Al Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, che tanta parte ha avuto nell’introduzione e nello sviluppo dei laser in Italia, c’era una tradizione trentennale di applicazione dei laser stessi in campo biomedico; all’inizio erano più studi di caratterizzazione di molecole, poi via via si è esteso il campo alle analisi dei tessuti biologici. Così si è arrivati alle ricerche degli ultimi tempi che si sono tradotte nella realizzazione di due strumenti speciali per applicazioni in campo medico. Questi strumenti saranno presentati al vasto pubblico a Milano durante la prossima “Notte dei Ricercatori” il 26 settembre presso lo stand denominato “Facciamo luce” all’interno dell’evento MeetMeTonight.
Uno dei protagonisti di queste ricerche, il professor Alessandro Torricelli, anticipa a ilsussidiario.net i principi di funzionamento e gli impieghi di queste nuove apparecchiature.
Professor Torricelli, quali strumenti presenterete venerdì prossimo al pubblico milanese?
La prima è un mammografo ottico, utilizzato per la diagnostica del tumore al seno. Caratteristica di questo strumento è che utilizza luce laser nelle lunghezze d’onda del vicino infrarosso: è una radiazione elettromagnetica totalmente non invasiva e quindi le misure sono innocue e possono essere ripetute più volte senza rischi. Sfruttiamo l’abilità della luce a queste lunghezze d’onda di penetrare i tessuti biologici in profondità e di fornire informazioni sui loro costituenti cioè acqua, emoglobina, lipidi e collagene.
L’altra apparecchiatura?
L’altra macchina sfrutta lo stesso principio, lo stesso tipo di illuminazione, ma l’obbiettivo è di monitorare le variazioni di emoglobina nella corteccia cerebrale. Anche qui la misura è del tutto non invasiva e si ottiene appoggiando delle fibre ottiche sulla testa del paziente mediante delle cuffie. Si misurano le variazioni di emoglobina conseguenti all’attivazione dei neuroni; è il fenomeno detto dell’accoppiamento neuro-vascolare; è lo stesso fenomeno fisiologico che sta alla base della più nota tecnica della Risonanza Magnetica Funzionale: questa utilizza le proprietà magnetiche dell’emoglobina (quella deossigenata che è paramagnetica), la nostra tecnica invece utilizza i differenti spettri di assorbimento dell’emoglobina ossigenata e deossigenata. Sono due modi diversi di analizzare lo stesso fenomeno. Entrambe le strumentazioni sono state sviluppate dal nostro Dipartimento e sono già state utilizzate per studi clinici in alcuni Istituti milanesi.
Su quale principio si basano?
Sono due i fenomeni fisici principali riguardanti l’interazione della luce con i tessuti biologici: l’assorbimento e la diffusione. Il primo è legato alla presenza nei tessuti delle sostanze che ho indicato prima – l’acqua, l’emoglobina, i lipidi, il collagene – che assorbono la radiazione luminosa. Il secondo è legato alla presenza all’interno del tessuto di diverse strutture e quindi di discontinuità tra le stesse. I due fenomeni, se misurati contemporaneamente, ci danno informazioni sia sulla composizione chimica che su quella strutturale del tessuto esaminato. L’analisi dei due parametri è possibile perché nelle nostre macchine impieghiamo la luce non in regime stazionario ma nella modalità impulsata: abbiamo dei laser che emettono impulsi di luce di durata di qualche decina o centinaia di picosecondi (millimiliardesimo di secondo, ndr). Inoltre utilizziamo delle tecniche di rivelazione sensibili al singolo fotone, che ci permettono di seguire il cammino dei fotoni all’interno dei tessuti; simili tecniche sofisticate consentono di separare il contributo di assorbimento e di diffusione, che concorrono entrambi alla attenuazione della luce nel mezzo.
Qual è il vantaggio di tecniche e strumenti come questi?
Il vantaggio di queste tecniche ottiche è che, impiegando una radiazione non invasiva, è possibile effettuare la misura senza particolari preoccupazioni riguardo alle dosi; non è necessario che il paziente resti immobile, come nella Risonanza; inoltre le strumentazioni possono essere portate a fianco al letto del paziente che quindi può non spostarsi, il che è molto importante soprattutto nei casi di danni cerebrali.
Le applicazioni sono solo in medicina?
Oltre all’ambito sanitario, la stessa tecnica può essere utilizzata in campo agroalimentare, ad esempio per monitorare la qualità dei frutti con prove non distruttive. Ciò è possibile perché i tessuti biologici hanno le stesse caratteristiche, relativamente alle interazioni con la luce.
Che sviluppi prevede per queste apparecchiature e le loro applicazioni?
Come dicevo la strumentazione è già stata utilizzata; si stratta comunque di macchine prototipali, in parte validate in trial clinici; nei prossimi anni proseguirà la fase di validazione, in collaborazione con medici e ricercatori. Finora abbiamo fatto molti test ma per prodotti del genere il numero di prove deve essere molto elevato e sono tanti i fattori da considerare per ritenere conclusa la fase di verifica.
Abbiamo peraltro in corso un progetto europeo, il progetto BabyLux, con altri otto partner italiani e stranieri, che nel giro di tre anni porterà a mettere a punto e a rendere commerciale una strumentazione per il monitoraggio dell’ossigenazione nei bambini prematuri, un parametro cruciale per quella situazione.