Fino a ieri la peculiarità di avere degli anelli era prerogativa esclusiva dei quattro “giganti” gassosi del Sistema Solare: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Ma, alle 19.00 dell’altro ieri lo European Southern Obsevatory (ESO) ha annunciato la presenza di un sistema di anelli attorno all’asteroide denominato Chariklo.



Si tratta di un corpo minore appartenente alla famiglia dei Centauri: così si chiamano quei planetoidi che descrivono un’orbita intorno al Sole compresa tra quella di Giove e Nettuno. Il primo di essi, Chirone, fu individuato nel 1977 e alla fine del 2010 se ne contavano già 183.

Chariklo, scoperto il 15 febbraio 1997, con un diametro di circa 250 km, è il più grande dei Centauri. Sono oggetti peculiari, che si pensa provengano dai confini del Sistema Solare, da quella zona, situata oltre l’orbita di Nettuno, chiamata Fascia di Kuiper. I Centauri hanno orbite molto instabili che potrebbero portarli a essere espulsi dal Sistema Solare oppure a evolvere in comete di breve periodo. Si conosce ancora poco di questi oggetti e scoperte come quella appena annunciata sono molto importanti per aggiungere qualche tessera a questo affascinante puzzle. Dallo studio di un sistema di anelli, infatti, è possibile ricavare informazioni importanti sull’origine e l’evoluzione del corpo celeste attorno al quale gli anelli stessi si sono formati.



Ma come si fa a capire che attorno ad un oggetto largo poco più di 200 km e distante 2 miliardi di km c’è un sistema di anelli? Sfruttando un fenomeno chiamato “occultazione stellare”. Capita spesso per giochi prospettici che un corpo celeste transiti davanti ad una stella. Quando questo succede la luce proveniente dall’astro subisce una piccola diminuzione. Se si è in possesso di uno strumento in grado di percepire variazioni di luce anche piccole, il gioco è fatto: posso sapere se davanti alla mia stella è passato qualche cosa. Il grafico che mostra la variazione dell’intensità luminosa nel tempo si chiama “curva di luce”.



Il 3 giugno 2013 era prevista l’occultazione di una stellina di magnitudine 12.4 (denominata UCAC4 248-108672) da parte del nostro Chariklo. Il fenomeno era visibile dal Sud America ed è stato seguito da più di 10 telescopi situati in Cile, Brasile, Argentina e Uruguay. L’analisi dei dati raccolti da quattro tra questi strumenti ha mostrato un andamento nella curva di luce proveniente da UCAC4 248-108672 durante l’occultazione che faceva pensare a qualche cosa di singolare nella struttura di Chariklo. In particolare, l’intensità luminosa della stella rilevata dal “Danish Telescope” da 1,54 m a La Silla (vedi immagine sottostante) mostra due brevi discese iniziali, una maggiore dell’altra; qualche istante di tempo dopo una diminuzione più duratura e due discese finali simmetriche a quelle iniziali.

L’interpretazione più probabile è che Chariklo sia costituito da un sistema di due anelli, che sono stati denominati dagli scopritori C1R e C2R. C2R è l’anello più esterno ed ha una larghezza pari a circa la metà di C1R. Ecco che allora quando il planetoide con il suo sistema di anelli transita davanti alla stella quello che noi vediamo è: una prima breve diminuzione di luminosità dovuta all’anello C2R, poi una seconda, più intensa, diminuzione dovuta a C1R (che è più largo del suo anello compagno), un calo più consistente e duraturo dovuto a Chariklo e due nuove diminuzioni uguali a quelle iniziali dovute nuovamente agli anelli.

L’animazione presentata sulla pagina internet che la prestigiosa rivista Nature ha dedicato alla scoperta, mostra molto bene la correlazione tra la curva di luce e la presenza di un sistema di anelli attorno al planetoide. Con questo stesso sistema, nel 1977 fu scoperto il sistema di anelli del pianeta Urano e, nel 1984, si capì che il primo degli anelli del pianeta Nettuno presenta un’interruzione.

Come si sono formati i due anelli attorno a Chariklo? Esistono altri corpi minori dotati di sistemi di anelli o Chariklo è il solo planetoide ad esserne dotato? Queste e molte altre domande stanno sorgendo in conseguenza della scoperta. Non si sa ancora quale o quali processi sono alla base della formazione di anelli attorno a questi piccoli corpi vaganti nel nostro Sistema Solare. Ad esempio, un impatto potrebbe aver scavato dagli strati superficiali di Chariklo materiale ghiacciato che ha dato origine al sistema di anelli rilevato. Tra l’altro dati raccolti sulla luminosità dell’asteroide dal 1997 al 2008 suggeriscono proprio la presenza di ghiaccio d’acqua negli anelli.

Al momento le numerose osservazioni di occultazioni stellari da parte di planetoidi transnettuniani non hanno rilevato la presenza di sistemi di anelli. La scoperta annunciata all’ESO ha aperto la strada, però, ad un nuovo filone di approfondimento sullo studio di questi remoti abitanti del Sistema Solare.