Si era in attesa del parere della Corte costituzionale sul divieto di fecondazione eterologa come appare da norma apposita all’interno della legge 40. E la Consulta ha deciso: essa è incostituzionale, dunque non è applicabile il divieto. La norma vietava il ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi nel caso di infertilità assoluta.
Sul caso è intervenuto con uno dei primi commenti di carattere politico il presidente dei senatori del Nuovo centrodestra, Maurizio Sacconi. Il politico ha criticato fortemente la sentenza, definendola un sì a un “un cocktail in laboratorio di elementi genetici originati da più genitori”. Una sentenza, ha aggiunto, che contribuisce alla decadenza dei principi di umanesimo che furono alla base dell’unità di Costituenti appartenenti a diverse convinzioni politiche e religiose. “Siamo di fronte alla prova provata della perdita di credibilità e autorevolezza di una Corte i cui criteri di nomina devono essere profondamente modificati” ha detto ancora. Poco dopo, in merito alla sentenza della Corte Costituzionale, è arrivato anche il giudizio del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin: “L’introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti – ha spiegato – Ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come ad esempio l’anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia, e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima (fratelli e sorelle) da parte dei nati con queste procedure. Sono questioni che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare. Alla luce delle motivazioni della Consulta, al più presto comunicheremo la road map per l’attuazione della sentenza”.