Si definisce Unmanned Aerial Vehicle, UAV, più noto ormai anche al grande pubblico come drone. Meno noti però sono i suoi impieghi nella ricerca scientifica e nelle sue applicazioni in vari campi, come quello ambientale. Chi parteciperà venerdì 26 settembre a Milano alla “Notte dei ricercatori” (Meet Me Tonight) avrà l’opportunità di vederne uno da vicino e di rendersi conto del suo prezioso servizio nelle attività condotte dal team di ricercatori che operano presso il Laboratorio di Telerilevamento delle Dinamiche Ambientali (LTDA) dell’Università di Milano Bicocca.



Ne parla in anteprima a ilsussidiario.net Sergio Cogliati, uno degli scienziati del team, che descrive così il suo gioiellino, chiamato HyUAV, sviluppato dalla società Aermatica di Varese. «È un velivolo teleguidato di dimensioni contenute, con quattro rotori ad “ala rotante”, che ha un’autonomia di circa 20 minuti, che può variare in base al carico e alle condizioni ambientali, e si sposta a 5-10 km/h. Sul HyUAV abbiamo installato dei sensori iperspettrali di telerilevamento, in pratica degli spettrometri con i quali misuriamo la quantità di radiazione riflessa dalla superficie terrestre. L’analisi dello spettro delle diverse superfici così ottenuto ci consente di fare diversi studi di carattere ambientale».



Il gruppo di telerilevamento della Bicocca è particolarmente esperto nel monitoraggio della vegetazione: sia per distinguere diverse tipologie di vegetali sia valutare lo stato di saluto delle piante e per stimare i parametri biofisici e biochimici, come la stima dell’area fogliare o della quantità di biomassa o dei quantitativi di componenti chimici come la clorofilla, importante come è noto per il processo foto sintetico.

Questi dati, tra l’altro, sono sempre più utilizzati anche dal mondo agricolo che se ne serve per ottimizzare le rese delle piantagioni. Ma trovano notevole impiego anche in ambito geofisico nel monitoraggio dei ghiacciai alpini, come Cogliati e colleghi mostreranno a Meet Me Tonight presentando una nuova applicazione sviluppata per rilevare, mappare e quantificare le polveri minerali che si depositano sui nostri ghiacciai: dalla sabbia del Sahara ai residui carboniosi derivati da varie attività antropiche, a tutti quei depositi che vanno ad alterare i bilanci energetici dei sistemi di alta montagna.



Come interviene in tutto questo il drone HyUAV? «L’idea è quella di avviare delle campagne specifiche indirizzate anzitutto a studiare meglio le varie problematiche, cioè a capire bene la fisica delle interazioni tra la radiazione e i diversi ecosistemi e quindi mettere a punto metodi e algoritmi per quantificare problemi ambientali utilizzando dati ottici. Si va poi con il drone e la sua strumentazione nelle zone interessate e mentre lui sorvola l’area noi a terra preleviamo dei campioni da analizzare in laboratorio per operare confronti incrociati. Queste campagne servono successivamente anche per confrontare le informazioni raccolte dai noi con quelle rilevate dai satelliti nelle loro attività sistematiche coordinate dalle varie Agenzie Spaziali».

C’è quindi una proficua integrazione tra le varie modalità di osservazione, a scale diverse: quello dei droni è uno stadio intermedio tra l’osservazione diretta e quella da satellite e per tale obiettivo rappresentano uno strumento quanto mai efficace e insostituibile. «Altrimenti dovremmo ricorrere a elicotteri o aerei, che sono ovviamente molto più costosi e impegnativi».

L’impiego del HyUAV è iniziato nel 2012 e questa attività del team della Bicocca è finanziata nell’ambito del progetto Sinopiae, promosso nel 2013 da Miur e Regione Lombardia e che coinvolge anche il Politecnico di Milano, il CNR- Irea e alcune PMI lombarde ad alta tecnologia. Il progetto ha come obiettivo la realizzazione di un sistema per il monitoraggio multi-scala dei parametri ambientali, quali la concentrazione di costituenti atmosferici alla superficie (gas e aerosol) in ambito urbano e non, le componenti naturali e antropiche degli aerosol, le dispersioni termiche in ambito urbano, gli effetti climatici diretti degli aerosol naturali e antropici (forzatura diretta). Per l’attività di monitoraggio è prevista l’integrazione di osservazioni multi-sorgente da sensori a terra, su satellite su aeromobili come appunto i droni.

Per il futuro Cogliati prevede l’ampliamento della “flotta” dei droni, utilizzando «anche dei modelli detti “ad ala fissa” che, pur senza arrivare alle prestazioni dei potenti Predator o Reaper, consentiranno di scansionare delle aree molto più vaste e ampliare l’azione di monitoraggio».