Si scrive AGILE ma si legge: Astrorivelatore Gamma a Immagini LEggero. Si tratta quindi di una missione spaziale scientifica, che ha come protagonisti i raggi gamma, uno dei tanti volti della radiazione elettromagnetica che colpisce il pianeta Terra portando preziose informazioni dalle profondità cosmiche. Ormai operativa da sette anni, AGILE sta raccogliendo risultati scientifici di primo piano, con alcuni risultati sorprendenti che meritano di essere conosciuti. Per fare il punto sia sugli aspetti astrofisici che sui fenomeni terrestri delle alte energie studiati grazie ad AGILE, sono convenuti a Roma nei giorni scorsi scienziati da tutto il mondo; ilsussidiario.net ne ha parlato col professor Guido Barbiellini, dell’Università di Trieste e Co-Principal Investigator della missione.



Professore, può riassumere le origini e gli scopi iniziali della missione AGILE?

La missione AGILE è iniziata in risposta a un bando dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI): il bando, uscito nel 1997 quando l’ASI era presieduto dal Prof Giovanni Bignami, proponeva di iniziare una serie di lanci con la frequenza di  due anni  dedicati alle piccole missioni nel campo dell’astrofisica spaziale. I raggi gamma non penetrano l’atmosfera perché a causa della loro elevata energia essi producono, con  probabilità vicina a uno, coppie di elettroni e antielettroni (positroni) interagendo con i nuclei atomici dell’atmosfera stessa. L’esplorazione dell’Universo con raggi gamma di alta energia è di conseguenza iniziate con l’era spaziale. Prima di AGILE alcune missioni avevano mostrato l’enorme attività gamma di sorgenti nella nostra galassia e nel resto del cosmo. Buchi neri di masse diverse, da alcune masse solari a miliardi di masse solari, avevano mostrato un’intensa emissione di energia emessa da raggi gamma con caratteristiche di difficile interpretazione. La missione AGILE doveva coprire la possibile mancanza di informazioni sull’universo energetico a causa del previsto esaurirsi della missione precedente EGRET della Nasa. Il programma AGILE ha vinto il bando dell’ASI grazie a un progetto semplice e leggero e economico che introduceva un telescopio gamma innovativo e derivato da una tecnologia in uso negli esperimenti delle particelle elementari.



Quali sono stati i risultati principali conseguiti finora?

AGILE ha prodotto importanti risultati scientifici studiando con buona precisione angolare sorgenti galattiche e extragalattiche. Una caratteristica di AGILE è la realizzazione rapida dell’analisi dei dati: dalla trasmissione a terra all’interpretazione del comportamento delle sorgenti gamma che hanno emesso i fotoni registrati dal telescopio. Questa proprietà di AGILE ha permesso la scoperta di transienti rapidi con tempi scala talora di minuti ma molto intensi sia per sorgenti galattiche che extragalattiche.

Tra le scoperte risultate più rivoluzionarie per la novità e per le conseguenze teoriche e interpretative sicuramente c’è la variabilità della nebulosa che circonda la stella di neutroni ruotante (pulsar) nota come la nebulosa del Granchio. La nebulosa del Granchio è forse la sorgente più studiata in astronomia e la sua emissione gamma era supposta così stabile da essere assunta come sorgente di calibrazione. La scoperta di un suo transiente intenso e rapido pone stimolanti problemi nella comprensione di nuovi meccanismi di accelerazione a energie molto elevate di elettroni in un ambiente fortemente ionizzato e in presenza di forti campi magnetici.



E le altre scoperte?

Molto importante è stata anche la scoperta che l’accelerazione dei protoni (atomi di idrogeno ionizzati) nella nostra galassia avviene con certezza a seguito dell’esplosioni delle supernovae quando l’onda d’urto dell’esplosione interagisce con il materiale interstellare a riposo. Grazie alla buona risoluzione energetica a energie relativamente basse (circa 100 milioni di elettronvolt) il telescopio gamma ha ricostruito una particella (il pione neutro) prodotto caratteristico dell’interazione protone-protone ad alte energie.

AGILE ha poi contribuito egregiamente allo studio delle Pulsar e, nel settore extragalattico, allo studio dettagliato degli AGN (Nuclei Galattici Attivi). Gli AGN sono galassie con al centro enormi buchi neri che assorbendo molto materiale emettono getti di particelle collimati che quando sono diretti verso la terra (BLAS AR) sono visibili anche a distanze enormi.

Un prezioso contributo sui lampi gamma (GRB), le più potenti esplosioni dell’universo, è giunto da AGILE grazie al basso tempo morto dello strumento e del sistema di acquisizione. AGILE ha inoltre misurato raggi gamma di alta energia provenienti dall’atmosfera terrestre, i Terrestrial Gamma-Ray Flashes (TGF).

Veniamo allora ai temi del recente workshop di Roma: di cosa si è discusso?

La missione AGILE, in orbita dall’aprile del 2007, era stata prevista per un periodo di due o tre anni poi prolungata sino al 2014  ma visto l’ottimo stato del satellite e del telescopio perfettamente funzionante e considerati gli importanti risultati scientifici ancora prodotti, è scattata una petizione internazionale rivolta all’ASI e firmata da illustri astrofisici. 

