Due secoli fa, al tempo della Rivoluzione Francese, quando per la prima volta si cercò di definire un campione naturale per la misura della massa, si decise di definire il chilogrammo come la massa di un decimetro cubo d’acqua alla temperatura di 4 °C. «Non era così facile però – dice a Ilsussidiario.net Giovanni Mana dell’Inrim (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica) – che tutti avessero la stessa acqua e le stesse identiche condizioni di misura, per cui ci si è orientati verso un campione più stabile e così la definizione attuale assegna il valore di un chilogrammo a un cilindro di platino e iridio conservato presso l’Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure a Sèvres (vicino a Parigi)».
Anche questa definizione tuttavia ha i suoi svantaggi: il principale è che l’oggetto che realizza il campione è unico e quindi solo il laboratorio che lo possiede è in grado di verificare ai massimi livelli strumenti come le pesiere; altri istituti non lo possono fare, avendo solo copie del chilogrammo campione e non il vero oggetto che ha la massa di un chilogrammo».
Per risolvere il problema e avere modo che in linea di principio chiunque possa verificare la propria pesiera al massimo livello occorre una definizione che si rifaccia a una delle cosiddette “costanti fondamentali” e, nel caso della massa, si è pensato alla costante di Planck. Non è semplicissimo da spiegare ma Mana ci prova: « La Meccanica Quantistica mi dice che tramite la costante di Planck l’energia è legata alla frequenza e la relatività di Einstein lega l’energia alla massa tramite la velocità della luce: allora, in linea di principio si può stabilire una catena di riferimenti in modo che, se io scelgo un valore per la costante di Planck, posso realizzare un chilogrammo in modo tale che la costante di Planck corrisponda proprio a quel valore. Se tutti i valori sono scelti accuratamente, il chilogrammo così realizzato è indistinguibile dal campione di platino-iridio e questo avviene per tutti i chilogrammi campione realizzati nei diversi laboratori di metrologia di tutto il mondo, senza che si debbano introdurre variazioni pratiche nelle pesiere».
Siamo così certi che in tutti i laboratori si sono costruite delle masse identiche. Naturalmente, una cosa è dare una definizione di un’unità di misura, altra è attuare la definizione in pratica, in un laboratorio. Lo stesso Mana ha coordinato un paio di progetti europei per sviluppare una delle tecnologie possibili per mettere in pratica questa nuova definizione. «Al momento si conoscono due metodi per realizzare un campione di questo tipo. Quello perseguito principalmente in Europa, da Italia e Germania ma con la collaborazione del laboratorio di metrologia giapponese, è un metodo più diretto e si basa sul principio di “contare gli atomi”. Poiché la massa dell’atomo di Silicio si può misurare in termini di costante di Planck, se io metto insieme un numero adeguato di atomi di Silicio ottengo un chilogrammo».
All’Inrim Mana e il suo gruppo hanno collaborato a sviluppare una tecnologia che serve a contare gli atomi in un cristallo di Silicio lavorato in forma sferica; quindi costruiscono una sfera, la più sferica possibile, di Silicio cristallino cresciuto nel modo più perfetto possibile: «se il cristallo fosse davvero perfetto, gli atomi sarebbero tutti disposti nei vertici di una cella cubica, in modo assolutamente regolare: se io misuro il volume della sfera e quello dell’atomo e faccio il rapporto posso sapere quanti atomi ci sono nella sfera».
Nell’ambito della collaborazione internazionale prima indicata, a Torino viene misurato il volume dei singoli atomi, in Germania e in Giappone si sono sviluppati degli esperimenti per misurare il volume della sfera, poi si fa il rapporto e si sa quanti atomi ci sono. «In questo modo si conosce la massa della sfera di Silicio senza metterla sulla bilancia».
Con questo metodo i metrologi hanno dimostrato di poter contare gli atomi con un errore di 20-30 atomi su un miliardo, il che garantisce un’accuratezza identica a quella che si avrebbe se si confrontasse la massa della sfera direttamente col campione di platino-iridio: «Quindi in linea di principio possiamo cambiare la definizione del chilogrammo, col vantaggio di non dipendere più da un campione unico e senza diminuire l’accuratezza della misura».
C’è comunque ancora un po’ di lavoro da fare. «In pratica non è ancora vero che chiunque può farsi il suo chilogrammo campione. La cosa è ancora tecnologicamente molto difficile, implica conoscenze e costi tali che nessun laboratorio può ancora permetterseli operando individualmente e anche i nostri tre possono farlo solo mettendosi insieme».
C’è, come si diceva, un altro metodo, forse un po’ più semplice tecnologicamente ma più difficile da spiegare: «Si tratta di realizzare una bilancia elettrica, come quelle che già esistono, ma per tararle devo utilizzare masse misurate direttamente nel confronto con il campione di Sèvres. È possibile fare in modo che un certo tipo di bilancia elettrica possa essere tarata in chilogrammi, cioè mostrare sul display non i volt ma i chilogrammi, senza ricorrere a una pesiera, quindi facendo solo misure elettriche». Al momento esiste una sola bilancia di questo tipo ed è funzionante in un laboratorio canadese con una precisione di una decina di microgrammi su chilogrammo, che è paragonabile con quella del metodo sviluppato all’Inrim.
Mentre scienziati e tecnici lavorano per migliorare questi metodi, gli organismi internazionali di riferimento si preparano per stabilire le nuove regole e le norme che possano valere per tutti. L’organo che deciderà in merito è la Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure (CGPM), che è un ente diplomatico rappresentativo dei governi dei Paesi aderenti, istituito a fine ‘800 quando una cinquantina di nazioni si sono accordate per adottare un unico Sistema di unità di misure legali e hanno creato due organismi tecnici di supporto: il Comitato tecnico dei Pesi e delle Misure e il Bureau International des Poids et Mesures.
Nell’ultima riunione della CGPM è stato proposto di dimostrare entro il 2018 la fattibilità tecnologica della nuova definizione: se i due organi tecnici, che proprio in questi giorni si sono riuniti per programmare le prossime mosse, confermeranno che le tecnologie esistono e sono sufficientemente solide e disponibili, la CGPM potrà prendere la decisione di cambiare la definizione del chilogrammo campione: «Ed è molto probabile che lo decida».