L’esperimento Borexino, che studia i neutrini solari nel laboratorio sotterraneo del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha misurato per la prima volta l’energia totale emessa dal Sole così com’è ora. Finora l’energia solare è stata valutata misurando la luminosità solare, cioè i fotoni emessi dal Sole, che illuminano e scaldano la Terra. Ma tale valutazione si riferisce all’energia prodotta dal Sole centomila anni fa, cioè il tempo necessario a questa energia per sfuggire dalla materia solare sotto forma di fotoni. Borexino invece ha valutato l’energia solare misurando il flusso di neutrini provenienti dal Sole, i quali impiegano solo alcuni minuti per uscire dalla materia solare.



L’energia solare è prodotta da una catena di reazioni nucleari, che hanno come capostipite la fusione fra due nuclei di idrogeno, la cosiddetta reazione p-p (protone-protone), che produce il 99% di tutta l’energia prodotta dal Sole (3.84 × 1033 erg al secondo). Queste reazioni emettono anche neutrini, misurando i quali si può risalire alla frequenza delle reazioni che li producono e quindi, essendo nota l’energia prodotta da ogni singola reazione, all’energia totale emessa dal Sole.



La misura di questi flussi dei neutrini solari è molto difficile sia perché le interazioni di neutrini rilevabili sono molto poche sia perché l’energia dei neutrini è estremamente bassa. I neutrini interagiscono molto raramente con la materia e possono quindi attraversare indisturbati non solo il Sole, ma anche l’Universo. Di conseguenza, malgrado i neutrini che il Sole invia sulla Terra siano 60 miliardi per secondo e per centimetro quadro, il numero di interazioni in un rivelatore come Borexino (300 metri cubi di materiale rivelante, cioè scintillatore liquido), è solo di poche decine al giorno. Questa è la ragione per la quale questi esperimenti sono istallati sottoterra, onde schermarsi dai raggi cosmici, che altrimenti con le loro interazioni maschererebbero quelle dovute ai neutrini.



Le difficoltà create dalla bassa energia sono molto più difficili da risolvere, a causa della presenza della radioattività naturale in qualunque materiale, e quindi anche in quelli utilizzati per la costruzione dei rivelatori. Prima di Borexino gli esperimenti che studiavano i neutrini solari accettavano solo eventi di neutrini con energie superiori all’energia massima propria delle radiazioni di origine radioattiva. In tal modo prima di Borexino era stata studiata solo la coda verso la parte più alta dell’energia, corrispondente a circa un decimillesimo di tutto il flusso. 

Borexino, attraverso un programma di Ricerca e Sviluppo durato almeno 5 anni, è riuscita a realizzare le tecnologie necessarie per abbattere a livelli mai raggiunti prima la radioattività naturale nel rivelatore. Quindi mentre gli esperimenti che l’hanno preceduto potevano osservare solo energie superiori a circa 5 miliardi di elettronvolt, Borexino è riuscito ad abbassare la soglia di rivelazione a circa 20.000 elettronvolt. Questo ha permesso la misura di quasi tutti i flussi di neutrini emessi dalle varie reazioni nucleari che hanno luogo all’interno della nostra Stella.

La reazione capostipite di fusione di due nuclei di idrogeno è una delle più difficili da studiare perché produce un flusso di neutrini caratterizzato dalla massima intensità, ma anche dalla minima energia. Ora però l’esperimento Borexino è riuscito a misurarla, suscitando estremo interesse non solo nella comunità dei fisici, ma anche in quella degli astrofisici. Infatti questo risultato è da un’importante conferma delle previsioni del Modello Solare e, confrontato con la misura dell’energia attraverso la luminosità, mostra un buon accordo. Questo significa che la ricostruzione delle vicissitudini dei fotoni che attraversano la materia solare in 100.000 anni è corretta e che il Sole non ha cambiato in tutto questo tempo la sua produzione di energia.

Ma questo studio fornisce anche la prima misura del fenomeno dell’oscillazione dei neutrini nel vuoto, mentre finora si conosceva sperimentalmente solo l’oscillazione nella materia. Ricordo che il fenomeno dell’oscillazione dei neutrini consiste nel fatto che durante il proprio viaggio attraverso la materia solare il neutrino cambia le proprio caratteristiche, passando da un tipo di neutrini ad un altro, contro tutte le aspettativa fondate sulle osservazioni sperimentali fatte sulle interazioni dei neutrini. Inoltre questo fenomeno può aver luogo solo se il neutrino ha massa, sebbene piccolissima, non nulla, anche questo contro tutte le aspettative.

Archiviato questo importante risultato, il prossimo obbiettivo di Borexino è la misura di un altro ciclo di reazioni nucleari presente nel Sole, il cosiddetto ciclo CNO, che coinvolge appunto nuclei di Carbonio, Azoto, Ossigeno, e che è responsabile per l’1% della produzione di energia.

Ma perché studiamo queste reazioni che hanno così poco impatto sulla vita della nostra Stella? Il ciclo CNO ha poca importanza nella vita del Sole, ma è addirittura dominante nelle stelle massive, cioè aventi una massa superiore ad una volta e mezza quella solare; esse infatti devono raggiungere temperature molto superiori a quella del Sole per non implodere sotto la forza gravitazionale. È questa l’ipotesi degli astrofisici, ma il ciclo CNO non è mai stato rivelato sperimentalmente. Borexino sta cerando di ottenerne l’evidenza sperimentale.