È scomparso il 27 gennaio il fisico americano Charles Townes: aveva 99 anni e nel 1953 aveva inventato il maser sullo stesso principio sul quale nel 1960 sarebbe stato realizzato il laser. Vincitore del premio Nobel per la fisica nel 1964, e stato attivo fino agli ultimi tempi nella ricerca e presente nel dibattito sul valore e sul significato della scienza come membro di diverse associazioni e istituzioni, tra le quali la Pontificia Accademia delle Scienze. Così aveva raccontato la sua scoperta nell’intervento tenuto al Meeting di Rimini nel 2009.



Vi voglio raccontare la mia esperienza e l’invenzione del laser. Io lavoravo su dei laboratori telefonici, in realtà, mi occupavo di Fisica, poi si è avvicinata la Seconda Guerra Mondiale, quindi mi hanno dato un incarico di costruire un sistema di radar, più o meno lungo un centimetro. Questa è la gamma che mi era stato detto di costruire. Quindi sono diventato un ingegnere. Ho dovuto studiare tanto di ingegneria e dopo averlo fatto ho trovato che quelle lunghezze d’onda venivano assorbite da vapore e acqua nell’atmosfera e quindi non andavano bene. 



Poi mi sono reso conto che forse potevamo studiare l’acqua e altre molecole dove queste microonde vengono assorbite. In laboratorio ho cominciato a studiarle, utilizzando degli oscillatori con una lunghezza d’onda di un centimetro; ciò mi ha dato importanti informazioni sull’acqua e la sua struttura nucleare, sulla produzione di ammoniaca, sul nucleo dell’ammoniaca e dell’azoto; quindi, tanto lavoro interessante. Allora ero alla Columbia University e volevo veramente fare il fisico; volevo però occuparmi di microonde. 

All’epoca questi radiooscillatori elettronici non riuscivano ad andare al di sotto di 3 mm: pochissimo, solo un terzo della lunghezza utile. Dovevo abbassare la lunghezza d’onda, perché le molecole e gli atomi continuavano ad essere assorbiti; quindi volevo un oscillatore molto puro, con una buona frequenza, in modo da poterlo sintonizzare e studiare lo spettro al di sotto di un millimetro, praticamente nella zona degli infrarossi. Insieme ai miei studenti ci abbiamo lavorato moltissimo ma nessuno ce l’ha fatta. Poi sono stato nominato Presidente di un Comitato Nazionale per cercare di scoprire come si potessero ottenere degli oscillatori al di sotto di mezzo centimetro. Come Presidente ho viaggiato, ho studiato e infine, quando il comitato si è riunito a Washington, io mi sono alzato presto la mattina pensando: “caspita, non abbiamo ancora la risposta, non abbiamo scoperto niente”. 



Tuttavia non volevo fare brutta figura: ci ho pensato, ci ho ripensato, ho provato di tutto, ho provato una strada e poi un’altra; non ha funzionato niente. A un certo punto, improvvisamente, ho avuto una rivelazione, un’illuminazione e ho visto come fare le cose. Ho scoperto che c’è praticamente un problema di termodinamica: ci sono energie più alte ed energie più basse alle quali le molecole e gli atomi vengono assorbiti. Ho pensato: “possiamo fare sì che certe molecole siano più in alto che in basso, così quando arriva l’onda riusciamo ad ottenere un’amplificazione”. Ho preso degli appunti su un pezzo di carta, era tutto ancora molto approssimativo, molto poco chiaro; comunque ho cercato di fare lavorare ancora i miei studenti: avevo ancora tra i miei collaboratori James Gordon, che ci ha lavorato moltissimo e che poi ha scritto anche un libro. Ovviamente cercavamo di rimenare nella lunghezza al di sotto del centimetro con le molecole di ammoniaca. 

Ci abbiamo lavorato per altri due anni, poi il Presidente del dipartimento, che aveva già vinto il Nobel, è venuto nel mio laboratorio insieme a un altro premio Nobel e mi hanno detto: “Fermati, non ce la farai, non funzionerà. Stai sprecando soldi pubblici, non ce la farai mai”. Mi hanno dissuaso. Però una cosa importante nell’Università è che non si può licenziare uno solo perché sembra stupido; almeno quando uno diventa Professore ha questo privilegio. Così mi son detto: “No, no, ce la voglio fare, credo di avere ancora una possibilità, basta concentrarsi”. 

