La comunità scientifica attendeva da diversi mesi questi risultati e ieri l’articolo è stato sottoposto ad Astronomy and Astrophysics e pubblicato online sulla rivista astro-ph: si tratta di un’importante e dettagliata analisi, effettuata dalla collaborazione di scienziati che lavorano all’esperimento PLANCK dell’Agenzia Spaziale Europea, dell’emissione polarizzata della polvere presente nella nostra galassia.
All’interno della Via Lattea, così come nelle altre galassie del nostro universo, la radiazione elettromagnetica non è emessa solamente dalle miliardi di stelle che la popolano, ma anche dalla miscela di gas e polveri che compone il mezzo interstellare. In particolare, i piccoli grani di polvere emettono radiazione elettromagnetica a frequenze inferiori alla luce visibile. Tale tipo di radiazione è dominante nel range delle microonde per frequenze superiori ai 100 GHz. Il satellite PLANCK, osservando il cielo a lunghezze d’onda che vanno dal centimetro alla frazione di millimetro, pur avendo come scopo primario quello di osservare la radiazione fossile emessa dall’universo primordiale, è però in grado di rivelare anche questo tipo di emissione galattica.
La radiazione emessa dalle polveri galattiche può essere polarizzata linearmente: ciò significa che i campi magnetici presenti nella galassia tendono ad allineare i grani di polvere e questo fa sì che la radiazione da loro emessa oscilli lungo una direzione preferenziale dando origine proprio a un’emissione polarizzata. L’articolo appena pubblicato presenta un’analisi di questo tipo di radiazione polarizzata concentrandosi sulle zone di cielo più lontane dal piano galattico.
Questo studio, di estrema rilevanza per l’astrofisica in generale, ha assunto negli ultimi mesi un’importanza ancora maggiore. Il 17 marzo scorso infatti, un gruppo di astrofisici americani guidato dal professor John Kovac dell’università di Harvard, ha stupito tutti con un annuncio inatteso: grazie all’analisi dei dati dell’esperimento BICEP2, che ha osservato una piccola regione di cielo nel range delle microonde, i ricercatori di questa collaborazione sono stati in grado di rivelare un debolissimo segnale di radiazione polarizzata. L’interpretazione che è stata subito data a questo segnale è affascinante e di importanza storica. Secondo quanto annunciato da Kovac, si tratterebbe infatti della traccia delle onde gravitazionali presenti nell’universo primordiale, generate una piccolissima frazione di secondo dopo il Big Bang. La scoperta ha suscitato un grande clamore, all’interno della comunità scientifica e tra gli appassionati; e da allora in molti erano in attesa di una conferma indipendente di tale risultato.
Il satellite PLANCK, che ha concluso le sue osservazioni nel 2013 esplorando l’intero cielo, durante i suoi quattro anni di missione ha anche puntato il suo telescopio proprio in quella piccola regione osservata da BICEP2; i suoi dati hanno pertanto la potenzialità unica di ottenere un’importante verifica indipendente circa i risultati annunciati in marzo dalla collaborazione americana.
L’analisi di questi dati è stata estremamente difficile e ha richiesto un intenso lavoro negli ultimi mesi da parte degli scienziati della collaborazione PLANCK. La difficoltà principale risiede nel fatto che PLANCK è stato costruito con lo scopo di osservare tutto il cielo e non di concentrarsi su piccole regioni. Pertanto la sensibilità dei suoi strumenti su zone di cielo limitate come quella osservata da BICEP2 non è ottimale. Per poter ottenere dei risultati attendibili è stato necessario analizzare nel dettaglio tutti i dati disponibili cercando di controllare al meglio gli aspetti strumentali.
L’articolo pubblicato oggi, come detto, analizza l’emissione da polveri galattiche in ampie zone di cielo tra cui anche la regione di BICEP2. I risultati principali caratterizzano questo tipo di emissione con una precisione mai raggiunta finora, dimostrando come l’emissione galattica polarizzata sia dominante, per frequenze superiori ai 100 GHz, anche in zone di cielo lontane dalla nostra galassia. L’analisi dei dati di maggiore interesse per la conferma o meno dei risultati di BICEP2, mostra come anche in quella regione di cielo l’emissione da polvere galattiche non sia trascurabile e che anzi potrebbe essere quella, e non le onde gravitazionali, l’origine del segnale osservato dall’esperimento americano.
Tuttavia la parola fine non può ancora essere scritta: i risultati pubblicati ci dicono infatti che è necessario, nell’interpretare i risultati di BICEP2, tenere in considerazione l’emissione galattica che è più intensa di quanto considerato originariamente. La sensibilità del satellite PLANCK in quella regione non ci permette però di trarre delle conclusioni definitive, e la domanda se il segnale osservato sia dovuto solo all’emissione delle polveri o se una parte di esso rappresenti realmente l’impronta delle onde gravitazionali primordiali resta ancora aperta.
I due team di scienziati degli esperimenti BICEP2 e Planck stanno da qualche mese collaborando strettamente per cercare di trovare una risposta definitiva a tale domanda e i primi risultati congiunti sono attesi, se tutto va bene, entro la fine dell’anno. Continuiamo quindi a lavorare, con la consapevolezza di come il percorso scientifico non sia quasi mai lineare e definito, ma anzi passi attraverso scoperte e svolte spesso impreviste; ma certamente affascinanti.