Un nuovo tipo di sorgente di raggi X, chiamata STAR (Southern Europe Thomson source for Applied Research), è in corso di costruzione presso l’Università della Calabria a Cosenza. È un fatto importante per la ricerca italiana, cerchiamo di capire il perché.

Cominciamo con il parlare dei raggi X, onde elettromagnetiche dello stesso tipo della luce visibile o delle microonde dei telefoni cellulari ma molto più penetranti. Scoperti quasi per caso alla fine del 1800 da Wilhelm Roentgen, si sono subito imposti come un mezzo insostituibile per guardare all’interno delle cose, si trattasse del corpo umano o di pezzi meccanici. Oggi sono uno strumento fondamentale per la medicina, per la scienza di base e per la tecnologia e per produrli ci sono due tipi di strumento, i tubi a raggi X e i sincrotroni.



In entrambi i casi per produrre i raggi X si utilizza un fascio di elettroni che si propaga nel vuoto, ma i principi fisici coinvolti sono molto diversi. I tubi a raggi X sono strumenti semplici ed economico nel quali il fascio di elettroni viene lanciato contro un elemento metallico, il catodo, e a seguito della brusca frenata che subiscono gli elettroni emettono i raggi X.



In questo modo si producono raggi X di scarsa qualità nel senso che non è possibile controllare la loro lunghezza d’onda (l’equivalente del colore nel caso della luce visibile) e nemmeno la direzione di uscita dal momento che vengono emessi in tutte le direzioni. Molto più “raffinati” sono i raggi X prodotti con i sincrotroni dove gli elettroni, dotati di energie molto più grandi, si muovono lungo una traiettoria chiuse e ogni volta che cambiano direzione emettono raggi X lungo una direzione molto precisa e con caratteristiche ben definite. Il problema è che i sincrotroni sono grandi impianti dai costi molto elevati, molte centinaia di milioni di euro per costruirne uno. Una terza via, che si colloca a metà strada tra i tubi a raggi X e i sincrotroni, potrebbe essere quella basata su un principio fisico del tutto diverso, il cosiddetto “effetto Thomson” (da cui la T di STAR). Si tratta di inviare la luce prodotta da un laser contro il solito fascio di elettroni e questo fa si che la luce visibile del laser venga trasformata in radiazione X. Questo modo di generare i raggi X offre molti vantaggi. Innanzitutto bisogna osservare che le proprietà dei raggi X generati discendono direttamente da quella della luce del laser.



In virtù di questo, per controllare le proprietà dei raggi X generati è sufficiente agire su quelle della luce del laser, cosa molto più facile e conveniente da fare. Un altro aspetto molto interessante di sorgenti basate su questo principio fisico è che i costi, pur non essendo trascurabili, sono comunque enormemente inferiori rispetto ai sincrotroni, circa cento volte. Ovviamente, questo potrebbe aprire la possibilità di molte applicazioni ora impensabili. Pensiamo per esempio alla possibilità di disporre, al costo di uno strumento per la risonanza magnetica, di sorgenti di raggi X presso le strutture ospedaliere. Tornando alla macchina in costruzione in Calabria è bene ricordare che si tratta di un primo prototipo e che nel mondo vi sono pochissimi altri esempi di strumenti di questo genere, tutti comunque a livello di ricerca.

L’Italia in questo settore è più avanti degli altri perché presso i Laboratori Nazionali di Frascati, diproprietà dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), è già stata realizzata una macchina di questo tipo, chiamata SPARC. Quella che si sta realizzando in Calabria è una “sorella” della macchina di Frascati, e alla sua costruzione partecipano attivamente gli stessi ricercatori che hanno già realizzato SPARC. Tra le prime applicazioni di questa macchina ci sarà una stazione per acquisire immagini ad alta risoluzione delle parti interne di campioni biologici, e questa parte del lavoro sarà svolta insieme ai ricercatori del Sincrotrone di Trieste che hanno una lunga esperienza in questo campo.

Il progetto della macchina in costruzione a Cosenza è stato finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca utilizzando fondi europei destinati alle regioni del Sud. I titolari del finanziamento sono l’Università della Calabria, che si occupa della realizzazione dell’edificio e delle infrastrutture, e il CNISM (Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze Fisiche della Materia), che si occupa della costruzione della sorgente vera e propria.