Due mesi dopo Gordon e i suoi studenti sono venuti da me dicendo: “Ce l’abbiamo fatta, abbiamo scoperto. Funziona, funziona, abbiamo le oscillazioni giuste, stiamo amplificando onde utilizzando le molecole”. Improvvisamente poi tutto è diventato molto interessante; tutti gli studiosi volevano parlare con me, si è scatenata tutta una ricerca sugli amplificatori, eccetera; è diventato un settore di cui tutti volevano occuparsi.

C’era però sempre il problema delle onde corte: io volevo arrivare a lavorare con quelle corte, la gamma più breve, nessuno sapeva come farlo, io volevo arrivare a lavorare con onde talmente corte come nella zona degli infrarossi. Facevo i miei conti, stavo lì, mi concentravo, prendevo appunti, riflettevo, riflettevo, scrivevo le teorie … Infine ho detto: “Ah! Attenzione forse possiamo arrivare nella gamma giusta, proprio negli infrarossi”, quelli mille volte più corti, a cui avevo pensato la prima volta. Mi sono consultato con un altro laboratorio, dove tra l’altro c’era anche un mio parente (Arthur L. Schawlow, ndr.); gli ho parlato e lui mi ha detto: “Sì, interessante lavorare con te”. Quindi lui ha lavorato con me, mi ha dato anche degli spunti: ad esempio l’idea su come utilizzare due specchi paralleli tra i quali si muovevano le molecole, avanti indietro, e poi alcune attraversavano lo specchio e diventavano un fascio laser. 

In seguito lui mi ha chiamato per dirmi che al laboratorio dei brevetti si rifiutavano di brevettare la scoperta: “Non va bene, o va bene forse solo per i telefoni. Quindi non va bene per il brevetto”. Io ho detto: “No, in quel laboratorio non capiscono, devo andare a parlarci io per convincerli”; al che lui ha replicato: “Ma se riusciamo a convincerli che le applicazioni sono tante per le comunicazioni e anche altre, magari ce la facciamo”. Questo per quanto riguarda il maser, quindi l’amplificazione delle microonde tramite emissione stimolata di radiazioni: si stimolano le molecole e si hanno radiazioni amplificate. Invece il laser prevede la luce: maser e laser sono molto simili ma utilizzano un principio diverso. 

Comunque alla fine abbiamo avuto il brevetto: c’è stato molto successo, tutti hanno voluto occuparsene, abbiamo scritto tanti articoli su come far funzionare le cose e sulle varie applicazioni. L’industria si è subito dimostrata molto interessata: ci sono stati studenti dell’Università che hanno cominciato a fare ricerca e così il laser è arrivato all’industria. 

Devo anche dire che dopo i primi risultati c’è stata una certa oscillazione. Ricordo che parlando col famoso fisico Niels Bohr e con John von Neumann dicevo: “Guardate, c’è questa piccola frequenza che viene dalle molecole”; e loro: “Ma non è possibile, spiegaci il perché”; io potevo solo aggiungere: “Ma, veramente funziona, credetemi funziona”. Eravamo a un party, sono andato a bere un altro bicchiere poi sono tornato da loro che hanno dichiarato: “Hai ragione, può funzionare, può funzionare. Avevi ragione tu, raccontaci”. 

 

Questo è stato l’inizio. Adesso il laser genera per l’industria miliardi di dollari; è utilizzato in tutto il mondo e con le sue numerose applicazioni serve per una quantità di cose: ha applicazioni in biologia, nelle comunicazioni, in tanti altri settori scientifici; ha già generato dodici Premi Nobel. Io ho speso circa 50.000 dollari per costruire il primo laser; adesso però si generano miliardi di dollari ogni anno. È incredibile, se ci pensate. Questo dimostra come certe cose inaspettate si verificano, sono un avvenimento. E mostra come una scienza molto di base può rivelarsi molto produttiva, con un grande impatto anche sull’industria. 

