È un team giovane quello che ha dato avvio in questi giorni, con un meeting presso il Politecnico di Milano, al Progetto GEMINI: tre ricercatori e un solo professore: il coordinatore, Paolo Biagioni, è ricercatore al Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, capofila dell’intero consorzio; con lui lavoreranno Michele Ortolani dell’Università di Roma La Sapienza, Daniele Brida dell’Università di Konstanz (Germania) e il professor Douglas Paul, direttore del James Watt Nanofabrication Centre dell’Università di Glasgow (UK).
Il termine GEMINI sta per “Germanium mid-infrared plasmonics for sensing” e riguarda un progetto finanziato dalla comunità europea con circa 1,7 milioni di euro per il triennio 2014-2017 nell’ambito dei bandi FET (“Future and Emerging Technologies”) del Settimo Programma Quadro.
L’obiettivo è esplorare un approccio originale alla sensoristica a infrarossi per la rilevazione di molecole anche in piccolissime concentrazioni, con promettenti applicazioni in diversi ambiti. Ne ha parlato a Ilsussidiario.net Paolo Biagioni.
Nell’acronimo GEMINI è citata la plasmonica: di che cosa si tratta?
La plasmonica é una branca delle nanotecnologie che ha visto un enorme sviluppo nell’ultimo decennio e studia l’interazione della luce con nanoparticelle e nanostrutture metalliche. Come le antenne vengono utilizzate nelle telecomunicazioni per raccogliere e trasmettere in maniera molto efficiente le onde elettromagnetiche, così è possibile oggi fabbricare e utilizzare “nanoantenne” per concentrare in regioni molto piccole, fino a pochi nanometri (1 nanometro = 1 milionesimo di millimetro) la luce (anch’essa un’onda elettromagnetica) o per emetterla in maniera altrettanto efficiente.
Come è nata l’idea di questo progetto Gemini?
L’ idea del progetto GEMINI è di applicare questi stessi concetti alla luce infrarossa, che sta assumendo un valore tecnologico sempre maggiore soprattutto nel campo dei sensori per rivelare inquinanti, specie biologiche, gas pericolosi, veleni ecc. Grazie ad apposite antenne la luce infrarossa può essere concentrata efficacemente sulle molecole da rivelare, aumentando cosi enormemente la sensibilità della misura. Invece di utilizzare metalli per la fabbricazione delle antenne (come viene comunemente fatto sia nelle antenne radiotelevisive sia nelle “nanoantenne” per la luce visibile), GEMINI svilupperà le antenne per l’infrarosso partendo dal germanio, un materiale semiconduttore pienamente compatibile con la moderna industria microelettronica basata sul silicio. I vantaggi di questo approccio risiedono sia nei costi ridotti (potendosi appoggiare in prospettiva a processi industriali già esistenti e ottimizzati), sia nella maggiore semplicità di integrazione di tali antenne con i chip microelettronici dei sensori.
A che punto siete e come si svilupperà la ricerca?
Abbiamo già in parte ottimizzato le proprietà del materiale da utilizzare e ci accingiamo a fabbricare le prime antenne. Trattandosi di un approccio innovativo, saranno necessari studi preliminari per valutare le prestazioni di tali antenne prima di poterle utilizzare in reali applicazioni.
Quando prevedete i primi risultati?
Prevediamo di procedere con i primi test applicativi nel corso del secondo anno del progetto, applicando i dispositivi allo studio di catene di DNA o RNA. Il progetto, della durata di tre anni, terminerà con la realizzazione di uno o più prototipi che mettano a frutto le conoscenze sviluppate.
Quali le principali applicazioni prevedibili?
Nel medio e lungo periodo, GEMINI troverà in prospettiva applicazioni ovunque sia richiesta la capacità di rivelare in tempi rapidi molecole in bassissime concentrazioni, dalle analisi mediche ai test di adulterazioni dei cibi, dalla presenza di inquinanti o veleni nell’aria ai materiali biologici. Inoltre, antenne capaci di “catturare” efficacemente la luce infrarossa possono avere un impatto sull’efficienza delle celle solari e delle camere per la visione notturna.
(Michele Orioli)