Si avvicinano le date della proclamazione dei premi Nobel e, come di consueto, scattano i totoNobel. Per le discipline scientifiche gli annunci avverranno con la sequenza ormai consolidata negli anni: lunedì prossimo, 6 ottobre, quello per la fisiologia o medicina (in pratica per le bioscienze) assegnato dal Karolinska Instituet di Stoccolma; martedì 7 e mercoledì 8 quelli per la fisica e per la chimica assegnati dalla Accademia Reale Svedese delle Scienze.
Da qualche anno ormai, oltre alle polemiche che accompagnano la designazione e denunciano illustri esclusioni o inopportune premiazioni, sono consuete anche le previsioni elaborate dalla Thomson Reuters, una società di analisi e consulenza con sede centrale a Times Square (NY) che, da quando ha iniziato nel 2002, ha azzeccato ben 35 nominativi di vincitori nelle tre discipline scientifiche e nell’economia, scegliendoli tra coloro che hanno il più alto indice di citazioni sulle diverse pubblicazioni dei rispettivi settori.
Quest’anno però, prima di diffondere i suoi forecast, Thomson Reuters ha diffuso un interessante studio che elenca i migliori “cervelli” del momento e le “menti” che più influenzano il nostro tempo con le loro ricerche. Il lavoro degli analisti che hanno stilato le classifiche si è basato sul conteggio delle citazioni fatte dai colleghi, un metodo che ha evidentemente i suoi limiti ma che d’altra parte nella premessa del dossier viene esplicitamente illustrato e quindi automaticamente delimita e chiarisce il valore e la portata delle classifiche stesse. Sono presentati due gruppi di elenchi: uno ristretto, con gli scienziati autori nel 2012-2013 di più articoli considerati hot, cioè con elevato numero di citations; l’altro, comprendente circa 3200 ricercatori, autori di articoli con elevate citazioni nel corso del decennio 2002-2012 in 21 campi disciplinari.
Nel primo gruppo, oltre a una doverosa citazione dei 3000 fisici implicati nella scoperta del bosone di Higgs, troviamo solo 17 vip, con un numero di articoli hot che va dai 23 di Stacey B. Gabriel del MIT ai 15 del cinese Huijun Gao; da notare che, e non sarà un caso, 12 sono genetisti, tre sono scienziati dei materiali, uno è cardiologo e uno ingegnere. Tra questi c’è anche un premio Nobel, quel Konstantin Novoselov, che giovanissimo ha condiviso il premio nel 2010 col collega Andre Geim per la tecnica di produzione del grafene; tra questi 17 ci sono alcuni, c’è da scommettere, candidati a ritirare il prestigioso premio uno dei prossimi anni. Una piccola constatazione aggiuntiva: non ci sono italiani tra questi.
Nel secondo gruppo, che invece vede nominato anche qualche scienziato di casa nostra, ci sono alcuni di quelli che, nella previsione Thomson Reuters, potrebbero vincere il Nobel 2014: sono i fisici Ramamoorthy Ramesh (Berkeley), Yoshinori Tokura (Tokyo) e Shoucheng Zhang (Stanford); i biologi Charles Lee (Harvard) e Stephen Scherer (Toronto). .
Ma il criterio per decidere chi il prossimo dicembre andrà a Stoccolma a ritirare il premio non si basa solo sulle citazioni dei colleghi; contano soprattutto le segnalazioni degli appositi comitati nazionali e poi conta la valutazione finale del Comitato Nobel e delle Accademie Svedesi che hanno l’ultima parola.
Cercando di prevedere queste analisi, ai nomi appena indicati Thomson Reuters ne aggiunge altri 22: alcuni sono più noti altri meno ma sono ben conosciute e interessanti le loro scoperte. A cominciare dai chimici Ching W. Tang (New York e Hong Kong) e Steven Van Slyke (Menlo Park, California), inventori nel 1987 dei Led organici, gli OLED, che permettono di realizzare display a colori e pieghevoli.
Per la fisica non poteva mancare il pioniere dei nanofili, Peidong Yang dell’Università della California a Berkeley: le sue strutture filiformi, piccolissime e sottili, possono avere diametri di pochi nanometri (miliardesimi di metro) e hanno ormai diverse applicazioni tra le quali quella di funzionare come nanolaser avviando una nuova generazione di dispositivi fotonici per il futuro dei computer, della sensoristica e delle telecominucazioni. I nanofili di Yang erano stati indicati nel 2004 dalla rivista Technology Review come una delle “dieci tecnologie emergenti che cambieranno il mondo”.
Infine le scienze biomediche, dove spicca la figura di David Julius, professore di Fisiologia all’University della California San Francisco: si deve alle sue ricerche, iniziate vent’anni fa, la scoperta di una proteina che fa da recettore delle sensazioni dolorose trasmettendole al cervello; aprendo la strada a ulteriori e importanti studi nel campo delle terapie del dolore.