Leonardo oltre gli stereotipi. Non è soltanto un lodevole obiettivo per chi si occupa di storia della scienza e della tecnologia; è anche una possibilità di rivelare tanti aspetti sconosciuti o poco frequentati del genio da Vinci e restituirci una ricchezza di suggestioni e prospettive che hanno molto da dire alle tecnologie dei nostri tempi. Se poi questa operazione viene condotta con grande rigore storico e con tutti gli strumenti progettuali oggi disponibili grazie alle nuove tecnologie, ecco che tutto acquista una dimensione comunicativa e un interesse di grande respiro.



È quello che sta accadendo col lavoro del Centro Studi Leonardo3, che ha allestito nel cuore di Milano, nella Sala del Re in piazza Scala, la mostra “Il Mondo di Leonardo” e ha deciso di prolungare l’esposizione per tutta la durata di Expo 2015 per consentire al pubblico internazionale di apprezzare in modalità interattiva e multimediale la poliedrica produzione tecnologica e artistica del grande toscano. Non solo; proprio per uscire dalle immagini standardizzate della sua opera, nel corso della manifestazione vengono proposti modelli e ricostruzioni leonardesche su particolari tematiche, anche inaspettate. Come quella inaugurata ieri in un’apposita sezione dedicata ad alcuni strumenti musicali. Ce l’ha presentata, in una visita speciale per ilsussidiario.net, il curatore Edoardo Zanon, uno dei fondatori di Leonardo3 e particolarmente sensibile al discorso musicale, dato anche il suo Diploma in chitarra classica (che si aggiunge alla Laurea in Disegno Industriale al Politecnico di Milano).



«C’è un problema di fondo nel divulgare le opere di Leonardo: nell’ultimo secolo, quando si è iniziato a pubblicare i suoi lavori, c’è stato un grandissimo interesse per la sua figura e la sua opera. Ci siamo accorti però che, soprattutto negli ultimi anni, le numerose iniziative a lui dedicate propongono sempre un Leonardo un po’ stereotipato, soffermandosi principalmente su alcune sue realizzazioni  come architetto o progettista di macchine da guerra e di macchine stravaganti. Il rischio allora è che il pubblico si faccia un’immagine del personaggio legata a poche realizzazioni e sempre solo a quelle. Analizzando bene le fonti, ci siamo accorti che molte di queste macchine non sono progetti inediti del genio da Vinci, non sono sue “invenzioni”; sono piuttosto suoi disegni, sue “fotografie” di oggetti, macchine, strumenti de suo tempo e che lui, da acuto osservatore ritraeva annotandone le caratteristiche e sottolineando qualche dettaglio interessante. Quindi bisogno fare molta attenzione quando si accostano le raccolte di disegni leonardeschi e bisogna distinguere tra oggetti progettati da lui e altri solo “disegnati”». 



All’interno del Codice Atlantico ad esempio – fa notare Zanon – più della metà dei bellissimi disegni che occupano le oltre 1200 pagine sono disegni che potremmo dire enciclopedici, documentaristici e sono frutto non tanto della sua genialità creatrice «quanto della sua abilità di disegnatore e, diciamolo pure, della sua attività di marketing, per mostrare la sua abilità ai potenziali committenti». 

Tra l’altro va detto che tra le sue autentiche invenzioni, non poche sono sbagliate, cioè non funzionano; come ad esempio la celebre “bicicletta”; in molti casi lui stesso era consapevole dei difetti progettuali dei suoi disegni, che però riproduceva come tali, senza preoccuparsi più di tanto della potenzialità ingegneristica.

«Quello che tentiamo di fare nelle nostre mostre è di proporre un Leonardo “autentico”; il quale emerge maggiormente in alcune pagine dove gli appunti e gli schizzi si accavallano in modo disordinato seguendo, evidentemente, il corso movimentato dei suoi ragionamenti e della sua ideazione. Capita quindi al visitatore delle nostre mostre di vedere riprodotte e spiegate delle macchine inedite che spesso si rivelano ancor più interessanti di quelle celebri e arcinote». 

Eccoci allora agli strumenti musicali. Anche qui c’è da fare una premessa; cioè che la musica e il teatro erano ambiti dei grande importanza per l’epoca e quindi facilmente progettisti e architetti si dedicavano a realizzazioni in quei settori. Anche Leonardo ha speso moltissime energie e molto tempo nella ideazione di strumenti e macchine per la musica e il teatro. Zanon ci mostra un modello di quella che viene solitamente citata come “l’automobile” di Leonardo e che invece molto probabilmente altro non era che una macchina teatrale utilizzata per portare in scena delle strutture durante le rappresentazioni; o ancora, il “leone” – l’unica macchina della quale la paternità di Leonardo è attestata storicamente del Vasari – era uno strumento teatrale realizzato per gli spettacoli frequenti alla corte di Francia.

