Nel mondo ogni anno circa 30 miliardi di tonnellate di anidride carbonica finiscono nell’atmosfera e di queste circa la metà va ad aggiungersi a quella già esistente. Oltre all’anidride carbonica l’altro importante gas responsabile del riscaldamento globale è il metano, la piccola molecola costituita da un atomo di carbonio e da quattro atomi di idrogeno, presente nel gas naturale. Una parte di metano è catturato come fonte di energia, ma grandi quantità finiscono ugualmente ogni anno nell’atmosfera. A parità di peso il metano ha un effetto serra sul clima circa 25 volte superiore a quello dell’anidride carbonica; in compenso si trattiene nell’atmosfera meno dell’anidride carbonica e in parte viene eliminato per ossidazione nell’aria.



Il metano proviene da varie fonti: le risaie producono metano e metano si forma nelle putrefazioni naturali e nelle paludi; il metano proviene dalle fermentazioni dei ruminanti, bovini, pecore, capre. La sua concentrazione atmosferica media – secondo il Greenhouse Gas Bullettin della World Meteorological Organization – era di 1,6 ppb nel 1975, nel 2012 ha raggiunto e superato il valore di 1,8 ppb e sta aumentando con un tasso medio annuo valutato tra l’1,1% e l’1,4%.



Le principali fonti di metano sono i terreni paludosi, le risaie, la fermentazione del concime organico, la produzione e la distribuzione di gas naturale, ecc. È da rilevare il forte aumento delle emissioni di metano da parte delle discariche; inoltre si è avuto un aumento delle emissioni provenienti dal settore energetico e una diminuzione di quelle del settore agricolo.

I ricercatori della School of Natural Sciences del Trinity College di Dublino hanno scoperto che la coltivazione del riso in un ambiente eccessivamente saturo di CO2 e sempre più caldo, è responsabile di maggiori emissioni di metano (CH4), potente gas serra. È di non poco conto il fatto che più di un milione di chilometri quadrati sulla Terra sono coltivati a riso, responsabile da solo del 5-19% di emissioni di gas serra liberati nell’atmosfera.(IPCC, 2007).



La mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici interessano direttamente il settore agricolo sia in quanto consistente fonte di emissione e di potenziale assorbitore di gas serra, sia in quanto settore vulnerabile agli impatti delle variazioni del clima. Il settore agricolo italiano ha contribuito nel 2004 alle emissioni nazionali con una quota di carbonio equivalente di 38.362 milioni di tonnellate, pari al 6,6% delle emissioni nazionali. È necessario osservare che il settore agricolo è la principale fonte di emissione di metano. Infatti, su scala mondiale le emissioni di metano dalle risaie rappresentano circa il 20% del totale delle emissioni antropiche di metano.

La riduzione delle emissioni di gas serra del settore agricolo offrono un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto, ma c’è attualmente una carenza di rilevamenti e di conoscenza delle emissioni dovute alle diverse pratiche agronomiche. Misure sperimentali e aumento delle conoscenze sono inoltre indispensabili per ridurre l’impiego delle ingenti risorse idriche utilizzate dal settore agricolo, specialmente nelle aree secche del Paese.

Alla luce di quanto ora accennato, all’interno del Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio e Ingegneria Chimica dell’Università della Calabria (DIATIC), insieme al Cnr di Firenze e all’Enea di Roma, sto progettando di rilevare le emissioni di metano dalle risaie della Piana di Sibari in Calabria. Questa attività di ricerca intende assolvere a un duplice intento: ridurre le emissioni e ottimizzare l’uso delle risorse idriche con un sistema di risparmio idrico, oggi diffuso anche in Italia, riuscendo ad ottenere così una maggiorazione della resa, come sostenuto da IRRI (International Rice Research Institute) nelle Filippine, una Ong nata nel 1960.

I cambiamenti climatici, sebbene ancora poco definiti in termini di variazioni locali e di impatti sulle attività produttive, richiedono una valutazione delle possibili strategie di adattamento e/o di usi alternativi delle risorse naturali, che devono essere misurate sulla base della conoscenza delle condizioni e delle pratiche produttive locali.

Quanto alle tecniche di intervento, sarà adottata la tecnica eddy covariance che valuta in continuo, solitamente su medie semi-orarie, lo scambio di CO2, H2O (calore latente), CH4 , calore sensibile e momento tra ecosistemi ed atmosfera. La superficie di riferimento è quella orizzontale sopra la canopy (piano-0), ovvero la superficie del coltivo quando si opera su una coltura agraria e si assume che, nel tempo, la variazione media di velocità e concentrazione siano nulle nella verticale. La misura viene eseguita in un solo punto sopra la canopy, dove vengono misurate, ad alta frequenza (10-20 Hz), le componenti del vettore vento (u, v, w) e le fluttuazioni di temperatura e le concentrazione dei gas, rispettivamente attraverso un anemometro sonico (vento e T), un IRGA (Infra Red Gas Analyzer) per la CO2 e l’H2O, analizzatore di CH4 ecc.

La misura eseguita al punto dove sono allocati anemometro e IRGA viene riportata in valori di scambio netto del parametro in esame rispetto alla superficie e nel tempo (metro quadro al secondo) ed è rappresentativa di un’intera area sorgente (o footprint) sopra vento al punto di misura. La misura in un punto è quindi rappresentativa del contributo di una area estesa, che a seconda della turbolenza può essere rappresentata da un’ogiva con un lato maggiore fino a 300 metri.

Il risultato è uno scambio netto uguale a zero per la massa (aria), ma uno scambio medio di CH4, con perdita verso l’alto (= emissione). Queste variazioni, integrate lungo il tempo di mediazione, danno il risultato di scambio netto medio tra ecosistema sottostante ed atmosfera. Il calcolo utilizza le covarianze delle variabili interessate ed è per questo che la tecnica è denominata eddy covariance. Questo è il meccanismo base della tecnica di scambio turbolento che ha come condizione che la componente verticale del vento abbia velocità media, nel periodo di integrazione, uguale a zero (operata attraverso tecniche di rotazione degli assi per condizionare la misura alla superficie verticale effettiva di scambio).

Concludendo, si prevede di realizzare un modello per il controllo e la mitigazione delle emissioni di metano nelle aree coltivate a riso da replicare su tutte le superfici del Pianeta ove esistano colture di riso: Piemonte e Lombardia in Italia, Spagna e Francia in Europa e poi India, Cina, Giappone, Indocina, Bangladesh, Vietnam, Thailandia, Birmania, Brasile ecc.