Scienza under 21 in primo piano in questi giorni. Tra Milano e Firenze tornano alla ribalta le ricerche, le attività sperimentali e le iniziative di comunicazione che hanno per protagonisti giovani delle nostre scuole che provano non solo a studiare scienza ma a “fare scienza”. A Milano si entra nella fase finale della selezione italiana del concorso denominato “I giovani e le scienze”, voluto da Commissione, Consiglio e Parlamento europei, nell’ambito del concorso European Union Contest for Young Scientists e coordinato dalla Fast (Federazione Associazioni Scientifiche e Tecniche). A Firenze siamo nel vivo della manifestazione “ScienzAfirenze”, che ha visto convergere nel capoluogo toscano studenti delle scuole secondarie da tutta Italia per partecipare a un convegno e presentare i lavori scientifici realizzati nei mesi scorsi. Comun denominatore delle due manifestazioni la passione per le scienze e il desiderio di vivere in prima persona l’avventura dell’indagine scientifica. Con alcune specificità nei due casi.
Quello di Milano è un vero e proprio concorso, ormai giunto alla 26esima edizione e volto a selezionare i giovani che poi accederanno alle fasi finali del concorso su scala europea; vi possono partecipare studenti italiani in gruppi di non più di 3 o singoli, tra i 14 e i 21 anni e che frequentano le scuole secondarie di 2° grado o il 1° anno di università in Italia; è necessaria, ovviamente, la conoscenza della lingua inglese. Per questa edizione la giuria ha selezionato 40 progetti finalisti, elaborati da 93 studenti provenienti da 11 regioni, che saranno esposti e presentati a Milano dal 2 al 5 maggio prossimo e si contenderanno le prime posizioni per poi partecipare alla finalissima europea a Varsavia e magari, come è già accaduto, alle successive manifestazioni internazionali previste in diverse città, da Londra a Mosca, da Pittsburg a Taiwan.
Che cosa devono realizzare i gruppi partecipanti? Possono sviluppare studi o progetti originali e innovativi in qualsiasi campo scientifico, ad esempio: acqua, scienze della terra, chimica, fisica, matematica, medicina, salute, scienze biologiche, scienze ambientali, energia (con particolare riferimento alle fonti rinnovabili e alle tecnologie dell’idrogeno), tecnologie dell’informazione e così via; e devono documentare il tutto con un testo scritto di non più di 10 pagine, corredato da grafici, foto, illustrazioni, modellini e dimostrazioni pratiche. Ad esempio, tra i vincitori dello scorso anno c’è chi ha trovato una possibile variante al processo di formazione di biopolimeri a base di amido; o chi ha progettato un piccolo robot versatile ed economico; o chi ha prodotto fluidi non – newtoniani, con viscosità variabile e la capacità di agire come solidi in seguito ad un impatto e quindi fungere da involucro per oggetti fragili; o ancora chi ha progettato un drone, cioè un multicottero con un ricevitore GPS, una bussola digitale e dei sensori a ultrasuoni, il tutto per consentire un ritorno alla base sicuro e completamente autonomo.
La manifestazione fiorentina, che si concluderà stasera, è invece rivolta agli studenti delle scuole secondarie sia di secondo che di primo grado e si snoda anch’essa nei mesi attraverso i lavori degli studenti ma ha come suo culmine il convegno in corso di svolgimento. Inoltre ogni anno viene lanciato un tema, invitando gli studenti (e gli insegnanti) a concentrare la loro creatività entro dei confini definiti, benché ampi; sempre però il tema ha come sottotitolo “La dimensione sperimentale nello studio delle scienze”, a sottolineare la crucialità dell’aspetto sperimentale, che caratterizza la natura stessa della conoscenza scientifica, anche se nelle nostre scuole è ancora trascurato o ridotto a livello puramente operativo, quando non ludico.
A promuoverla, ormai da undici anni, è l’associazione Diesse Firenze e Toscana, in collaborazione con il MIUR, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana, l’Istituto Professionale “Sassetti-Peruzzi”, l’Associazione Euresis, la Rivista Emmeciquadro. Il Convegno vuole essere un momento di incontro per approfondire come le discipline scientifiche siano un modo sempre nuovo per conoscere e comprendere la realtà, per educare all’osservazione che genera domanda e stupore, per riscoprire la bellezza e il valore del lavoro scientifico. ScienzAfirenze propone di «mettere l’accento sull’elemento sorpresa nell’indagine scientifica e dunque sottolineare che la realtà, il “dato”, precede ogni nostra speculazione. Così proponiamo a studenti ed insegnanti di vivere in prima persona, da protagonisti, l’incontro della ragione con la realtà».
Quest’anno il tema è stato: “Micro & Macro, due approcci alla varietà dei fenomeni naturali”. Sono due approcci complementari, necessari se si vuole aderire alla realtà della natura così come ci si presenta, adeguando e diversificando i metodi di indagine per rivelare, rispettando la specificità di ogni ambito, aspetti particolari dei fenomeni studiati. A volte sono i meccanismi agenti a livello microscopico o molecolare che spiegano i comportamenti osservati e registrati su scala macroscopica; altre volte è lavorando in un certo modo con le più accessibili dimensioni “macro” si riesce a risalire alla situazione corrispondente al mondo “micro” e in certi casi “nano”.
Lo ha spiegato bene ieri il chimico Sergio Riva, dell’Istituto di chimica del riconoscimento molecolare (ICRM) del Cnr di Milano, descrivendo “Il linguaggio delle molecole”; e ne parlerà ancora oggi il fisico Giovanni Comelli, dell’Università degli Studi di Trieste, che, anche alla luce dell’esperienza di ricerca presso il Sincrotrone Elettra, svolgerà il tema: “Più piccolo, più veloce” mostrando come è possibile educarsi a “uno sguardo acuto sulle cose”.
Ma lo hanno percepito gli studenti con i loro lavori, che hanno abbracciato argomenti anche impegnativi: come il moro browniano, tornando sui passi di Einstein; o l’induzione elettromagnetica, espressione macroscopica di qualcosa che accade a livello microscopico; o la formazione dei cristalli, o la tensione superficiale, col singolare “effetto Marangoni”, che consiste nel trasferimento di massa lungo un’interfaccia dovuto a una variazione della tensione stessa.
La capacità analitica degli studenti e la loro genialità pratica (che ha portato un team di liceali a far decollare un razzo fatto di bottiglie di plastica) hanno testimoniato un cammino educativo fatto di attenzione ai particolari che però non genera una visione frammentaria della realtà e tende a ricomporre un quadro unitario. Mostrando di aver fatto tesoro dell’insegnamento del grande matematico russo Pavel Florenskij che, in una sua lettera al figlio Mik, gli suggerisce come fare per rappresentare una foglia o un fiore: «Cerca di osservare com’è fatta una foglia, un fiore, i tessuti, e disegnali, ma non facendone meccanicamente una copia, ma formandone uno schema, cioè cercando di capire qual è il rapporto tra le varie parti. […] Prima, osserva ben bene, imposta tutto, e solo dopo disegna senza esitare, senza inseguire dettagli casuali. Allora il disegno sarà espressivo e stilisticamente caratterizzato».