Dovrebbe essere discussa oggi dall’assemblea di Palazzo Madama la conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante “disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea”. Peccato che tra i vari documenti acquisiti dal Senato non trovi posto un documento sottoscritto congiuntamente da sei Società Scientifiche e Accademie e inviato il 14 luglio alle Commissioni Parlamentari del Senato che stavano esaminando il DDL 1541.
Il documento stigmatizza le sanzioni penali, pecuniarie e aggiuntive previste nel comma 8 dell’art. 4 per chi viola i divieti di coltivazione, che al momento si applicano al solo mais transgenico resistente alla piralide. Il documento afferma che le sanzioni «rappresentano un’abnormità che non ha paragoni e che paradossalmente colpisce chi coltiva una varietà con maggiori benefici e minori rischi di quelle convenzionali o biologiche». La mancata acquisizione da parte del Senato va di pari passo con la cortina di silenzio che ha circondato il documento stesso. Ed è strano perché, trattandosi di un argomento con una forte rilevanza scientifica, le osservazioni delle Associazioni degli scienziati dovrebbero costituire un elemento almeno di attenzione e di attenta analisi.
Le società che denunciano l’assurdità delle sanzioni contro la coltivazione di mais transgenico previste nel DDL1541 rappresentano circa 20.000 ricercatori; si tratta in particolare di: Accademia Nazionale di Agricoltura, Federazione Italiana Scienze della Vita (FISV), Accademia dei Georgofili, Unione Nazionale delle Accademie italiane per le Scienze Applicate allo Sviluppo dell’Agricoltura, alla Sicurezza Alimentare e alla Tutela Ambientale (UNASA), Società Italiana Biologia Vegetale (SIBV), Società Italiana Genetica Agraria (SIGA); un altro documento dello stesso tenore è stato mandato alle commissioni da parte dell’Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie (AISSA).
Cosa dicono in sostanza i ricercatori? Dicono che «il comma citato di fatto riguarda solo il mais Bt Mon810, che è coltivato oggi in Europa su circa 150.000 ettari e su circa 5 milioni di ettari in tutto il mondo con notevoli benefici ambientali, sanitari ed economici. Riduce l’uso di insetticidi, limita il danno da insetti (e quindi riduce il contenuto di una classe di micotossine associate, tra l’altro, a tumori all’esofago e difetti congeniti come la spina bifida) e aumenta la produzione. Questo mais è importabile liberamente in Europa e anche in Italia e quindi non esistono dubbi sulla sua sicurezza. Invocare qualche possibile danno verso lepidotteri come misura per bloccarne la coltivazione è risibile e non rappresenta affatto il consenso nazionale o internazionale degli scienziati del settore».
C’è ad esempio il caso della Spagna dove il Ministero dell’Ambiente ha dichiarato che non esiste alcun problema con la coltivazione di tale mais: «la coltivazione di 136.000 ettari con questo mais, cioè un terzo della superficie dedicata al mais in Spagna, significa che la coesistenza è possibile, a dispetto di ogni teoria che affermi il contrario».
Il documento fa quindi notare che l’accanimento contro la coltivazione delle piante transgeniche (i cosiddetti OGM) senza bloccarne le importazioni rappresenta una ipocrisia. I dati ufficiali della FAO infatti dicono che l’Italia importa ogni anno 4 milioni di tonnellate di soia e derivati, transgenici nella quasi totalità, senza i quali il nostro sistema agroalimentare non potrebbe produrre larga parte delle eccellenze di cui siamo fieri.
Secondo il presidente della FISV, professor Felice Cervone, «penalizzare la migliore scienza italiana e dell’Unione Europea a favore di strategie di marketing discutibili non è una scelta vincente né tantomeno capace di rilanciare la competitività. La vera crescita economica di lungo periodo si basa sull’innovazione e sulla creazione di un valore aggiunto dei prodotti e dei processi, non sul mero marketing. Ci sono settori di produzione che credono di attribuire valore ai propri prodotti attraverso il discredito immotivato, irrazionale, e soprattutto ingannevole, di una tecnologia. È inammissibile che lo facciano pretendendo di avere la scienza dalla loro parte».
Il fatto che le commissioni competenti abbiano rifiutato un’audizione richiesta dagli scienziati è considerato molto grave dal professor Cantelli Forti, presidente dell’Accademia Nazionale di Agricoltura; «e ancor più grave che non abbiano neanche acquisito il nostro documento agli atti. Se il parlamento decidesse di approvare la norma così come è si tratterebbe di una decisione esclusivamente politica e antiscientifica».