Cento anni fa, il 15 agosto 1914, mentre l’Europa stava per sprofondare nella tragica follia della grande guerra, una nave cargo americana, la SS Ancon, apriva ufficialmente il Canale di Panama. Non era la prima a percorrere gli 82 chilometri navigabili che collegano Atlantico e Pacifico: un viaggio non ufficiale era stato compiuto 12 giorni prima da una nave a vapore simile, la Cristobal, mentre un’imbarcazione francese aveva percorso il canale a tappe durante la costruzione. Comunque la data dell’anniversario è il ferragosto e a Panama sono già iniziati i festeggiamenti che culmineranno venerdì, in un clima in parte di soddisfazione, in parte di preoccupazione. Soddisfazione per la recente firma dell’accordo finale tra l’Autorità del Canale di Panama (Acp) e il consorzio Grupo Unidos por el Canal (Gupc) – guidato dalla italiana Salini Impregilo – che ha sbloccato definitivamente il finanziamento per il completamento dei lavori di ampliamento della celebre via d’acqua centroamericana. L’ampliamento si era reso necessario per le esigenze del traffico marittimo moderno. Lungo il Canale transitano ogni anno oltre 13.000 imbarcazioni; ma non riescono a passare le navi cosiddette post-Panamax: le dimensioni massime delle navi che possono attraversare il canale attuale sono 294,1 metri di lunghezza per 33,5 metri di larghezza, con un pescaggio massimo di 12,8 metri e che possono essere caricate con poco più di 4.000 container. Le supercargo che dovranno transitare tra i due Oceani prossimamente saranno riempite con oltre 13.000 container e supereranno i 360 per 55 metri, con un pescaggio di oltre 18 metri. Il progetto di espansione del Canale, detto Terzo set di chiuse, triplicherà la capacità di trasporto con la creazione di una nuova corsia di traffico, con la costruzione di nuove camere di chiuse, con l’ampliamento e approfondimento dei canali esistenti. Tutto questo grazie a gigantesche paratoie scorrevoli, progettate e realizzate in Italia, e a un complesso meccanismo di aperture e chiusure di camere d’acqua in grado di portare le navi da un oceano all’altro superando il dislivello di 27 metri del lago Gatun, il lago artificiale più grande del mondo. Un’opera di alta ingegneria, come del resto lo era stata quella realizzata un secolo fa. Alla fine dell’800, l’idea di collegare via acqua i due Oceani aveva preso corpo sull’onda dei progressi dell’ingegneria civile. L’idea in verità era molto più antica: sembra che già l’imperatore Carlo V avesse immaginato di tagliare l’istmo di Panama e avesse fatto studiare un possibile tracciato. Ma la tecnologia non era pronta. Solo dopo la realizzazione del Canale di Suez l’impresa iniziò a sembrare concretamente fattibile. Il progetto originario del canale risale al 1879 ed ebbe tra i suoi promotori uno dei più celebri ingegneri civili del momento, appunto il costruttore del Canale di Suez, il francese Ferdinand de Lesseps; anche se il suo progetto, stranamente, non prevedeva l’impiego di chiuse. Fu un progetto fallimentare. Così come fu un vero disastro, anche finanziario, quello del suo successore, l’altra star della tecnologia d’oltrAlpe Gustave Eiffel.



Per una quindicina d’anni non se ne riparlò. Poi gli Stati Uniti ottennero l’affitto perpetuo della Zona del Canale e l’autorizzazione a iniziare i lavori che furono intrapresi dal genio militare statunitense nel 1904 seguendo i progetti del colonnello Gothal, inventore del sistema di chiuse. Furono queste a risolvere il principale problema tecnico, cioè il superamento dell’altopiano interno, superato anche grazie alla la costruzione di una diga che ha dato origine al Lago Gatun, il secondo bacino artificiale del mondo con i suoi 424,8 kmq. Il canale interoceanico inizia quindi sul mar delle Antille e dopo 23 km al livello del mare raggiunge le conche di Gatùn, che lo innalzano a 27 metri; attraversa il grande lago per poi penetrare nella trincea della Culebra, il cosiddetto “taglio di Gaillard”(dal nome di uno dei costruttori), fino a raggiungere Pedro Miguel, dove altre chiuse lo fanno scendere a 16,50 m; finché le chiuse di Miraflores lo riportano al livello marino. Si è detto che i festeggiamenti per il centenario dell’impresa saranno segnati anche da un velo di preoccupazione. Sì, perché un mese fa il presidente del vicino Nicaragua Daniel Ortega e l’uomo d’affari cinese Wang Jing hanno siglato un accordo che dà il via libera alla realizzazione di un mega progetto da 40 miliardi di dollari per la costruzione di un altro canale interoceanico che entrerà in piena concorrenza col rinnovato canale panamense. Il tracciato è già stato definito: è lungo 278 chilometri, il triplo di panama, e partirà dalla foce del fiume Brito sul Pacifico per dirigersi verso la città di Rivas, attraversare per 105 chilometri il Lago Nicaragua e poi lungo i fiumi Tule e Punta Gorda arrivare nel Mar dei Caraibi. Essendo di recente progettazione, è già calcolato per le esigenze della logistica marina del XXI secolo; quindi sarà più largo e spazioso, tra gli 80 e i 500 metri, e consentirà il transito di super portacontainer con un carico di oltre 200mila tonnellate. I lavori dovrebbero partire nel dicembre prossimo e l’inaugurazione dovrebbe avvenire nel 2020; è prevedibile che non sarà a ferragosto.

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