Sugli strumenti musicali poi c’è un piccolo equivoco di fondo. «Il mondo accademico tende a raggruppare tutti gli strumenti musicali ideati da Leonardo nel progetto detto della “viola organista”. In realtà Leonardo, oltre a questo,ha progettato molti altri  strumenti musicali: come la claviviola, già esposta a Milano, che è «un progetto autonomo, un bellissimo strumento che poteva essere indossato, con una leva connessa alla caviglia che consentiva di suonare durante la camminata trasformando tramite un volano il moto alternato dei passi in un modo continuo  collegato a un nastro; sulla parte superiore il musicista poteva suonare direttamente così da produrre la musica di un quartetto d’archi. Nella sua struttura completa questo strumento non è mai stato proposto al pubblico e ci ha richiesto qualche anno di ricerca per ottenere un modello funzionante, che abbiamo suonato per la prima volto durante una recente esposizione a New York».

I nuovi strumenti presentati ieri sono tre: i Flauti glissati, la Piva continua e l’Organo continuo; sono contenuti nel Codice Madrid e nel Codice Atlantico e vi appaiono inseriti all’interno di fogli contenenti materiali disparati e, come spesso accade, si fermano allo stadio di veloci schizzi e appunti da sviluppare.

I Flauti glissati sono strumenti che permettono di passare da una nota all’altra in modo continuo senza intervalli di tonalità. Si tratta di flauti nei quali al posto dei classici fori viene realizzata una fessura liscia senza interruzioni. In tal modo, seguendo le indicazioni di Leonardo, il flautista può coprire la fessura con le mani e, muovendole, modulare l’intonazione della nota a suo piacimento, producendo tutti i suoni intermedi tra le ipotetiche posizioni dei fori di un flauto tradizionale; con le sue stesse parole: “con questo flauto puoi suonare le porzioni di tono imitando così la voce umana”. «Quanto descritto nel testo è semplificato e Leonardo omette di spiegare che per realizzare questi flauti non basta creare una semplice fessura, ma occorre inserire una camera interna, che scorra insieme alla mano, senza la quale non sarebbe possibile produrre i suoni voluti».

La Piva continua era pensata per un musicista che la indossava utilizzando le cinghie e con il braccio muoveva i due mantici a destra e sinistra, pompando l’aria nella canna. Un gancio collegato alla cintura del suonatore permetteva alla struttura dello strumento di rimanere ferma. «La particolarità del progetto leonardesco consiste nell’aver ideato due mantici che lavorano in maniera alternata: mentre uno spinge l’aria della canna, l’altro si carica. Il risultato è la produzione di un flusso d’aria ininterrotto».

L’Organo continuo ha un principio di funzionamento identico a quello della Piva continua, basato sui due mantici azionati alternativamente per garantire, per dirla come Leonardo, che “il vento fia continuo”.  

Questo strumento è particolarmente interessante perché tra tutti quelli progettati da Leonardo è probabilmente quello che offre le prestazioni migliori, sia per qualità sonora, sia per intonazione; inoltre, poteva essere indossato e il musicista poteva contemporaneamente suonare e cantare. «Grazie al doppio mantice, alla produzione di flussi d’aria continua e alla tastiera laterale, l’Organo continuo viene da molti considerato l’antenato della moderna fisarmonica; ma il suono prodotto era completamente diverso. Il timbro brillante e potente delle moderne fisarmoniche è prodotto da ance metalliche, mentre nello strumento di Leonardo il suono è prodotto dal flusso d’aria che entrava nelle canne di legno (o di carta) e risulta molto più dolce e morbido, ma meno potente».

La domanda che sorge spontanea a questo punto è: ma Leonardo li ha mai costruiti? «È un interrogativo ricorrente. In effetti non esistono prove; quello che posso dire è che quando un progettista entra in alcuni dettagli costruttivi così profondi è impossibile che non abbia fatto almeno qualche tentativo e che non abbia realizzato almeno dei prototipi; in molti casi, i manoscritti di Leonardo danno proprio questa impressione: ci sono pagine in cui i disegni, o meglio alcuni particolari, vengono ripetuti con piccole modifiche; segno di ripensamenti derivanti da prove pratiche. È quello che oggi si chiama reverse engineering».

E nei secoli successivi nessuno ha mai provato a realizzarli? «Bisogna dire che lui non ha mai scritto un trattato su questi temi, come avrebbe desiderato; non ha fatto in tempo! L’ha fatto nel codice del volo; e lì si vede che non è un manoscritto come gli altri: è un piccolo quaderno ordinato,  ben impaginato, nato dal desiderio di consegnare ai posteri le cose che aveva capito. Per il resto c’è stato un black out di trasferimento di informazioni, fino a quando più di un secolo fa tutti questi disegni sono riemersi».

Ora alle ricostruzioni ci hanno pensato quelli di Leonardo3; e l’hanno fatto a seguito di lunghi studi e con la produzione di prototipi preliminari, affidando la costruzione del modello finale a esperti liutai, rispettivamente: Marco Casiraghi, Michele Sangineto e Mario Buonoconto.

Il programma comunque continua. Quando tutti gli strumenti saranno ricostruiti a dovere, comprese le prossime realizzazioni – il tamburo e la tromba gigante che anticipa le soluzioni adottate negli attuali strumenti a fiato – gli ingegneri di Leonardo3 non potranno trattenersi dall’organizzare un vero concerto, una performance musicale con tutti gli strumenti di Leonardo in una location milanese di richiamo, magari in Piazza Duomo o in Galleria. Noi ci saremo!

(Mario Gargantini)