Chissà se Parigi sarà pronta per ospitare lunedì prossimo la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Internazionale della Luce (IYL 2015)? Anche se la situazione dell’ordine pubblico sarà sotto controllo, non sarà certo rimarginata la tremenda ferita subita con gli attentati dei giorni scorsi e che è destinata a segnare pesantemente questo nostro tempo. Ma la luce è una potente metafora di quello che ogni uomo desidera e in momenti del genere anche i più disparati richiami alla luce possono offrire spunti e contributi per quel lavoro di difesa della libertà e recupero di un’identità al quale tutti, con modalità differenti, siamo chiamati. Del resto, nell’indire l’IYL 2015 l’Unesco ha riconosciuto il ruolo cruciale della luce praticamente in tutti gli ambiti della vita, con la varietà delle sue applicazioni e con il denso intreccio di significati condiviso con l’arte, la letteratura, le religioni, la sfera culturale in genere. È significativo che nel fitto programma della due giorni parigina che seguirà l’evento di apertura – insieme agli interventi di premi Nobel che illustreranno i passi scientifici più consistenti nella comprensione del fenomeno “luce” – ci sia una sessione tematica dal titolo “Light for Humanity and Culture”, dedicata “ai molti aspetti nei quali la luce influenza la cultura umana e la nostra percezione dell’universo”: la sessione, tra l’altro, vedrà il contributo del Cardinal Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e del fisico Alessandro Farini, dell’Istituto Nazionale di Ottica e dell’Università di Firenze. Se, nel corso di questo anno della luce, in tutte le molteplici iniziative e attività già programmate, verrà mantenuto questo approccio ampio e aperto, ciò potrà far ben sperare per il cammino di un secolo che vedrà nella scienza e nella tecnologia della luce un suo asse portante. Scorrendo l’elenco dei temi oggetto di convegni, mostre, concorsi, pubblicazioni colpisce da un lato la ricchezza delle innovazioni tecno-scientifiche, dall’altro la vastità delle implicazioni che la nuova scienza della luce può spalancare. È trascorso poco più di un secolo da quando Albert Einstein ha spiegato l’effetto fotoelettrico ricorrendo quantizzazione dell’energia appena introdotta da Max Planck e sono passati 90 anni dall’adozione del termine “fotone” per indicare i quanti di luce, cioè gli elementi fondamentali indivisibili del campo elettromagnetico, che presentano sorprendentemente proprietà sia corpuscolari che ondulatorie.
Qualcuno inizia ad utilizzare il termine sintetico “fotonica” per indicare la scienza e la tecnologia volta alla generazione, al controllo e alla rilevazione dei fotoni. La fotonica comprende tutte le conoscenze e le tecniche relative alla luce visibile, che è stata studiata per secoli e ancora riserva qualche sorpresa; ma questa non è che una piccola porzione della vasta gamma di onde che compongono lo spettro luminoso. La fotonica studia e utilizza tutte le lunghezze d’onda (o le frequenze) dello spettro dalle radioonde, alle microonde, agli infrarossi, agli ultravioletti, ai raggi X e raggi gamma. Il termine photonics ha circa mezzo secolo: secondo il Merriam-Webster Dictionary sarebbe apparso già nel 1952, al tempo degli studi sul laser; ma la paternità del neologismo sembra che sia da attribuire al fisico francese Pierre Aigrain, a metà anni Sessanta, in connessione con gli sviluppi del laser inventato da Theodore Maiman nel 1960; e il laser è certamente un simbolo di questa nuova età della luce e in questi cinquant’anni i suoi sviluppi sono stati enormi e pervasivi. Le caratteristiche dei nostri personali sensori ottici, cioè gli occhi, ci consentono di percepire solo i fotoni che compongono l’arcobaleno, ovvero quelli di lunghezza d’onda tra 700 e 400 nanometri (dal rosso al violetto) o, se si preferisce, delle frequenze tra 428 e 749 TeraHz (mille miliardi di Hertz).
Ma i fotoni sono utilizzati dall’uomo nei campi più diversi: dalla conoscenza delle profondità cosmiche alla cura delle malattie; e i progressi della fotonica sono presenti nelle vita quotidiana di ciascuno di noi già oggi più di quanto immaginiamo: nell’elettronica di consumo (lettori di codici a barre, lettori DVD, telecomando TV, LED), nelle telecomunicazioni (internet), in campo sanitario (chirurgia oculistica, strumenti medici), nell’industria manifatturiera (taglio e lavorazioni laser), nella difesa e nella sicurezza (telecamera a infrarossi, telerilevamento), nell’intrattenimento (olografia, scenografia laser) e molto altro ancora. Agli albori della scienza moderna, prima ancora di Galileo e di Newton, gli scienziati che muovevano i primi passi nella conoscenza sperimentale della natura – personaggi poco noti al grande pubblico, come Roberto Grossatesta o Ruggero Bacone – si sono indirizzati all’indagine dei fenomeni ottici pensando, da bravi filosofi naturali, al posto centrale della luce nella nostra esperienza sensibile: non potevano immaginare di aver a che fare con le onde elettromagnetiche, che sarebbero state spiegate sei secoli dopo, e in verità non hanno fatto grandi “scoperte”; ma hanno aperto la strada alla successiva rivoluzione scientifica. Oggi, forse, la luce apre nuovamente un percorso, del quale intravediamo solo i primi contorni; si dice che il 21esimo secolo dipenderà tanto dalla fotonica quanto il 20esimo secolo è dipeso dall’elettronica. Allora è più che mai importante che anche il mondo della scienza e della tecnologia inizi subito a guardare il contenuto e il metodo di queste ricerche in modo nuovo: superando i chiusi iper-specialismi, evitando le trappole dei riduzionismi di ogni genere, cercando il più possibile quelle aperture che possono ridare all’impresa scientifica tutta la sua dignità di esperienza umana di ricerca del vero e alle applicazioni tecnologiche tutto lo spessore di un reale servizio in risposta ai bisogni. Per tutto ciò un anno dedicato alla luce può essere una buona occasione.