In una affollatissima e ben selezionata convention internazionale piuttosto rara nel suo genere, si sono celebrati i 60 anni dalla fondazione del Cern, il Centro Europeo per la Ricerca Nucleare. Costituito nel 1954 in ragione di in accordo tra alcune nazioni del vecchio continente reduci dal travaglio della seconda guerra mondiale, come un esempio operativo e concreto della ricerca scientifica nella Fisica a riposta della tragedia del nucleare, si pone oggi come un punto di riferimento a scala mondiale in relazione alle generazioni di esperimento sulla fisica delle particelle.



Vale la pena citare almeno alcuni dei traguardi raggiunti in questo sessantennio: 1957 primo sincrotone, 1959 Proton Syncrotron (PS), 1968 Multiwire  Proportional Chamber, 1971 Intersecting Storage Rings (SR); 1973 Esperimento Gargamelle ed evidenza electroweak theory; 1976 Supersyncrotone 7 km circonferenza (SPS); 1983 scoperta delle particelle W e Z (con Nobel a Carlo Rubbia e Simon van der Meer); 1989 LEP Large Electron Positron collider (27 km.) e invenzione del www da parte di Tim Berners-Lee; 1993 esperimento NA31 e prime indicazioni differenze tra materia e antimateria; 2002 ATHENA produce quantità di atomi di antiidrogeno; 2004 costruzione del Globe of Science per la comunicazione scientifica; 2008 primo fascio di LHC (Large Hadron Collider); 4 luglio 2012 ATLAS e CMS presentano le prime evidenze del bosone di Higgs; 2013 ulteriori reciproche conferme del bosone di Higgs e conferimento del Nobel a Françoise Englert e Peter Higgs per la teoria proposta ad integrazione del Modello Standard circa il meccanismo col quale le particelle acquistano la massa.



Le ricerche più recenti, oltre a confermare solidamente le ipotesi fondative del Modello Standard delle particelle elementari, hanno dischiuso nuove frontiere per una “nuova fisica” esplorando gli scenari dell’antimateria e dell’energia oscura che raccordano i risultati della fisica “micro” con le analoghe indagini “macro” dell’astrofisica. Le problematiche per la comprensione della massa, che si offrono nello “Zeptospazio” esplorabile con gli acceleratori  e rivelatori di LHC, si ripropongono in una metaforica simmetria nelle dinamiche alla macroscala cosmica, laddove ormai è acclarato che la materia finora rilevabile non è più del 5% di un “tutto” costituito a sua volta da parti di antimateria e energia oscura.



Non ci addentriamo oltre in questi campi; ma non possiamo non notare l’avanzare progressivo di nuovi enigmi in quella stessa natura che si tenta sistematicamente di indagare potenziando esponenzialmente gli strumenti di analisi. È un’avanzata nella quale peraltro affiora la consapevolezza tutt’altro che positivistica da parte della Big Science contemporanea dei propri intrinseci limiti cognitivi. È apparso evidente, anche nei temi degli interventi istituzionali di questa conferenza celebrativa, che i fattori di maturità che emergono dal Cern sono di ben altra e universale portata.

La volontà di perseverare nell’avanzamento della ricerca scientifica ha indotto a tessere relazioni e costituire strutture per cooperare tra paesi e nazioni, nonostante e attraverso le possibili divergenze o diversità politiche culturali o religiose. Come pure si è manifestata una cura permanente per la formazione e la trasmissione della passione per il sapere verso le generazioni più giovani che saranno responsabili di raccogliere il testimone del lavoro di chi le ha precedute. E ancora, l’attenzione a considerare le possibili ricadute positive di innovazioni tecnologiche elaborate in ambito scientifico: basta citare il web, le PET, le metodologie non invasive per la cura dei tumori, le tecnologie GPS e cellulari e così via.

Nondimeno questo grande insieme di gruppi di ricerca composto da alcune migliaia di scienziati – solo in parte residenti temporaneamente al Cern e per lo più operativi in oltre venti nazioni (ormai non solo europee) su specifici progetti collegati attraverso le tecnologie web da loro stessi ideate – mostra una esplicita e consapevole sensibilità verso parole e temi che travalicano i confini specialistici e disciplinari, come: “visione”(dei fondatori) e responsabilità per la pace e il dialogo tra le nazioni (“bridging culture and nations throught science” era il titolo dell’evento del 60°); valore dell’arte per interpretare le metafore della nuova scienza (arts@CERN); valorizzazione della musica come forma espressiva a fondamento matematico; ascolto della riflessione teologica che apre le dimensioni ampie della ragione.

La maturità concessa e necessaria a questo sessantesimo sembra indicare, nei dialoghi personali o nelle varie interviste degli scienziati così come nei contributi istituzionali degli oratori convenuti dai paesi membri – come quello del nostro Ministro della Ricerca Scientifica Stefania Giannini – la concorde volontà di operare in un ambito in sé sorprendente e sterminato in cui lo sguardo (sempre più potente) dell’uomo verso il dato della natura implica un’importante corresponsabilità nel sapere gestire i risultati e una essenziale capacità di ontologico stupore per non inaridirne volta per volta le scoperte.

Scienza e pace, Scienza e arte, scienza e tecnica, scienza e sostenibilità, scienza tra fede ed etica. In un evidente e latente intreccio questi temi si “tengono” a distanza in reciproche diversità e specificità disciplinari e metodologiche, ma la cui trascuratezza ha già dato gli esiti perversi che la storia anche recente non esita dimostrare.

Nell’era del digitale le capacità infinitesimali di controllo, e nondimeno di predizione statistica, esulano gli ambiti della polis percepibile, coltivando invece quel mondo istantaneo e insonne della rete dove apparentemente nessuno pare controllare tutto. La scienza ridotta a supremazia tecnica, come l’arte convogliata a propaganda, mostrano come il potere del sapere debba costantemente ri-interrogarsi e ri-orientare l’instancabile servizio della ricerca verso la possibile verità piuttosto che il dominio del mero consenso.

Generazioni di premi Nobel, cresciuti anche grazie alle opportunità di ricerca offerte da una struttura trasparente e internazionale come il Cern (quest’anno il nostro Carlo Rubbia compie ottant’anni!) ci hanno accompagnato alle colonne d’Ercole della decifrazione del libro galileiano della natura (come mostra esemplarmente una nuova scultura posta all’ingresso del Globe).

Tocca ad ognuno preservare i contenuti etici e cognitivi di questo messaggio che, indagando il Big Bang e trapassando particelle infinitesimali e galassie, ci fa ri-trovare come umani osservatori (guardacaso… ) quasi al centro non di uno ma di due universi: uno dentro e uno fuori; come volevasi dimostrare.