L’uomo? Il prodotto di un “crisis management” evolutivo che, come una piccola azienda di made in Italy è sopravvissuto per la capacità di adattarsi differenziando i suoi comportamenti. Riflettere, comunicare, immaginare quello che non è ancora, mettere in atto comportamenti diversi. E se ormai gli scienziati sono concordi nel ritenere che l’evoluzione non è venuta in modo lineare ma secondo ramificazioni in sottospecie che si sono estinte, ma appartenenti ad uno stesso ceppo umano (pare che con l’uomo di Neanderthal condividiamo il 99,5% del dna), la domanda su cosa faccia sì che un essere umano sia tale o quando ha cominciato ad essere tale, continua ad accomunare mondo della scienza e gente comune. Complice forse anche l’epoca di grandi incertezze in cui viviamo, ma i ventiquattro milioni di persone che hanno visitato tra il 2010 e il 2014 una mostra allestita su questi tema, la dice lunga. L’autore è Richard Potts, paleoantropologo di fama mondiale, direttore del programma sulle origini umane al Smithsonian Insitution, a Washington, intervenuto ieri al New York Encounter sul tema “L’emergenza del volto umano. Fino a che punto l’evoluzione può spiegare chi siamo”.



Cosa fa esattamente un paleantropologo? Quali sono gli strumenti in suo possesso e come individua i segni della presenza di esseri umani risalenti ad epoche storiche passate?

Nel lavoro che faccio in Africa, in Cina e in altre parti del mondo, noi cerchiamo posti esposti a fenomeni naturali come vento e acqua, che presentino quindi delle erosioni, in cui poter vedere se ci siano evidenze di presenze umane, ossa fossilizzate o reperti, come utensili solidi con bordi affilati, oppure le pietre tonde usate come martelli. Quando troviamo qualcosa iniziamo a scavare. Essenzialmente apriamo un po’ di più le spaccature che la natura ha già iniziato a fare.



Cosa trovate?

A volte troviamo accumuli meravigliosi, ricchi, eco dei comportamenti dei nostri antenati: concentrazioni di strumenti di pietra, e spesso cumuli di ossa di animali, con segni di macellazione dell’animale, in cui sono rimasti frammenti di pietre affilate sull’osso dove la carne è stata tagliata. O dove l’osso è stato colpito per estrarre il grasso nutriente del suo interno. A questo punto, attraverso metodi di diverso tipo, fisico e chimico, risaliamo all’età delle ossa.

Quali sono gli elementi che distinguono l’homo sapiens dagli ominidi precedenti?

All’inizio della nostra specie c’è la capacità di formare parole, di utilizzare il linguaggio, la capacità simbolica. Emettiamo dei suoni che ci permettono di connettere i nostri pensieri, di comunicare e attraverso questa connessione la mente sociale, capace di ricordare e di creare storia, si sviluppa.



Parla della necessità di essere sociali?

No, della capacità di immaginare che cambiamenti produrrebbe il fare qualcosa insieme ad altri, cosa accadrebbe se facessimo una cosa invece che un’altra; parlo dell’abilità di pianificare la vita nel caso in cui sia difficile piuttosto che meravigliosa… La transizione dal tempo prima del linguaggio allo sviluppo della capacità simbolica è stata decisiva per l’origine della nostra specie.

 

Cosa prevale nell’evoluzione: l’aspetto genetico o quello ambientale?

Molti biologi oggi dicono che l’evoluzione è 100% genetica e 100% ambientale. Come si fa ad avere una cosa senza l’altra? In altre parole tutto quello che ha a che fare con la genetica e che ha la capacità di passare alla generazione successiva, può accadere solo quando interagisce con l’ambiente. Se l’ambiente cambia, cambia anche la capacità dei geni di dare un certo risultato. Ambiente e geni collaborano. La genetica non solo determina un certo modo di vivere, ma determina anche la capacità di adattarsi quando l’ambiente cambia. Senza la genetica collegata all’ambiente non c’è evoluzione.

 

I grandi cambiamenti climatici e altri cataclismi naturali hanno rischiato di estinguere l’uomo…

Si può definire l’evoluzione un “crisis management”: non puoi rispondere a una crisi se non hai dei geni che ti permettono di attraversarla, ma il risultato generato dipenderà dalla sfida dell’ambiente.

 

La capacità di adattamento dell’uomo all’ambiente comunque ha prevalso sui meccanismi evolutivi?

Ambienti come la savana africana o i ghiacciai europei hanno posto delle grandi sfide al processo evolutivo che è avvenuto attraverso un adattamento e a una capacità di controllo sull’adattamento.

 

Può fare un esempio?

Con la scienza ambientale abbiamo visto il susseguirsi nella storia di eventi climatici, uno dietro all’altro: ci sono stati periodi con un clima relativamente stabile e altri periodi di grande fluttuazione, cambiamenti drammatici nelle condizioni a cui i primi uomini hanno dovuto adattarsi. La capacità di adattamento ai mutamenti climatici, ad esempio, è avvenuta in modo flessibile; l’uomo ha liberamente esplorato differenti modi di interagire con il mondo.

 

Ci ha salvato la capacità di differenziare?

Il tempo storico che studio e che risale a un milione di anni fa, mostra lo stesso comportamento ripetuto continuamente, ma in realtà quello che vediamo nella nostra storia evolutiva è la capacità di diversificare l’esistenza in molte differenti culture, molti modi di interagire con l’ambiente…

 

Cosa significa essere umani?

Allo Smithsonian, museo nazionale di storia naturale a Washington, abbiamo allestito una mostra stabile dal titolo “Cosa significa essere umani” con lo scopo di divulgare le conoscenze della nostra disciplina. Non abbiamo inteso dare una risposta alla domanda del titolo, ma abbiamo raccolto le idee dai visitatori in proposito.

 

Cosa è emerso?

Il 10% circa delle persone pensa che l’essere umano sia legato al nostro aspetto fisico, ma il resto ritiene che sia legato a fattori come la capacità di avere relazioni sociali, con la capacità di pensiero, con la religione, cioè con elementi non legati all’aspetto fisico.

 

Lei cosa ne pensa?

Dagli scavi che ho compiuto ho dedotto che diventare uomo è un processo e che questo processo dice che siamo qualcosa oltre la nostra fisicità. Dal punto di vista evolutivo abbiamo dei tratti in comune con i nostri antenati ma la natura umana è per lo più definita dai diversi modi di essere umani.