Tra i tanti interessanti risultati presentati alla recente convegno dell’American Astronomical Society (AAS) a Seattle (Usa), ce n’è uno che riguarda il cuore della nostra galassia, la Via Lattea, e che racconta di un evento gigantesco verificatosi due milioni di anni fa: una enorme eruzione ha lanciato gas interstellare e altro materiale verso l’esterno alla velocità di oltre 3 milioni di chilometri orari. Non c’era nessuno allora ad assistere (i nostri progenitori a quel tempo avevano appena imparato a stare in piedi nella savana) ma cinque anni fa gli astronomi hanno potuto constatare le conseguenze della tremenda esplosione osservando lampi di raggi gamma in direzione del centro galattico: era la testimonianza della presenza di nuvole di gas che si innalzavano per circa 30.000 anni luce sopra e sotto il piano della Via Lattea.
Successivamente questi due lobi di materiale interstellare, detti Fermi Bubbles per la loro forma come due grandi bolle, sono stati osservati in raggi X e onde radio. Ma è stato ancora una volta il glorioso Telescopio Spaziale Hubble a permettere la misura dei dati più significati, come la velocità dei getti, e iniziare ad aprire uno spiraglio sulla causa dei misteriosi lobi.
È di questo che ha parlato al convegno di Seattle Andrew Fox, astronomo dello Space Telescope Science Institute di Baltimora (il centro scientifico del telescopio Hubble) e autore principale dello studio e del relativo articolo pubblicato su Astrophysical Journal Letters. Interpellato da ilsussidiario.net poco dopo la sua presentazione, Fox ha spiegato il significato della sua ricerca e in che senso ci consenta di comprendere meglio la dinamica galattica: «Il nostro studio ci ha permesso di determinare la velocità con la quale il gas è stato espulso dal centro della Via Lattea. Il vento nucleare è uno dei componenti dell’ecosistema galattico, nel quale i flussi in entrata e in uscita giocano un ruolo importante per due ragioni: perché portano nel disco galattico combustibile necessario per la nascita di nuove stelle, e perché rimuovono le ceneri dei precedenti processi di formazione stellare».
Anche se gli astronomi avevano già osservato venti gassosi, composti da flussi di particelle cariche, provenienti da nuclei di altre galassie, quello ottenuto ora con la ripresa ravvicinata degli spettacolari fuochi d’artificio della nostra galassia è qualcosa di unico. «Quando guardiamo verso i centri di altre galassie, i getti gassosi appaiono molto più piccoli, perché le galassie sono più lontane – continua Fox – Invece le nuvole che abbiamo visto qui sono solo a 25.000 anni luce di distanza nella nostra galassia; abbiamo quindi un posto in prima fila. Siamo in grado così di studiare i dettagli di queste strutture: possiamo registrare quanto grandi sono le bolle e possiamo misurare quanta parte di cielo coprono».
Le Fermi Bubbles inizialmente sono state avvistate con telescopio spaziale Fermi della Nasa, che osserva il cosmo nei raggi Gamma. Poi però, per avere maggiori informazioni circa i deflussi gassosi, Fox ha utilizzato il Cosmic Origins Spectrograph (COS) di Hubble per catturare la luce ultravioletta di un quasar distante che si trova dietro alle bolle. Nella luce che attraversa il lobo superiore sono impresse preziose informazioni sulla velocità, la composizione e la temperatura del gas in espansione all’interno della bolla, che solo COS può fornire.
Le osservazioni tramite COS hanno anche misurato per la prima volta la composizione del materiale presente nelle nubi gassose: sono stati rilevati silicio, carbonio e alluminio, segnalando in tal modo che la nube si è arricchita degli elementi pesanti prodotti all’interno delle stelle e quindi rappresenta i resti fossili di un processo di formazione stellare.
Questo presentato al meeting della AAS è il primo risultato in un’indagine su 20 quasar distanti la cui luce passa attraverso il gas dentro o appena fuori le Fermi Bubbles. Si delineano così a poco a poco anche gli scenari che possono spiegare la causa della primordiale esplosione e della proiezione di materiale osservata. Sono due le ipotesi per le possibili origini dei lobi bipolari. La prima è quella di una tempestosa nascita di stelle al centro della Via Lattea, con la produzione di supernovae che soffiano fuori il gas. L’altro scenario è quello di una stella o di un gruppo di stelle che precipitano nel supermassiccio buco nero presente nel nucleo galattico; quando ciò accade, il gas surriscaldato dalle esplosioni dei buchi neri viene eruttato nello spazio profondo.
Perché le bolle sono di breve durata rispetto all’età della nostra galassia, si può ipotizzare che questo sia un fenomeno che si ripete nella storia della Via Lattea. Qualunque sia l’elemento scatenante, è probabile che il fenomeno sia episodico e che forse si verifichi solo quando il buco nero inghiotte una certa dose di materia: «Sembra che questi getti siano un incidente di percorso: i fenomeni si possono essere ripetuti e noi abbiamo catturato solo il più recente».
Venti galattici sono comuni in galassie con intensa formazione stellare, come in M82, la cosiddetta galassia sigaro, che sta producendo intensamente stelle nel suo nucleo. «Sembra esserci un legame tra la quantità di formazione stellare e la produzione o meno dei getti di gas. Anche se la Via Lattea nel suo complesso attualmente produce un numero modesto di una-due stelle all’anno, vi è un’alta attività di formazione stellare vicino al suo nucleo».
La ricerca di Fox e colleghi è appena agli inizi: «nelle prossime fasi del programma – conclude Fox – completeremo l’analisi dell’intero campione dei 20 quasar e potremmo essere in grado di rilevare i resti fossili delle esplosioni precedenti. L’analisi ci fornirà indicazioni circa la quantità di massa espulsa; potremo quindi mettere in relazione la massa con le velocità per determinare la quantità di energia necessaria per generare l’esplosione e possibilmente comprendere l’origine dell’evento esplosivo».