Mettersi di fronte allo schermo di un computer o di un iPad è come entrare in una “stanza delle meraviglie”, in quelle che in epoca tardo rinascimentale erano note come Wunderkammern dove si raccoglieva “il mondo che stava intorno” nei suoi aspetti più curiosi, originali, stupefacenti. Quello che muoveva gli antichi collezionisti di oggetti strani era la scoperta di un’esuberanza sbalorditiva della natura, di una creatività senza limiti che si abbinava alla creatività di uomini ingegnosi capaci di prendere spunto dalla natura per realizzare oggetti e congegni altrettanto sbalorditivi; in una gara che è stata una palestra per molti aspiranti tecnologi. Le meraviglie che si dischiudono in un video 3D o in una rappresentazione in realtà virtuale possono lasciare senza fiato e offrire, al contempo enormi opportunità di conoscenza della natura.



Ma è indubbio che nulla può sostituire l’esperienza del contatto diretto con gli oggetti e con i fenomeni osservati. Era questa forse la consapevolezza dei creatori delle Wunderkammern, che non si accontentavano dei resoconti di viaggio nei paesi lontani o delle descrizioni illustrate dei testi che anticipavano il successo delle enciclopedie: cercavano una vicinanza, una possibilità di constatazione ravvicinata e personale; insieme, certo, anche a una sorta di soddisfazione nel poter sbalordire i propri ospiti e visitatori con una sequenza di “effetti speciali”. Questa stessa esperienza è possibile rivivere visitando alcune manifestazioni che stanno proponendo un revival delle Wunderkammern: in particolare è stimolante il percorso della mostra “Wunderkammer. Arte, Natura, Meraviglia ieri e oggi”, che si sviluppa in due sedi tra Piazza della Scala e via Manzoni a Milano: la mostra è esposta ormai da metà novembre e resterà aperta fino al 2 marzo presso il Museo Poldi Pezzoli e Le Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo che l’hanno organizzata in collaborazione con la Fondazione Antonio Mazzotta.



Un’occasione speciale per indagare i rapporti tra arte, natura e meraviglia; attraversando diverse situazioni e momenti della storia dell’arte, del collezionismo, della scienza e della filosofia; un itinerario impostato secondo un approccio multidisciplinare, che parte dal Cinquecento per arrivare fino ai nostri giorni accostando manufatti cinque-seicenteschi di collezioni italiane a presenze dell’arte contemporanea. «Dal multiforme e complesso fenomeno delle Wunderkammern – dicono le curatrici (Lavinia Galli e Martina Mazzotta) – si possono trarre numerosi stimoli per rintracciare analogie, rimandi e corrispondenze tra i significati implicati; sgombrando il campo dalle ambiguità legate a questo termine, proseguendo la via intrapresa dalla storica dell’arte Adalgisa Lugli nella Biennale veneziana su arte e scienza del 1986».



Inizialmente, sono stati principalmente scienziati e regnanti italiani, poi principi austriaci, tedeschi e boemi a costituire delle raccolte in cui le scienze, la natura e le creazioni scientifiche e artistiche trovavano, per un secolo, un equilibrio di reciproca compenetrazione. «Un fenomeno che si è ripresentato periodicamente nella storia del collezionismo come della creatività artistica, nell’arte del XX e del XXI secolo, e nello specifico di certe avanguardie, che si sono riappropriate di quel sincretico “sistema della meraviglia” che l’avvento dell’Illuminismo aveva rimosso». Fa un certo effetto trovare riunite per la prima volta insieme le raccolte enciclopediche dei bolognesi Ulisse Aldrovandi e Ferdinando Cospi e del milanese Manfredo Settala, evidenziandone anche i rapporti con il collezionismo dei Medici. Scopriamo così come, dal Rinascimento all’Illuminismo, il collezionismo di “naturalia” fosse spesso integrato con quello degli oggetti d’arte, attraverso una selezione di opere di eccezionale qualità e valore storico.

In queste “stanze delle meraviglie”, gli elementi del mondo minerale, vegetale e animale venivano spesso combinati tra loro o integrati in raffinati capolavori di oreficeria e arti decorative in generale – gli “artificialia” – o addirittura accostati a oggetti stupefacenti e curiosità esotiche provenienti dal Nuovo Mondo. Nel percorso attraverso l’Età d’oro della meraviglia incontriamo dapprima i tre collezionisti citati, poi una varietà di oggetti del mondo naturale che più suscitavano meraviglia per la loro forma o inclassificabilità (come i coralli, i pesci palla, l’unicorno, il bezoar e altre creature fantastiche); poi, dopo una serie di “exotica”, una breve rassegna di strumenti scientifici (sfere armillari, orologi e automi). Infine gli “artificialia”, riuniti mostrando esempi di splendide oreficerie montate assemblando i materiali naturali (avorio, ambra, pietre dure o cristallo di rocca), realizzate da artisti milanesi e tedeschi, con particolare attenzione alla produzione del lusso. La parte espositiva alle Gallerie d’Italia ha una preponderanza di opere d’arte contemporanea: la dispersione e la vendita delle Wunderkammern verificatasi nell’Età dei Lumi, evocate dalle opere di Emilio Isgrò ed Elisa Sighicelli, fa da preludio a una carrellata di opere di protagonisti dell’arte più recente.

Le avanguardie dadaiste e surrealiste, poi le postavanguardie degli anni Sessanta-Ottanta, nonché molti artisti di successo dell’arte di oggi, hanno infatti riproposto la presenza del meraviglioso attraverso l’utilizzo di materiali eterogenei o accostamenti di “naturalia” e “artificialia”. Due sono i grandi temi che ci guidano in un percorso che privilegia opere degli ultimi quaranta anni. Una prima sezione permette di illustrare il desiderio di contenere “entro quattro pareti” (che si tratti di uno stipo, scatola, valigia o stanza), il repertorio esaustivo di un mondo. Qui sarebbe interessante sviluppare la suggestione che deriva dal desiderio di comprimere sempre più in piccolo un’infinità di conoscenze, informazioni, messaggi: si pensi agli hard disk dei Pc o alle schede di memoria che contengono in pochi centimetri un gran numero di film o intere biblioteche e musei; o ai mini iPod, dove si possono stipare tutte le proprie raccolte di brani musicali.

Una seconda sezione indaga invece il rapporto dialettico che intercorre tra arte e natura nella contemporaneità, tra homo faber e mondo naturale, «un conflitto e al contempo un connubio la cui tensione costante e il cui continuo trasformarsi nel tempo si ammantano del colore cupo della melanconia. Che si tratti di melanconia o di sensation (questi i due grandi temi scelti), la natura si pone nell’arte di oggi come preziosa alternativa alla dimensione scientifico-tecnologica, consentendo di uscire dalla piattezza del quotidiano per rievocare arcane possibilità immaginifiche e meravigliose ». Una natura «fonte inedita di meraviglia, di creatività e vita»; e una meraviglia che, fortunatamente, può essere attivata anche senza dover ricorrere all’esotico, all’impressionante o agli “effetti speciali”.