Da quando è stato avviato, nel 1990 sull’Everest, il Laboratorio-Osservatorio Internazionale Piramide è insieme un simbolo della ricerca italiana e un catalizzatore di progetti e studi che interessano ricercatori di tutto il mondo e di diverse discipline. Collocato a 5050 metri di quota, nella Valle del Khumbu, Sagarmatha National Park, ai piedi del versante nepalese dell’Everest, porta il nome del Prof. Ardito Desio che l’ha concepito in origine.
È una risorsa unica per la ricerca scientifica in alta quota e, data la sua particolare posizione geografica, offre un’insostituibile opportunità per lo studio di vari fenomeni naturali: dai cambiamenti climatici e ambientali, alla fisiologia umana in condizioni estreme, dalla geologia alla sismologia. L’area remota, inoltre, all’interno del Parco naturale più alto della Terra, fornisce una condizione unica per lo studio della vita umana, animale e vegetale, nonché del clima, dell’atmosfera e del trasporto di inquinanti.
La struttura è gestita interamente dal Comitato Ev-K2-Cnr (l’associazione nata in collaborazione col Cnr e che porta i nomi delle due montagne più alte del mondo) insieme alla Nepal Academy of Science and Technology (NAST); una feconda collaborazione, che ha dato vita a oltre 500 missioni scientifiche con la partecipazione di ricercatori provenienti da istituzioni scientifiche di molti Paesi. Inizialmente il Progetto Ev-K2-CNR era indirizzato principalmente al settore delle scienze della Terra, ma le potenzialità del Laboratorio-Osservatorio hanno consentito l’estensione verso altri settori di ricerca, come si è già accennato: dalla medicina alla fisiologia, dalle scienze ambientali a quelle antropologiche, dagli studi sulle tecnologie pulite a quelli sui sistemi di gestione ambientale.
Ora però le scienze della Terra tornano protagoniste grazie all’installazione da parte di EvK2CNR della stazione sismica più alta del mondo. Gli studi sismologici stanno dando risultati importanti che si inquadrano in problematiche quali la nascita e l’evoluzione della post-collisione tettonica della catena Himalayana, che i geologi stanno ricostruendo lungo la sezione strutturale rappresentativa localizzata in Nepal, Bhutan e Sikkim.
Obiettivo di queste ricerche è di comprendere meglio l’evoluzione tettonica e strutturale della cintura, principalmente focalizzandosi sia sulla comprensione dei meccanismi di esumazione e sulle modalità delle differenti unità metamorfiche, sia sulla geometria e la cinematica della tettonica principale discontinua (principali centrali di spinta, il sistema di distacco del Sud del Tibet, e localizzate nelle zone “di taglio” nelle unità nel nucleo delle unità cristalline). La migliore conoscenza dei fenomeni geologici, geofisici e glaciologici della catena HKKH (cioè dell’ Hindu Kush, Karakorum, Himalaya), contribuisce anche allo sviluppo di Sistemi Informativi Territoriali (GIS) e Sistemi di Supporto Decisionale (DSS) per prevenire e/o fronteggiare situazioni di crisi ed eventuali catastrofi naturali.
Ma restano aperti interrogativi legati anche alla constatazione che, dalla sua installazione la Piramide si è spostata di circa 1 metro in direzione Nord Est e il movimento continua con valori vicini ai 4 cm annui. Nel complesso l’Everest cresce di alcuni millimetri ogni anno e il costone roccioso su cui poggia si sposta di 4 cm: dati che evidenziano il movimento della placca tettonica indiana verso il continente asiatico. Quali impercettibili movimenti o quali terribili oscillazioni produce la crosta terrestre su cui si erge la montagna più alta del Pianeta?
Risposte potranno venire da un progetto a lungo inseguito da EvK2CNR e ora finalmente realizzatorealizzato: presso il Laboratorio Osservatorio Piramide è stata installata ed è operativa l’Everest Seismic Station – Pyramid, la stazione sismica dell’Everest. È la più alta del mondo ed è dotata di un sismometro digitale broadband in grado di scandagliare i movimenti della crosta terrestre dalla sommità della catena Himalayana.
Franco Pettenati e Claudio Cravos – rispettivamente ricercatore e tecnico dell’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste) – insieme a Gian Pietro Verza responsabile tecnico di EvK2CNR hanno coordinato l’equipe che in cinque giorni ha installato la stazione; un lavoro che si è svolto in constante collegamento con i ricercatori dell’Istituto a Trieste. Il sismometro installato rilevando le onde sismiche, misura il movimento del suolo himalayano rilevandone lo spostamento nel tempo, quindi la velocità.
«Grazie all’interazione tecnico scientifica del nostro partner NAST – ha dichiarato Franco Pettenati, responsabile scientifico del progetto – questa stazione andrà a completare la rete di stazioni del NSC (National Seismological Centre di Kathmandu) fornendo dati di peculiare importanza finora non disponibili sulla rete Nepalese».
L’Himalaya è il risultato della più grande collisione tra placche tettoniche, con la formazione dei monti più alti della Terra. «La stazione – aggiunge Pettenati – permetterà di studiare la Sagarmatha region, zona di grande interesse sismologico, caratterizzata da una alta velocità di scorrimento e teatro di uno dei più forti terremoti dell’area del secolo scorso. Ma è anche un osservatorio privilegiato per l’attività sismica asiatica».
La zona che circonda la catena Himalayana è stata sede di eventi sismici di notevole intensità; soltanto nell’ultimo secolo se ne ricordano alcuni disastrosi: nel 1897 e nel 1950 nella zona di Assam, nel 1905 nel Kangra. Il più disastroso probabilmente è stato quello del 1934, con epicentro non molto lontano dalla punto dove si trova la stazione (e a soli 15 km dal Monte Everest): si è infatti verificato un terremoto di magnitudo 8,1, che ha interessato una zona di quasi 200 km e ha causato oltre 10.000 morti tra le popolazioni nepalesi e indiane. Il progetto di EvK2CNR acquista ancora maggior rilevanza anche perché, nonostante sia un area strategica dal punto di vista scientifico e della sicurezza pubblica, non vi sono installati sismometri nel raggio di 100 Km.