La Giornata Mondiale dell’Ambiente (World Environment Day) quest’anno è decisamente proiettata con la sguardo in avanti. Nel giorno che ormai dal 1972 intende puntare l’attenzione sui temi ecologici e ambientali, siamo sollecitati a traguardare alcuni appuntamenti che potrebbero rappresentare delle tappe importanti nella comune consapevolezza delle esigenze della tutela ambientale e della necessità di azioni concrete in quella direzione, sia come singoli che come società civile.



Due in particolare ci sembrano i momenti da tenere d’occhio; molto diversi tra loro ma non privi possibili interazioni. Il primo è il doppio appuntamento che porterà i delegati degli stati aderenti all’Onu (e tutto il variopinto corteo ambientalista mondiale) alla conferenza COP 20 di Lima, in dicembre, e alla COP 21 di Parigi un anno dopo.



Le precedenti edizioni di questi appuntamenti, per quarant’anni hanno scandito le tappe del processo negoziale avviato alla Conferenza di Rio con la costituzione dell’UNFCCC, l’organismo Onu che si occupa dei cambiamenti climatici; all’interno di questo processo, nel 1997 era stato approvato il Protocollo di Kyoto, il primo trattato internazionale che impegna i Paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas serra. Ora però il Protocollo è scaduto e si parla di un nuovo trattato, del quale però non si vedono ancora i contorni.

Dopo diciannove COP (Conference of the Parties), pochi scommettono sulle possibilità che questi eventi possano generare reali fenomeni di cambiamento: partiti con grande euforia e carichi di aspettative, sono diventati ultimamente degli stanchi ed estenuanti rituali, con ridotte capacità di incidenza e con la diffusione di messaggi confusi o superficiali, dove si mescolano semplicisticamente gli aspetti scientifici con quelli economici, politici e, più facilmente, emotivi. 

Tra quelli che ancora vogliono scommettere sulla riuscita della COP 21 c’è senz’altro il governo francese, al quale non dispiacerebbe legare il nome di Parigi al nuovo Protocollo globale che potrebbe nascere sotto la Torre Eiffel per entrare trionfalmente in vigore nel fatidico 2020, anno di riferimento per la politica ambientale europea.

Per far questo i francesi e i loro supporter si aggrapperanno a quei pochi brandelli positivi usciti dalla COP 19 di Varsavia: come l’approvazione dei meccanismi “REDD+” (Reduced Emissions from Deforestation and Degradation), o il nuovo dispositivo “Loss & Damage”, che consente ai Paesi in via di sviluppo più vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale di ricevere fondi per rimediare ai danni dei cambiamenti climatici. Questi e altri piccoli passi potranno essere irrobustiti alla COP di Lima, cercando di rendere un po’ più vincolanti per i singoli Paesi le decisioni e gli impegni assunti. Ma resta una corsa tutta in salita.

Anche per questo, chi punta al successo della COP di Parigi, oltre a curare gli aspetti politici e diplomatici, farà bene a prestare ancor più attenzione a quanto emergerà dall’altro dei due momenti che desideriamo indicare. Ci riferiamo alla preannunciata Enciclica sui temi della povertà e dell’ambiente, che Papa Francesco starebbe preparando per il prossimo autunno. Non sarà certo un documento da cui trarre meccanicamente soluzioni tecniche o politiche ma c’è da aspettarsi l’indicazione dei fondamenti sui quali costruire un discorso sull’ambiente che abbia qualche speranza di risultare efficace perché non parziale, non velleitario e rispettose delle reali esigenze dell’uomo.   

Un anno fa, proprio in occasione della Giornata dell’Ambiente, papa Francesco – riprendendo temi già indicati dai suoi predecessori – aveva fatto una forte sottolineatura del concetto dell’uomo come custode e coltivatore del creato, evidenziando tutta la positività e la carica innovativa contenuta in questa definizione. «Che cosa vuol dire coltivare e custodire la terra? Noi stiamo veramente coltivando e custodendo il creato? Oppure lo stiamo sfruttando e trascurando? Il verbo “coltivare” mi richiama alla mente la cura che l’agricoltore ha per la sua terra perché dia frutto ed esso sia condiviso: quanta attenzione, passione e dedizione! Coltivare e custodire il creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia, ma a ciascuno di noi; è parte del suo progetto; vuol dire far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un giardino, un luogo abitabile per tutti».  

Il pontefice ha rilanciato l’urgenza di una “ecologia umana”, che è la prospettiva assente in molti proclami e in molte battaglie ambientaliste e che invece potrebbe dare a tali battaglie tutto il loro vero valore e renderle veramente efficaci. «”coltivare e custodire” non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. I Papi hanno parlato di ecologia umana, strettamente legata all’ecologia ambientale. Noi stiamo vivendo un momento di crisi; lo vediamo nell’ambiente, ma soprattutto lo vediamo nell’uomo. La persona umana è in pericolo… Ecco l’urgenza dell’ecologia umana! E il pericolo è grave perché la causa del problema non è superficiale, ma profonda: non è solo una questione di economia, ma di etica e di antropologia».

L’augurio per questo World Environment Day è che, tra i documenti preparatori dei prossimi appuntamenti ecologici internazionali, queste parole trovino posto. E ascolto.