Riuscire a localizzare e a seguire i movimenti di vari tipi di animali è un’operazione che assume una precisa rilevanza in alcune aree di ricerca scientifica: si pensi alla medicina, alla biologia e alla farmacologia che basano molti dei loro lavori sullo studio del comportamento animale. In particolare, nella farmacologia l’adozione di soluzioni di tracciamento (tracking) per le analisi comportamentali di piccoli animali può risultare fondamentale per indagare gli effetti di specifiche malattie o per testare nuovi farmaci e vaccini indirizzati poi agli uomini. Il successo di tali analisi dipende molto dalla capacità dei ricercatori di identificare e tenere sotto controllo istante per istante ogni animale nella sua gabbia o nel suo habitat.
Gli esempi e gli strumenti tecnologici utilizzabili in generale per il monitoraggio di gruppi di animali sono molti. Basti pensare ai vari documentari o alle sequenze di celebri film che mostrano l’impiego dei sistemi GPS per la localizzazione delle foche in Antartide o dei radar per seguire gli spostamenti delle mandrie di bovini nelle praterie. Questi però sono sistemi validi per animali di grandi dimensioni e in ambienti aperti; non vanno bene per studiare i dettagli del comportamento di piccoli animali da laboratorio, dove è richiesta una granularità della misurazione dell’ordine del centimetro e dove i dispositivi utilizzati devono essere poco invasivi e di piccole dimensioni.
Per questi si rivela molto più adatta la tecnologia RFID passiva in banda UHF, che si sta dimostrando una tecnologia matura e applicabile in molti contesti anche eterogenei. Di questa e dei suoi recenti e interessanti sviluppi parlano Luigi Patrono e Luca Catarinucci, del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento di Lecce in un recente approfondimento online della rivista specializzata Automazione e Strumentazione.
I sistemi RFID (Radio Frequency IDentification) sono una delle tecnologie balzate alla ribalta impetuosamente verso la fine del secolo scorso, alla convergenza tra elettronica, telecomunicazioni e informatica e con una varietà di applicazioni che continua a espandersi senza soste. In particolare la RFID passiva in banda UHF (Ultra High Frequency) sembra adatta in modo speciale per i piccoli laboratori: è compatibile con lo standard internazionale EPC Class1Gen2 e assicura la lettura multipla e simultanea di molte tag RFID (le tag sono in pratica i sensori-trasmettitori che compongono il sistema RFID); si va dalle 100 a 1500 tag che quindi possono monitorare un’intera colonia di piccoli animali.
La diffusione delle applicazioni della RFID in banda UHF, soprattutto nell’ambito della logistica e della movimentazione industriale ne ha fatto cogliere le notevoli potenzialità e i vantaggi anche in termini di costi-prestazioni e ha favorito lo sviluppo di ricerche anche in altri ambiti, come quello del tracking di animali da laboratorio di cui si sono occupati Patrono e Catarinucci.
In verità i due ricercatori osservano che non mancavano le proposte di utilizzo di tecnologia RFID per questi scopi. Ad esempio, un gruppo guidato da Mareike Kritzler ha proposto un sistema basato su tecnologia RFID in banda LF (Low Frequency) «che però – osservano i due scienziati pugliesi – realizza un “semi-natural environment”. In altre parole, il sistema, proprio perché basato su tecnologia RFID in banda LF, è capace di tracciare il movimento delle cavie solo e unicamente forzando quest’ultime a transitare in percorsi obbligatori. Oltre, tale soluzione non è in grado di leggere contemporaneamente più animali taggati nella stessa posizione». Queste limitazioni vanno ad alterare l’efficacia dello strumento di analisi comportamentale.
La recente attività di ricerca applicata condotta dai due laboratori IDA Lab e EML2 dell’Università del Salento, in collaborazione con il Dipartimento di Farmacologia dell’Istituto Superiore di Sanità (Roma) ha permesso invece di definire e sviluppare un innovativo sistema di tracking prototipale basato su tecnologia RFID passiva in banda UHF, capace di monitorare e analizzare il comportamento di animali da laboratorio, come topi e ratti, senza in alcun modo influenzarne il normale comportamento; riuscendo quindi a realizzare quello che si può definire uno smart natural environment.
Ipotesi fondamentale è stata quella di impiantare in modo sottocutaneo ai topi dei tag RFID commerciali passivi in banda UHF di tipo Near Field. Il sistema proposto è composto da due macro-componenti: una hardware e una software. La prima è costituita da un insieme di antenne RFID opportunamente progettate capace di garantire un’accurata localizzazione dei topi che si muovono nella gabbia; ogni cella elementare di localizzazione ha le dimensioni di 12 x 12 cm). La seconda è caratterizzata da un sistema di acquisizione, un algoritmo correttivo ed una Web application che fornisce un cruscotto statistico completo capace di sintetizzare significativamente l’analisi comportamentale degli animali nella smart gabbia sotto osservazione.
I primi test funzionali e prestazionali hanno dimostrato l’elevata efficacia e l’efficienza del sistema proposto. Inoltre, si è potuto dimostrare che l’impianto di tag passivi RFID nelle cavie non crea problemi o disagi agli stessi animali, oltre al fatto che continuano a funzionare perfettamente. Peraltro tutta la sperimentazione è stata approvata del Ministero della Sanità e condotta seguendo le procedure approvate dallo stesso Ministero in accordo col Decreto Legislativo 116/92 che implementa la Direttiva Europea 86/609/EEC sulla protezione degli animali da laboratorio.