Lentamente avanzano le nostre conoscenze dell’universo che ci circonda: via via che procede l’esplorazione diretta e indiretta del cosmo, si svelano particolari inediti sulla struttura e sulla dinamica di zone dello spazio sempre più lontane. Ci sono indagini che riguardano l’universo nella sua globalità spaziale e temporale e che ci stanno offrendo un’affascinante scenario, raccontando una storia ricca di colpi di scena, dove spuntano nuovi protagonisti e affiorano continui interrogativi.



Ci sono poi indagini che riguardano aree più limitate ma che riescono ad andare più in dettaglio, ricostruendo i tasselli di una mappa sempre più dettagliata e che si allarga sempre più. Così, dai dintorni del nostro Pianeta (che peraltro contiene ancora zone inesplorate) ormai abbastanza conosciuti e in alcuni casi, come la Luna, toccati con mano, stiamo avanzando verso gli altri pianeti del Sistema Solare e verso le loro, ormai numerose, lune. E c’è una sonda, un artefatto umano, il Voyager, che ha da poco superato i confini del Sistema Solare e sta viaggiando oltre quella che viene denominata eliosfera.



Proprio su questa zona si stanno ora intensificando le conoscenze e le scoperte. L’azione congiunta di strumenti di osservazione in prossimità, come il Voyager; di missioni come da IBEX – Interstellar Boundary Explorer della Nasa; e di elaborazione di modelli teorici, sta dando un nuovo volto a quella gigantesca bolla che avvolge il nostro Sistema Solare e ci aiuta a collocarci meglio all’interno del più vasto panorama della Galassia nella quale stiamo navigando da qualche miliardo di anni.

La missione IBEX è balzata in primo piano ultimamente dopo la pubblicazione su Science di una serie di risultati osservativi e la conferma della loro coerenza con quelli raccolti dagli osservatori terrestri per raggi cosmici. IBEX fa parte di una serie di missioni spaziali Nasa piccole e a basso costo; è condotta dal Southwest Research Institute di San Antonio (Texas) insieme a team internazionali nell’ambito del Programma Explorers gestito dal Goddard Space Flight Center di Greenbelt (Maryland). Lanciato nel 2008, già nel 2009 si era fatto notare per la scoperta di un non meglio definito “nastro” fluttuante ai confini della eliosfera. IBEX, che ruota in orbita terreste, aveva osservato la presenza di particelle a energie relativamente basse (nell’ordine delle centinaia di keV, kiloelettronvolt) che formano un nastro sottile, vagamente circolare, che produceva molti più atomi neutri di quanto non avveniva nelle zone circostanti.



C’è da dire che la sonda IBEX è particolarmente attrezzata per queste scoperte: è dotata di sofisticati rivelatori sensibili ad Atomi elettricamente Neutri Energetici, denominati appunto ENA. La loro abbondanza è però tutta da spiegare. Bisogna capire quali processi possono produrre quell’enigmatico incremento del numero di atomi neutri, o perché il fenomeno si manifesta solo in una parte del confine eliosferico con caratteristiche differenti da tutto il resto. I teorici si sono messi al lavoro e hanno proposti modelli e simulazioni numeriche per cercare di spiegare la presenza, la struttura e le dimensioni del “nastro”.

Un’ipotesi indica che il nastro è presente in una particolare zona dove atomi di idrogeno neutri presenti nel vento solare attraversano il campo magnetico galattico locale. Per la loro natura, gli atomi neutri non sono influenzati dai campi magnetici, ma quando perdono elettroni, cioè vengono ionizzati, essendo carichi elettricamente cominciano ad avvitarsi rapidamente intorno alle linee di forza del campo magnetico. Ciò spinge gli ioni a rimbalzare indietro, verso il Sole; e proprio questi ioni riescono a catturare gli elettroni vicini creando una nuova popolazione di atomi neutri, che vanno ad aggiungersi a quelli che compongono il nastro; si spiega così il loro forte incremento.

Ulteriori perfezionamenti della teoria hanno spiegato ancor meglio l’anomala abbondanza nel nastro rilevata da IBEX: sarebbe la velocissima rotazione degli ioni attorno alle linee di forza del campo magnetico nella zona di confine dell’eliosfera a produrre vibrazioni nel campo magnetico stesso che intrappolano gli ioni carichi e aumentano così la densità di particelle. Uno degli astrofisici più attivi in queste ricerche, Nathan Schwadron dell’Università del New Hampshire, l’aveva illustrata così: «Immaginate che il nastro sia un porto e le particelle del vento solare siano barche. Le barche possono essere intrappolate nel porto se le onde dell’oceano al di fuori di esso sono abbastanza potenti. Questa è l’essenza del nuovo modello del nastro che abbiamo proposto. Il nastro è una regione in cui le particelle provenienti dal vento solare rimangono intrappolate o trattenute dalle intense onde e vibrazioni presenti nel campo magnetico nella zona di confine del Sistema solare».

La novità emersa dall’ultima articolo di Science riguarda, come si diceva, la conferma delle osservazioni di IBEX da parte di osservazioni a energie dieci ordini di grandezza più elevate, nella scala dei TeV (Teraelettronvolt), cioè quelle che esperimenti come Milagro, As-gamma e IceCube hanno ottenuto catturando raggi cosmici di provenienza interstellare.

La corrispondenza fra questi gruppi di osservazioni e le previsioni teoriche rende ancor più valida la stima fatta dai ricercatori di IBEX della direzione locale del campo magnetico galattico, che è il responsabile dei fenomeni misurati. Il campo magnetico galattico si ricava anche dai dati inviati dalla stessa Voyager, che è l’unico strumento che ora può raccogliere dati extrasolari direttamente “in loco”. In effetti, la direzione del campo magnetico interstellare ricavata in base ai dati inviati da Voyager 1 è leggermente diversa da quella indicata da IBEX. Potrebbe trattarsi di imprecisioni nelle misura ma gli scienziati coinvolti in queste ricerche preferiscono attribuirla al diverso tipo di dati analizzati: quelli del Voyager sono molto puntuali, raccolti in uno spazio e in un tempo ben circoscritti; quelli di IBEX sono mediati su grandi distanze.

L’enigma del nastro resta aperto e in attesa di nuovi dati. Dal canto suo la missione IBEX ha il grande merito di averci recapitato le prime immagini del confine dell’eliosfera e di averci suggerito che esso non è influenzato esclusivamente dal vento solare e dalla direzione in cui si muove il Sistema Solare, ma è “plasmato” dal campo magnetico galattico.