Manipolare ed elaborare l’informazione associata non solo allo spostamento di cariche elettriche, come avviene tuttora, in questa era elettronica, ma anche quella associata allo spostamento di spin, della futura era spintronica. è un traguardo non ancora raggiunto ma che si sta avvicinando. E ad avvicinarlo contribuirà senz’altro una ricerca sulle celle fotovoltaiche di spin condotta dai ricercatori del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, in collaborazione con l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del Cnr, i cui risultati sono stati appena pubblicati sul prestigioso Nature Materials nell’articolo “Spin voltage generation through optical excitation of complementary spin populations”.



Che cos’è lo spin? È una proprietà fondamentale degli elettroni, prevista dalla fisica quantistica, in base alla quale un elettrone si comporta come un minuscolo ago magnetico, che può avere due diverse configurazioni: quella in cui il “polo nord” punta verso l’alto è chiamata “spin-up”, mentre nel caso contrario è detta “spin-down”. Ma come si arriva da qui a parlare di celle fotovoltaiche? «In effetti qualcosa che poteva essere denominato cella fotovoltaica di spin c’era già – ha detto a ilsussidiario.net Marco Finazzi, uno degli autori dello studio –  Era simile a una cella fotovoltaica tradizionale ma uno dei due elementi della giunzione era un semiconduttore magnetico, che è tale solo a temperature molto basse. La corrente di spin era associata a una corrente elettrica».



Qual è invece  la novità introdotta con le vostre ricerche?

La novità del nostro oggetto è che creiamo correnti puramente di spin, non abbiamo la conduzione della carica elettrica; inoltre questo avviene a temperatura ambiente, anzi a qualsiasi temperatura. È un design completamente diverso da quanto si è tentato di fare finora. Soprattutto è un oggetto concettualmente molto semplice e facile anche da realizzare: una striscia di platino su un semiconduttore. Illuminandola, si vede un segnale elettrico associato alla polarizzazione di spin degli elettroni: cioè su un lato c’è un accumulo di elettroni con spin up e sull’altro un accumulo di elettroni con spin down (un po’ come nelle pile chimiche, dove ai poli ci sono accumuli di carice positive e negative).



Il dispositivo è inoltre molto versatile nella sua realizzazione, in quanto si possono impiegare materiali molto eterogenei; fermo restando il fatto che ci vuole un semiconduttore, come il Germanio o l’Arseniuro di Gallio, per creare le due popolazioni di spin.

Quindi come si può definire questa vostra cella fotovoltaica di spin e cosa la differenzia da una cella fotovoltaica tradizionale?

La cella fotovoltaica di spin utilizza la luce per separare spin opposti, cioè per separare gli spin up da quelli down. Invece una cella fotovoltaica di quelle che tutti conosciamo separa cariche negative e positive (cioè elettroni e lacune). Si opera su caratteristiche diverse dei portatori di carica: nelle cella fotovoltaiche classiche tale caratteristica è la carica elettrica; nel nostro dispositivo è lo spin.

Con quale risultato?

Nel caso delle celle classiche l’esito è la produzione di corrente elettrica,. Nel nostro caso si produce un trasferimento di spin. Produrre corrente elettrica vuol dire spostare delle cariche, metterle in movimento. Noi invece spostiamo lo spin .

Alla fine cosa viene prodotto?

È difficile fare un paragone perché per la spintronica non esiste ancora veramente un equivalente di quello che è la pila in un circuito elettrico o in qualunque dispositivo elettronico di quelli che maneggiamo ogni giorno (basti pensare alle piccole celle fotovoltaiche che alimentano alcune calcolatrici). I dispositivi e i circuiti spintronici non hanno ancora la loro “pila”. Con la nostra ricerca noi abbiamo cercato di fornire questo elemento, che dovrebbe essere in grado di alimentare un circuito spintronico così come una cella fotovoltaica alimenta un circuito elettronico.

Per quali applicazioni?

Non possiamo ancora parlare di circuiti spintronici presenti sul mercato; siamo ancora nella fase di valutazione delle potenzialità di questi oggetti. Si tratta di dispositivi ipotetici e di sistemi che non sono ancora sviluppati con lo stesso grado di complessità dei circuiti elettronici. Il motivo principale è che, per quanto ho detto prima, è difficile creare una corrente di spin. Ma proprio su questo credo che il nostro contributo possa essere prezioso, in quanto abbiamo fornito alla comunità scientifica il generatore per i futuri circuiti spintronici.

Da parte vostra sembra che vi stiate orientando verso la opto-spintronica. Di che si tratta?

Circuiti opto-spintronici sono quelli nei quali luce, cariche elettroniche e spin potranno interagire, dove quindi le funzionalità spintroniche “dialogano” con la luce generando ad esempio gli spin-laser dei quali si parla da qualche tempo. Il nostro gruppo è ora in contatto col gruppo del professor Igor Zutic dell’università di Buffalo, che sta proprio lavorando sugli spin-laser e ha trovato molto interessanti i nostri risultati. Stiamo quindi cercando di capire se l’oggetto che abbiamo realizzato può servire alla realizzazione di una sorgente laser che funzioni con meno potenza di un diodo laser tradizionale.