il metodo più conosciuto, ma ve ne sono molti altri, come lo scioglimento dei ghiacci (a cui si assiste ormai da molti anni) o l’aumento di vapore acqueo in atmosfera, la produzione di energia cinetica (pensiamo alle tempeste extra-tropicali o agli uragani), o lo stesso riscaldamento degli oceani.



Proprio questi ultimi rappresentano uno dei punti di maggior stoccaggio dell’energia in eccesso, raccogliendo il 90% del calore. Ecco dunque una possibile spiegazione dell’arcano. L’articolo di Tollefson si rifà in particolare a uno studio di Kevin Trenberth e John Fasullo (sempre su Nature) dove si evidenzia che lo iato nel riscaldamento globale sembra essere “nascosto” dalla maggiore efficienza degli oceani nello stoccare il calore in eccesso. In particolare, si evidenzia la capacità di assorbire le acque calde superficiali in profondità e di sostituire le stesse con le acque profonde e molto più fredde.



Questo meccanismo, in realtà molto noto e chiamato circolazione termoalina, è diventato più efficiente proprio nell’ultima decade, in particolare nel Pacifico tropicale. Quale dunque la causa dell’innesco? Gli studiosi suggeriscono di guardare ai cambiamenti di pressione nella fascia pacifica sub-tropicale, che seguono fasi multi-decadali e che forzano i venti a ridistribuire le acque superficiali oceaniche. Curiosamente, si é assistito ad un cambio di fase di tale meccanismo proprio a partire dal 1998, dopo circa 25 anni dall’ultimo cambiamento e in corrispondenza del forte episodio del Nino. Se quindi al momento ci si trova in un regime dove la circolazione termoalina è particolarmente eccitata, il contrario è accaduto nei 25 anni precedenti. E la capacità di inglobare il calore in eccesso da parte degli oceani potrebbe aver seguito lo stesso andamento. Non vi é dunque nessun rallentamento del Global Warming, sostengono Trenberth e Fasullo, ma stiamo semplicemente assistendo a una fase dove il calore in eccesso é immagazzinato con maggior efficienza. Quando, fra 10 o 15 anni si ritornerà al regime inverso, potremmo riavere una rapida crescita delle temperature globali. La diatriba sul riscaldamento globale e la sua natura é dunque lungi dall’essere sopita.

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