Si è appena conclusa l’edizione 2014 della Hannover Messe, la grande fiera della tecnologia e dell’industria che ha dedicato, come del resto negli ultimi anni, molto spazio alla Industrial Automation e alla Digital Factory. Quest’anno al centro dell’attenzione c’è stato il tema della transizione dell’industria dalla visione della “smart factory” alla fabbrica in rete nel mondo reale: lo slogan della manifestazione era infatti “Integrated Industry – The next Steps”.
E proprio dei prossimi passi dell’industria integrata dibattono già da un po’ di tempo tecnici, ingegneri e manager italiani che fanno riferimento a un blog, aperto da Armando Martin, ingegnere elettronico e consulente industriale esperto di automazione. Ilsussidiario.net l’ha incontrato.
Da dove nasce la decisione di aprire un blog sui temi dell’innovazione tecnologica, dell’industria e della ricerca applicata? A chi si rivolge?
Lo scopo del blog Dialogando, ospitato dal portale di Fiera Milano automazione-plus.it, è quello di offrire spunti e sollecitazioni, raccogliendo le opinioni dei protagonisti del mondo dell’industria e dell’innovazione. La formula scelta è quella dell’intervista breve. Questo perché quando parliamo di tecnologie, e di automazione in particolare, corriamo il rischio di utilizzare schemi un po’ autoreferenziali e stereotipati. La sfida del blog è quella di rendere più autentica e immediata la comunicazione B2B. Per questo crediamo che l’informalità e la brevità del colloquio aiutino ad arrivare subito al cuore delle questioni. Il pubblico che contiamo di raggiungere è variegato. In alcuni casi gli argomenti scelti toccano maggiormente la sensibilità di chi si occupa di progettazione. Altre tematiche sono più attrattive in ambito operations o management. Ma siamo interessati a sviluppare anche temi rivolti a un pubblico più generalista.
Quali criteri indirizzano la scelta dei temi e dei principali contenuti?
L’attualità e le innovazioni. Vogliamo parlare di tecnologie effettivamente utilizzate nell’industria, capaci di portare un valore aggiunto. Ma anche di trend emergenti. Cerchiamo insomma di stare giornalisticamente “sul pezzo”. D’altra parte dobbiamo valutare anche la caratura e la capacità di comunicazione degli intervistati. Saper parlare di tecnologie non è facile. Bisogna farsi capire restando rigorosi e mantenendo una fluidità di espressione. Per questo cerchiamo di interloquire con professionisti ed esperti con doti divulgative.
Può fare qualche esempio di temi che richiederebbero maggior diffusione e un più approfondito dibattito?
Nelle prime interviste abbiamo affrontato alcuni temi caldi come la Security, l’Internet of Things, l’Industria 4.0, i sistemi cyberfisici, la virtualizzazione, la mobilità. Abbiamo coinvolto manager, direttori d’azienda, tecnici di alto profilo, professori universitari. Insisteremo ancora su questi argomenti. Vogliamo inoltre portare al centro del dibattito le tecnologie applicate nei settori che sembrano avere i requisiti di driver della ripresa economica: energia, building, trasporti. Al tempo stesso non possiamo trascurare il know-how tecnologico di cui si avvalgono i tradizionali settori di punta del nostro export, le famose 4A: abbigliamento, arredamento, alimentare e automazione-meccatronica.
Come vede in questo momento la situazione dell’industria italiana, in particolare nei settori hi-tech come ITC, automazione, meccatronica, nanotecnologie ….?
Vitale e confusa allo stesso tempo. Pur frammentata e colpita duramente dalla crisi degli ultimi anni, la base industriale del nostro Paese ha conservato ottime capacità di proporre soluzioni efficaci e di competere sui mercati internazionali. Manca semmai la capacità di fare sistema e di organizzare le risorse secondo una politica industriale o perlomeno delle linee guida condivise. Alcuni problemi strutturali e la scarsità di grandi industrie accentuano queste difficoltà. Fin qui però non stiamo dicendo nulla di nuovo. Viviamo una fase difficile sul piano interno, con forti pressioni competitive internazionali. Potenziare la formazione e la ricerca nei settori hi-tech, tenendo ben presente la centralità delle tecnologie software e di Internet, è un passaggio obbligato.
In questi settori, quanto la realtà italiana ha una sua capacità innovativa e quanto è subordinata a ciò che si fa in altri Paesi?
Per restare all’automazione, di cui ci occupiamo nel blog, e all’hi-tech più in generale, la questione va distinta. È noto che l’Italia vanta delle eccellenze industriali a livello di centri di ricerca, società di ingegneria, costruttori di macchine automatiche, integratori di sistema, solution provider ed erogatori di servizi. L’industria italiana costruttrice di macchine utensili, robot e sistemi di automazione oscilla tra il terzo e quarto posto al mondo sia tra i produttori che tra gli esportatori. Tuttavia come ideatori e costruttori di tecnologie siamo al traino dei big player tedeschi, americani e asiatici. Basti pensare, ad esempio, che abbiamo una sola società italiana di automazione quotata in borsa e siamo ottavi per numero di brevetti europei ositati. Semplificando possiamo dire che nei sistemi automatizzati realizzati in Italia si usano in prevalenza componenti stranieri. Questo ovviamente è un problema. Se le tecnologie strategiche sono progettate e prodotte al di fuori del nostro Paese, non possiamo che essere vincolati in termini di autonomia di fornitura, di strategia commerciale e di innovazione. Tuttavia, con le opportune scelte industriali, politiche e formative, non c’è alcun motivo per cui in Italia non possa rifiorire ed espandersi una capacità di costruire tecnologie originali in grado di imporsi su larga scala.