L’acceleratore LHC in questo periodo è spento ma i fisici che ruotano attorno al Cern non sono disoccupati. Anzi. C’è grande fermento, sia tra i teorici sia tra gli sperimentali.

I primi oscillano tra vecchia e nuova fisica. Da un lato c’è l’esigenza di un raffinamento del cosiddetto Modello Standard, che ora si è arricchito della particella di Higgs scoperta nel luglio di due anni fa: era quello che mancava per dar ragione della presenza della massa di tutte le particelle, ma scoprire il bosone di Higgs non è stato sufficiente per spiegare nei dettagli la modalità con la quale la particella opera.



Dall’altro lato si devono esaminare gli strani indizi che sembrano invocare un superamento del Modello e suggeriscono l’elaborazione di un nuovo scenario dominato dalla supersimmetria. Anche in questo caso però le cose non sono così semplici. C’è addirittura chi, come Joe Lykken e Maria Spiropulu su Le Scienze del mese scorso, parla apertamente di possibile “crisi” della fisica e comunque di una situazione di “panico” tra i fisici teorici, preoccupati dl fatto che i pur brillanti risultati di LHC non sembrano per ora fornire appoggi ai diversi modelli supersimmetrici finora costruiti. Se questa mancanza di conferme dovesse protrarsi, la situazione potrebbe diventare imbarazzante per chi sta cercando di capire come è fatto, nei suoi fondamenti, il mondo materiale.



Dal canto loro gli sperimentali stanno svolgendo un formidabile lavoro di analisi e di valutazione della enorme quantità di dati che LHC ha fornito nel suo primo “run”, cioè nel primo ciclo di funzionamento alle alte energie con collisioni protone-protone a 7 e 8 TeV di energia nel centro di massa. Anche qui si alternano possibili conferme e aperture di nuove ipotesi. I gruppi che hanno condotto gli esperimenti, in questi mesi stanno dando annunci di risultati interessanti sia sulle riviste specializzate che in alcuni meeting internazionali.

Così, l’esperimento LHCf ha pubblicato su Physical Review C i primi risultati degli studi di produzione di particelle neutre nelle interazioni tra protoni e nuclei di piombo ad altissima energia: è la prima volta che viene esplorata una regione così avanzata e i risultati sono determinanti per comprendere i meccanismi di interazione dei raggi cosmici di altissima energia con l’atmosfera. Inoltre LHCf, grazie alla sua capacità di studiare le collisioni a piccolo angolo, ha fornito risultati preziosi per comprendere i meccanismi dell’interazione forte che lega gluoni e quark all’interno delle particelle pesanti (gli adroni) nel contesto della quantocromodinamica soft .



Anche la collaborazione CMS, uno dei due gruppi che hanno rivelato il bosone di Higgs, ha prodotto una prima serie di risultati relativi alle misure delle proprietà della nuova particella. Agli inizi di luglio a Valencia (Spagna), nel corso della 37esima International Conference on High Energy Physics, la più grande conferenza biennale di fisica delle particelle, i fisici di CMS hanno presentato un ampio repertorio di analisi sul set completo di dati raccolti durante il primo run di LHC.

Il bosone di Higgs quasi subito dopo essere stato prodotto decade in una coppia di particelle più leggere: uno di questi “canali di decadimento” è quello in cui il bosone si trasforma in due fotoni. L’analisi dei due fotoni svolta da CMS completa le misure e permette una combinazione preliminare di tutti i canali di decadimento finora osservati per estrarre la massima informazione possibile sulle proprietà dell’Higgs, compresi i suoi accoppiamenti alle particelle fondamentali. Il segnale osservato è in perfetto accordo con i calcoli più accurati di Modello Standard.

E non poteva mancare all’appello ATLAS, l’altro gruppo scopritore dell’Higgs. In un recente articolo su Physical Review Letters, sviluppando quanto già anticipato nel marzo scorso durante i periodici “Rencontres de Moriond”, i fisici di Brookhaven, Lawrence Berkeley National Laboratory, Michigan State University e Technische Universität di Dresda hanno prodotto importanti evidenze di un processo molto raro che coinvolge i bosoni W (quelli scoperti dal Carlo Rubbia negli anni ’80) e che potrebbe svelare il meccanismo attraverso il quale la particella di Higgs conferisce la massa a tutte le altre particelle fondamentali. È un po’ come andare dietro le quinte del meccanismo elaborato da Higgs altri fisici cinquant’anni fa e potrebbe permettere di alzare il sipario su una delle fasi più delicate dalla storia dell’intero universo.

Per dipanare questo come molti degli altri dilemmi aperti dalle scoperte del 2012, servono altri esperimenti che coinvolgano energie più elevate. Ma non resta che attendere qualche mese. Ormai ci siamo. Al Cern sono iniziati i preparativi per la ripartenza di LHC, prevista per l’inizio del 2015. Sarà il secondo “run” della macchina, che durerà tre anni e che prevede il funzionamento dell’acceleratore a energia quasi doppia e a luminosità ancora maggiore rispetto a prima. Alla metà di giugno è stata chiusa l’ultima interconnessione tra i magneti e nei giorni scorsi è iniziato anche il raffreddamento della grande macchina: uno degli otto settori in cui è suddiviso l’anello dell’acceleratore è già stato raffreddato alla temperatura di esercizio. Nel frattempo, durante i mesi della pausa tecnica, anche gli apparati sperimentali, cioè i rivelatori di particelle collocati lungo i 27 chilometri del tunnel dove si scontrano i protoni, hanno apportato modifiche per migliorare le loro performance. Presto quindi i fisici teorici avranno nuovi dati per i loro modelli; o nuovi motivi per un panico generalizzato.