Dai fenomeni disordinati possono derivare applicazioni pratiche più efficaci e utili di quelle ottenute seguendo unicamente criteri di ordine e regolarità. Sono le possibilità aperte dalla scienza della complessità, che sta spalancando ai ricercatori di tutte le discipline nuovi mondi e nuovi orizzonti prima impensabili. Una testimonianza recente viene dall’Istituto dei Sistemi complessi (ISC-CNR) e dall’Istituto per i Processi fisico chimici (IPCF-CNR) del CNR che, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), il Dipartimento di Fisica della Sapienza e l’Università del Wisconsin, hanno studiato un nuovo tipo di fibra ottica che promette prestazioni superlative grazie a una concezione innovativa basata sul disordine strutturale.
L’hanno descritta sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature Communications i fisici Marco Leonetti, Salman Karbasi, Arash Mafi e Claudio Conti; quest’ultimo, Direttore dell’Istituto di Sistemi Complessi del CNR, ne ha parlato a ilsussidiario.net.
Perché siete così interessati al disordine?
Perché la natura è più disordinata che ordinata e noi siamo ampiamente circondati da sistemi complessi, composti da tanti elementi e prevalentemente disordinati. In particolare ci sono tanti effetti fisici che sono dovuti al disordine. Uno di questi è uno dei fenomeni fisici che ha dato origine alla fisica della complessità è quello studiato da Anderson oltre 50 anni fa e ci dice che se un sistema è disordinato può localizzare le onde. Si pensi ad esempio a una particella in un flipper che ribalza da tutte le parti ma resta localizzata in una certa zona; viceversa una particella che corre in un mezzo omogeneo piano senza ostacoli e può realizzare qualunque tipo di onda. Noi abbiamo applicato il principio di Anderson alla fotonica per realizzare nuove fibre ottiche.
In quale filone di ricerche si inseriscono quindi le vostre?
C’è una disciplina in particolare che è la fotonica dei sistemi complessi, che tende a utilizzare la fotonica per nuove applicazioni in diagnostica medicina o per nuove tecniche di spettroscopia nelle quali si riesce a far propagare la luce entro sistemi disordinati come ad esempio la pelle umana o un muro Oggi c’è molta ricerca in questo ambito e noi partecipiamo a questi studi.
Come si presenta la nuova fibra ottica che avete studiato?
Se pensiamo alle fibre ottiche standard possiamo, semplificando, immaginarci la struttura di un bucatino nella quale passa un raggio di luce. Se voglio far passare tanti raggi di luce, una tecnica possibile è di prendere una manciata di spaghetti e impacchettarli uno accanto all’altro. Ora, se li si impacchetta in modo disordinato – come degli spaghetti rovesciati su un piano, o come dei fiammiferi sparpagliati in una scatola – grazie all’effetto Anderson si riescono a creare tante localizzazioni, cioè tanti canali trasmissivi.
Ma come è possibile ottenere un effetto pratico da un fenomeno disordinato? Bisogna ripassare dal disordine all’ordine?
Non necessariamente. Consideriamo l’uscita di una fibra ottica: se la fibra è ordinata si vede un unico spot, un unico fascio luminoso; se è disordinata se ne vedono tanti, e sono ben distinti perché sono localizzati e non sovrapposti; così si possono estrarre uno ad uno. Nel nostro lavoro abbiamo fatto una cosa ancor più complicata: abbiamo mostrato che operando in un certo modo riusciamo ad avere un fascio ancor più localizzato e facendo interferire queste localizzazioni si riesce ad aumentare il grado di focalizzazione della luce che era poi l’obiettivo del lavoro. Siamo partiti da un sistema che supporta tanti puntini luminosi, l’abbiamo eccitato in modo opportuno e abbiamo combinato tutte le localizzazioni ottenendo un fascio molto focalizzato, particolarmente utile per alcune applicazioni.
Quindi non si tratta di passare dal disordine all’ordine, quanto piuttosto di gestire adeguatamente il disordine ….
Sì. Si tratta di controllare il disordine. Anche perché il disordine è più ricco dell’ordine: basta riflettere sul fatto che una cosa ordinata la possiamo fare in un solo modo mentre una disordinata si può fare in tanti modi diversi, compreso quello ordinato. Un sistema disordinato può dar luogo a molte più funzionalità.
Veniamo quindi alle possibili applicazioni. Nei vostri articoli ne citate due.
Una è nelle telecomunicazioni. Oggi abbiamo quasi raggiunto il limite della trasmissione di informazioni tramite fibre ottiche ma le esigenze delle comunicazioni attuali – si pensi alle immagini 3D – crescono: come fare quindi a mettere più luce all’interno di una fibra? Le nostre fibre riescono a guidare tanti canali invece di uno solo e lo fanno meglio grazie proprio al meccanismi di localizzazione descritto prima. Quindi il vantaggio applicativo nelle telecomunicazioni è di poter mettere più canali all’interno di una fibra.
E la seconda area applicativa?
È quella in medicina e chirurgia ed è un po’ più complicata. Si vuole focalizzare la luce al massimo dei limiti fisici. Con una fibra standard si riesce ad ottenere un fascio focalizzato da circa 10 micron a più o meno un centesimo di un capello; con queste nuove fibre si può arrivare anche a frazioni di micron. Quindi, nel caso della fibra ottica usata per i cosiddetti bisturi laser, si ottiene un bisturi molto più preciso; con i vantaggi facilmente immaginabili specie negli interventi molto delicati.
Quando sarà possibile vedere applicate queste soluzioni?
Per ora abbiamo ottenuto l’evidenza numerica e sperimentale che la localizzazione di Anderson in fibre disordinate consente di ottenere elevate proprietà di focalizzazione. Ora, proprio in questi giorni, stiamo preparando le proposte per partecipare a bandi anche europei per sviluppare dei progetti che arrivino a produrre dei dispositivi efficaci.
(Mario Gargantini)