Ci si ricorda ancora oggi dello sfortunato attore Christopher Reeve, morto nel 2004 dopo anni di paralisi completa dovuta a una caduta da cavallo. L’attore aveva dato vita a una fondazione dedita a trovare cure per quanti come lui erano costretti a una paralisi totale per la rottura, nel suo caso, della prima e della seconda vertebra cervicale. E’ oggi provato che l’80% di tali malati è un maschio di età compresa tra i 16 e i 30 anni. Negli Stati Uniti, si calcolano 273mila persone in tali condizioni di paralisi totale con 12mila casi nuovi ogni anno. Queste lesioni sono spesso causate da incidenti stradali ( 35,6 %), cadute ( 28,5 % ), atti di violenza ( 14,3 % ) e sport ( 9,2%). Le spese mediche per tali persone possono arrivare fino a due milioni di dollari nel ciclo vitale di un paziente. A questi si aggiungono le vittime appartenenti all’esercito, colpite durante operazioni militari. Uno studio del 2012 ha identificato in oltre 5.400 le persone morte per paralisi cerebrale dopo aver servito in Iraq e in Afghanistan. Nel 2011, alcuni ricercatori presso l’Università di Louisville hanno identificato una nuova strategia per la terapia. La premessa della terapia era di trovare pazienti del tutto paralizzati e combinare la terapia fisica con la stimolazione elettrica del midollo spinale. La procedura per la stimolazione del midollo spinale viene eseguita da neurochirurghi in tutto il mondo per altre malattie, come il dolore cronico. Qui, è stato utilizzato per stimolare la funzione. Questa stimolazione ha consentito a un numero di  pazienti di stare in piedi per più di quattro minuti. Attualmente, lo stimolatore funziona su una gamba alla volta. La ricerca rientra nel campo della neurostimolazione e neuroprotesica. Il concetto è quello di utilizzare un dispositivo per recuperare una capacità motoria precedentemente controllata da neuroni. Inoltre per i pazienti che hanno perso una parte di un arto come una mano o gamba uno speciale meccanismo ponendo sensori all’interno dell’arto residuo del paziente, permette ai pazienti di utilizzare segnali cerebrali per il controllo del nuovo arto artificiale. I risultati accertati sono estremamente incoraggianti.



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