La petizione è stata accolta con entusiasmo dal Prof Sandulli, attualmente alla guida dell’agenzia spaziale, e ad AGILE è stata data la possibilità di produrre dati di qualità almeno per un ulteriore anno. In questa atmosfera ottimistica si è svolto il XII workshop di AGILE. Durante questa intensa riunione di scienziati internazionali nel primo giorno sono stati illustrate le recenti scoperte prodotte direttamente da AGILE o  da altri strumenti alla ricerca di interpretare risultati di transienti misurati da AGILE e che hanno prodotto importanti scoperte su telescopi a terra.

In particolare? 

Durante la prima giornata si sono passati anche in rassegna contributi recenti di AGILE sui transienti galattici e sulle nebule associate a varie pulsar, e sui GRB. Devo dire, tra l’altro, che il centro dati dell’ASI ha mostrato le sue notevoli potenzialità per l’utilizzo dei dati di AGILE da parte di tutta la comunità scientifica.

Sono stati affrontati anche temi generali dell’astrofisica, come i meccanismi di accelerazione e la complessità dell’emissione gamma dal centro galattico, che oltre a una grande massa di stelle e di nuvole atomiche ospita un buco nero con massa di 4 milioni di masse solari.

È stata anche illustrata la grande sinergia dello studio del plasma generato in esperimenti di laboratorio e quello presente in ambiente astrofisico, in  particolare intorno a sorgenti compatte, che risulta completamente ionizzato. Le problematiche dei plasmi sono altamente non lineari e le simulazione numeriche molto avanzate stanno riproducendo i comportamenti dei jet osservati in molti fenomeni di astrofisica gamma (AGN,GRB ….).

In conclusione di giornata sono state presentate le future possibilità dell’astrofisica gamma: sia a terra con i rivelatori di luce Cerencov prodotta nell’atmosfera da sciami estesi (CTA), sia nello spazio con la missione internazionale Gamma 400, guidata dall’agenzia spaziale russa .

Cosa si è potuto capire dei TGF, i lampi gamma terrestri?

I lampi gamma terrestri sono fiotti di durata molto breve (millesimi di secondo) di fotoni di energia variabile da frazione di Mev (milioni di elettronvolt) sino a decine di Mev. Sono stati scoperti negli anni ‘90 dallo strumento BATSE a bordo dell’osservatorio CGRO (Compton Gamma-Ray Observatory), una missione della Nasa dedicata allo studio della radiazione gamma in un vasto intervallo di energia. BATSE (Burst and Transient Source Experiment),  strumento per rivelazione di transienti rapidi, era costruito per  studiare in dettaglio i misteriosi GRB e in maniera inaspettata ha scoperto i TGF e ha anche stabilito la loro connessione con i fulmini associati ai temporali. Grazie alla sua orbita equatoriale, AGILE attraversa la fascia più ricca di intensi temporali; ha così confermato l’associazione dei TGF ai fulmini e, cosa unica dello strumento calorimetro dedicato a questi fenomeni, ha esteso la misura dell’energia dei gamma dei TGF sino a 100 Mev. I meccanismi di accelerazione degli elettroni, che sono la sorgente dei fotoni dei TGF, sono legati alle enormi differenze di potenziale elettrico che si genera tra le nuvole e tra nuvole e terra; ma lo spettro di energia degli elettroni non è semplicemente calcolabile  dalla sola conoscenza dei potenziali elettrostatici: ulteriori informazioni sui TGF, possibilmente legate a foto in contemporanea del fulmine, potrà dare nuove informazioni sul meccanismo di accelerazione.

Le ricerche di AGILE possono dare contributi anche alla fisica dell’atmosfera e alla meteorologia?

La fisica dell’atmosfera e la meteorologia sono fenomeni molto complessi e dipendenti da molte variabili. Sicuramente  le grandi correnti coinvolte con i TGF e la conoscenza dell’ambiente elettromagnetico  coinvolto nella formazione dei TGF può contribuire alla comprensione delle varie instabilità che sono alla base della propagazione dei fulmini; e forse non tutti i fulmini sono dello stesso genere. I TGF devono essere più conosciuti anche per motivi di sicurezza del trasporto aereo. I TGF si formano a una quota di circa 20 km e sono ancora intensi alla quota dell’orbita di AGILE (circa  400 km), quindi è opportuno conoscere il loro comportamento alle quote di volo degli aerei.

Un’applicazione molto interessante  presentata al Workshop è l’ utilizzo di AGILE come rivelatore della variabilità del numero elettroni provenienti da quote inferiori alla sua; tale variabilità è legata a variazioni del campo magnetico nella regione di intrappolamento magnetico delle particelle cariche. Le forti tensioni nella litosfera legate allo scorrimento delle rocce nelle zone sismiche statisticamente  possono generare una variazione del campo magnetico; inoltre è stata osservata sperimentalmente una correlazione tra la variabilità del numero delle particelle rivelate e il verificarsi dei terremoti.

Qual è il ruolo dell’Italia in questa missione ?

La missione AGILE è completamente italiana. Ritengo che  questo sia un esempio magnifico di collaborazione tra enti di ricerca, INAF, INFN, l’agenzia spaziale ASI, e il raggruppamento industriale guidato dalla Carlo Gavazzi Space con le industrie elettroniche e meccaniche spaziali. Il risultato è stato un satellite di alta qualità con un ospite scientifico innovativo ma anche affidabile; il tutto ancora in ottima forma dopo sette anni di presenza in orbita e tuttora un esempio di avanguardia tecnologica a 14 anni dalla fase di progetto.