La nomina di Fabiola Gianotti a Direttore generale del Cern di Ginevra ha trovato posto su tutte le prime pagine di ieri; ma la 52enne fisica italiana era abituata a posizioni del genere, da quando era alla testa dei 3000 scienziati dell’esperimento ATLAS dell’acceleratore LHC e ha annunciato al mondo la conferma sperimentale del bosone di Higgs; fino a quando, nel dicembre 2012, il Time le ha dedicato l’intera copertina come quinta classificata tra i finalisti al titolo di Persona dell’anno (riconoscimento attribuito poi a Barack Obama).
Ma chi ha collaborato con lei e la conosce bene fin da quando era giovane ricercatrice, cosa dice di questa nomina e delle responsabilità che la attendono? Ilsussidiario.net ha raggiunto Laura Perini, anche lei fisica con responsabilità di comando – è Direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano – e che ha partecipato alla preparazione dell’esperimento ATLAS e alla realizzazione del sistema di calcolo dell’esperimento, basato sulla Computing Grid.
Una nomina inaspettata o scontata?
Si sapeva che Fabiola era tra i tre candidati alla Direzione Generale del Cern ed era abbastanza diffusa l’impressione che lei fosse messa meglio. Da un paio di mesi c’era una short list di nominativi e, almeno in Italia, era lei ad avere le maggiori chances.
Ma era una questione di normale avvicendamento tra gli esponenti delle nazioni che sostengono il Cern e di equilibrio delle varie cariche, o è intervenuto qualche fattore specifico?
C’è sempre un certo turnover tra i diversi Paesi nelle attribuzioni degli incarichi; ma penso che in questo caso i criteri di equilibrio politico abbiano avuto un’importanza relativa; un turnover immediato era comunque assicurato dato che il direttore uscente, Rolf-Dieter Heuer, è tedesco e le altre due nomination erano per un inglese, Terry Wyatt, e un olandese, Frank Linde. Forse da questo punto di vista si potrebbe dire che Fabiola era svantaggiata, dal momento che negli ultimi 25 anni l’Italia ha già avuto due Direttori, del calibro di Carlo Rubbia e Luciano Maiani.
Il ruolo degli scienziati italiani al Cern comunque è sempre rilevante; c’è anche Sergio Bertolucci che è Direttore della Ricerca e sono numerosi i ricercatori sia a Ginevra che nelle varie università …
Sì, siamo uno dei Paesi membri che forniscono un alto numero di ricercatori ma che danno anche un rilevante contributo economico. C’è stato una fase, recentemente, nella quale tutti i coordinatori (qui li chiamano spokeperson) degli esperimenti di LHC erano italiani; e questo faceva un certo effetto.
Parliamo del prossimo futuro: quali sono le principali sfide che la Gianotti dovrà affrontare?
Lei entrerà in carica dall’inizio del 2016 e per un periodo di cinque anni e saranno anni in cui l’attività principale sarà ancora centrata sul collisionatore LHC. L’acceleratore adesso è rimasto fermo per quasi due anni perché doveva aumentare in energia delle collisioni e in luminosità; ripartirà nella primavera 2015 e le prossime scoperte rilevanti potranno venire ancora da lì: noi fisici dobbiamo capire più in dettaglio cosa è il bosone di Higgs, se si comporta esattamente come previsto dal Modello Standard e se il mondo delle particelle è spiegato o meno dalla supersimmetria. Insomma, buona parte dell’attività scientifica del prossimo quinquennio dipenderà da LHC, che andrà avanti anche oltre il mandato di Fabiola, fino al 2020 nella configurazione cosiddetta ad Alta Luminosità. Poi però il nuovo Direttore Generale dovrà iniziare a capire cosa fare dopo LHC; tenendo conto che i progetti di questo tipo hanno tempi molto lunghi e vanno preparati con largo anticipo.
Per come la conosce lei, Fabiola Gianotti è più una ricercatrice o una organizzatrice?
L’ho conosciuta agli inizi della sua carriera scientifica e poi quando era spokeperson di ATLAS. Agli inizi era puramente una ricercatrice e anche dopo è sempre stata una ricercatrice molto brillante. Poi però ha saputo dimostrare di avere anche delle notevoli capacità organizzative, che ormai nel suo nuovo ruolo saranno totalizzanti: non potrà più fare ricerca attiva, anche se dovrà capirla ed essere perfettamente aggiornata..
Sulla scena internazionale oggi il Cern non ha praticamente concorrenti, quindi è una scienza senza competizione…
In questo momento non c’è nessun grande laboratorio che possa fare il tipo di fisica che fa LHC. Gli americani, che sono stati concorrenti per lungo tempo in passato, hanno rinunciato a realizzare un grande supercollisionatore e ora gli stessi fisici statunitensi vengono a fare ricerca al Cern. Non manca però la competizione, come è naturale che ci sia, tra i vari esperimenti e i gruppi.
Lei prima ha accennato alla supersimmetria: sarà questo il prossimo grande traguardo scientifico; o ce ne sono altri?
Effettivamente il primo grande obiettivo è capire se si possono rivelare particelle supersimmetriche. Ma non è l’unico goal nel futuro del Cern. Ci sono importanti problemi aperti, ad esempio quelli a cavallo tra fisica delle particelle e astrofisica come la ricerca della dark matter, la materia oscura che domina gran parte dell’universo e non si capisce bene di cosa sia fatta. Non è neppure detto che un acceleratore come LHC sia il posto migliore dove cercarla, ma si può ricercarla anche lì e se ha certe caratteristiche potrebbe essere trovata nei tunnel del Cern e sarebbe una scoperta di enorme importanza.
Lei è Principal Investigator di un PRIN (Progetti di Rilevante Interesse Nazionale) dedicato al calcolo avanzato; e il Cern è stato un punto di riferimento anche per le nuove tecnologie: lì è nato il www, il World Wide Web. È ancora all’avanguardia anche per il networking e il computing del futuro?
Più che altro per il computing, per lo sviluppo di sistemi di calcolo distribuito. Ci siamo messi insieme tra i diversi esperimenti di LHC per lavorare congiuntamente allo sviluppo di nuove tecniche di calcolo, anche di una certa complessità. Per la gestione del calcolo complesso ci basiamo sull’attività di dieci grossi centri di calcolo e un centinaio di più piccoli sparsi per il mondo; quindi non più tutto centralizzato in un unico grande sistema. Queste tecniche di calcolo distribuito, che stiamo applicando con buoni risultati, potrebbero essere di grande utilità in tante altre situazioni di ricerca e applicative.