La preoccupante situazione meteorologica di questo periodo e gli eventi estremi come quelli di Genova e Parma, hanno riportato l’attenzione sul tema dei cambiamenti climatici e su come è possibile predisporre e attuare efficaci politiche di adattamento.

Proprio su questo, nei giorni scorsi è stata presentata dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) la più aggiornata e completa ricerca sull’adattamento ai cambiamenti climatici in Europa: “National adaptation policy processes in European countries – 2014” è il titolo del rapporto, che raccoglie e analizza risposte dettagliate provenienti da 30 paesi europei sul tema in oggetto.



Il rapporto è stato realizzato con la collaborazione di ETC-CCA (European Topic Centre on Climate Change impacts, vulnerability and Adaptation), un consorzio di istituzione scientifiche europee con l’obiettivo di produrre dati, informazioni, indicatori e valutazioni per le politiche nell’area degli impatti dei cambiamenti climatici, la vulnerabilità e l’adattamento a supporto della EEA. L’ETC-CCA, che coinvolge 14 centri di ricerca da tutta Europa, è guidato dal CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) attraverso il lavoro coordinato da Sergio Castellari. Si tratta quindi di una raccolta d’informazioni su strategie e azioni messe in campo a livello nazionale per prevenire i rischi derivanti dai cambiamenti climatici o, detto in altre parole, tutto quello che si può fare e progettare per rendere il territorio più pronto, e meno vulnerabile, di fronte agli impatti del clima che cambia. Lo stesso Castellari chiarisce a ilsussidiario.net che «il documento è un’analisi statistica dei processi politici che sono alla base delle strategie dei piani di adattamento attuati o progettati dai vari Paesi europei, su tutti i diversi aspetti che implicano delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. Abbiamo cercato di capire come sono state costruite queste politiche, quali sono i loro elementi principali, come si sono sviluppati i processi, quali sono stati gli attori in campo».



L’obiettivo principale del report è di permettere di condividere esperienze, lezioni imparate e buone pratiche in tema di adattamento. La ricerca è stata realizzata su base volontaria e su un principio di auto-valutazione da parte delle persone che vi hanno partecipato. In oltre i tre quarti dei paesi, si legge nella ricerca, l’adattamento ai cambiamenti climatici è un argomento che fa parte dell’agenda politica, mentre si notano risposte pressoché unanimi nel definire gli eventi estremi come fattori che hanno innescato dei processi di adattamento. Tra le altre ragioni che hanno portato il tema dell’adattamento all’interno delle agende politiche nazionali, un ruolo rilevante spetta alle direttive dell’Unione Europea (la seconda motivazione per citazioni ricevute), seguita dai costi derivanti dai danni prodotti dal mancato adattamento (terza motivazione) e i risultati della ricerca scientifica per supportare le strategie e le azioni da intraprendere. «Il risultato – dice Castellari – è che ad oggi 21 Paesi in Europa si sono già dotati di una strategia nazionale di adattamento e 17 stanno già traducendo queste strategie in piani nazionali o piani settoriali specifici.



Le aree più avanzate sono quelle del Nord Europa». I partecipanti alla ricerca hanno identificato anche degli ostacoli per tradurre l’adattamento in azioni concrete. Più dei tre quarti dei rispondenti, ad esempio, ha citato a questo proposito la scarsità di risorse quali tempo, denaro o tecnologie e, allo stesso tempo, sono considerati ostacoli da un ampio numero dei partecipanti anche le incertezze relative all’ampiezza dei futuri cambiamenti climatici e alle “poco chiare responsabilità”. Peraltro, si prevede che i cambiamenti climatici possano interessare l’Europa con un incremento di eventi come alluvioni, siccità, ondate di calore, innalzamento del livello dei mari ed altri diffusi cambiamenti ambientali che riguarderebbero, ad esempio, la distribuzione delle specie e la stagionalità dei prodotti agricoli. Gli indicatori di cambiamento climatico mostrano fino a che punto queste tendenze sono già in atto e sono state osservate in Europa e non solo.

L’attualità italiana ci porta a sottolineare l’importanza di rispondere ad eventi estremi e di considerare più attentamente il problema del rischio idrogeologico nel contesto di una visione strategica che tenga conto dei cambiamenti climatici. «Quello del rischio idrogeologico è uno dei sottotemi importanti del discorso dell’adattamento. Certo, è necessaria un’azione di adattamento preventivo, invece di quello puramente reattivo, per prevenire le situazioni più critiche. Bisogna cercare di gestire il territorio considerando le sue vulnerabilità e così lo si rende più resiliente, cioè in grado di reagire prontamente ai futuri mutamenti climatici». Gli esempi a livello europeo non mancano. Castellari ricorda quello, citato nel rapporto, del sistema di protezione dalle inondazioni messo in atto dalla Slovacchia: è il Flood Warning and Forecasting System (FWFS), «un sistema basato sulle informazioni circa i parametri meteorologici e idrologici e dotato di strumenti come radar meteorologici e stazioni di monitoraggio automatizzate.

Le infrastrutture relative alla capitale Bratislava sono state completate nel 2010 e hanno mostrato la loro efficienza durante l’inondazione causata dal Danubio nel 2013». Un altro esempio che vale la pena citare è quello danese. «A Copenhagen, dopo il tremendo nubifragio del 2011, si è investito in modo molto efficace ma anche rapido per cercare di rendere la città più resiliente a futuri eventi del genere; tutto ciò nell’ambito del Piano municipale di adattamento che a sua volta era inserito nel contesto della Strategia Nazionale della Danimarca». Torniamo quindi all’importanza delle strategie nazionali e della loro implementazione in Piani adeguati. Molti paesi, mostra la ricerca, hanno già messo in campo schemi per monitorare, valutare o redigere rapporti circa i propri progressi, mentre più della metà dei paesi coinvolti sta pianificando o avviando simili schemi. E l’Italia? «Il nostro Paese non figura tra quei 21 che indicavo prima; ma ancora per poco.

Ormai si è avviato un processo per il quale la comunità scientifica, di concerto con le istituzioni nazionali preposte e coordinata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare hanno finalizzato i documenti alla base della strategia nazionale di adattamento che dovrebbe essere adottata a breve. Stiamo quindi recuperando il tempo perduto e ci apprestiamo a diventare il 22esimo paese europeo dotato di una strategia nazionale di adattamento».