(…) Le scoperte si verificano in tanti modi però sicuramente prevedono un lavoro tenace e  tanta passione. In proposito vorrei raccontarvi un paio di cose che ho visto personalmente, dove la rivelazione è avvenuta abbastanza in maniera casuale. Nel caso del laser lo cercavo e l’ho scoperto, non stata una rivelazione, però ci sono stati alcuni casi di scoperta fortuita. 

La prima. Ero ai Bell Labs e Walter Brattain, che stava studiando allora l’ossido di rame, aveva misurato la resistenza dell’ossido e aveva trovato un effetto abbastanza strano, che inizialmente non aveva capito bene. È andato da John Bardeen, che era un fisico teorico, ha cercare spiegazioni. Il collega ha guardato e ha detto: “C’è una amplificazione, un effetto di amplificazione”. Anche un altro collega (William Shockley, ndr) era molto interessato alla questione: e così tutti e tre insieme hanno inventato il transistor. Ci sono volute poi altre ricerche per approfondire il tema, ma è successo tutto casualmente. 

La seconda. Ho incoraggiato Arno Penzias, un mio ex studente, a considerare la presenza dell’idrogeno nello spazio interstellare. Ha usato un amplificatore maser, molto potente, e insieme a Robert Wilson ha lavorato per cercare appunto la presenza dell’idrogeno: ha trovato invece qualcosa di strano, cioè la presenza di radiazioni che sembravano venire da tante direzioni, abbastanza costanti. Cercando l’idrogeno hanno scoperto il Big Bang, l’origine dell’Universo, di tutte le cose. 

Questo ci sorprende, a volte le rivelazioni sono sorprendenti e rivoluzionano le nostre idee i nostri concetti; tanto che spesso la gente è scettica, non ci vuole credere. Nel caso del Big Bang si capiva che c’era un’origine dell’Universo; però Einstein diceva “no, è assolutamente stupido pensare a un’origine dell’Universo”. Alla fine le evidenze, le prove, lo hanno convinto. Come è iniziato l’Universo? Appunto non si sa, ci sono delle rivelazioni, delle rivelazioni che in molti casi cambiano le nostre idee, possono verificarsi casualmente, però alle volte la casualità può essere il risultato dell’esame attento delle cose. 

Se si esaminano attentamente le cose si può trovare qualcosa che anche non si cerca intenzionalmente. Le cose nuove, le idee nuove sono quelle che inizialmente la gente è restia ad accettare; anche gli scienziati sono fissi nelle loro posizioni, alle volte è difficile per loro cambiare opinione. Invece dobbiamo essere pronti ad essere aperti, avere una mente aperta, cambiare le nostre idee, accettare cose nuove, capirne il significato, comprenderle appieno. 

Vorrei ancora sottolineare un altro punto.  Molte scoperte sono importante per diversi campi, non solo per il loro campo specifico: i laser sono stati scoperti perché io ero esperto di meccanica quantistica e di ingegneria e ho messo insieme le mie conoscenze in questi due campi. Le scoperte in generale emergono dall’interazione di diversi soggetti e di diversi campi; dall’interazione degli scienziati che continuano a esplorare per scoprire sempre di più. 

Che cosa ancora dovrà essere scoperto non lo sappiamo; questa è la questione: quello che è nuovo è nuovo e non lo possiamo sapere anticipatamente, sono proprio curioso di quello che riuscirete a fare voi giovani nei prossimi vent’anni, farete cose che adesso si pensa siano impensabili. Ci sono tante cose che si pensano impossibili. Uno scienziato britannico, per esempio, alla fine del XIX secolo ha detto che non sarebbe stato possibile viaggiare se non con la mongolfiera; e invece poco dopo i fratelli Wright ci hanno permesso di volare. Tutte le nuove rivelazioni sono qualcosa a cui la gente inizialmente non crede, però io penso che dobbiamo essere più aperti nel nostro pensiero, dobbiamo essere pronti all’esplorazione perché l’esplorazione alla fine ripaga.