Che la medicina tradizionale cinese abbia dato grandi risultati, funzionando per secoli con molta efficacia nei confronti di numerose patologie, è una convinzione abbastanza diffusa anche senza bisogno di ricorrere ai dati statistici. Che però si potesse partire da lì per arrivare al premio Nobel per la medicina e fisiologia non era affatto scontato. Invece è proprio questo il percorso seguito dalla ormai 85enne cinese Youyou Tu, una delle figure di punta della Accademia di Medicina Tradizionale Cinese di Pechino, che ieri si è vista assegnare il prestigioso premio, condividendolo con la coppia formata dall’irlandese William C. Campbell e dal giapponese Satoshi Omura: a lei andrà la metà degli 855mila euro, mentre gli altri due si divideranno l’altra parte.



Per tutti e tre si è trattato di un riconoscimento per la messa a punto di nuove terapie particolarmente efficaci nella lotta contro le malattie parassitarie: per Youyou Tu il bersaglio è stato la malaria e la cura è legata a un farmaco di origine vegetale, l’Artemisinina, ricavato dalla pianta officinale Artemisia Annua; per gli altri due l’obiettivo è il trattamento di alcune infezioni di origine parassitaria grazie all’azione dell’Avermectin e la sua versione migliorata Ivermectin.



Di Youyou Tu e della sua scoperta premiata ora col Nobel, parliamo con Donatella Taramelli, Ordinario di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano.

La piaga della malaria è ancora così pesante e diffusa a livello mondiale?
Purtroppo sì, anche se il fenomeno è sottostimato dall’opinione pubblica di nazioni come la nostra. I dati sono impressionanti, soprattutto in Africa, nel Sud Est Asiatico e in SudAmerica, quindi in tutta la fascia tropicale. Le stime contenute nell’ultimo report dell’OMS del 2014 parlano di 400 milioni di casi all’anno; la mortalità maggiore si verifica in Africa e tocca i bambini sotto i cinque anni.



La causa è sempre quella nota…
Si tratta del parassita del genere Plasmodium trasmesso dalle punture della zanzara anofele: è lei che lo preleva dalle persone infette, lo fa riprodurre nel suo intestino e lo inietta in altri soggetti. È giusto quindi fare un trattamento preventivo eliminando le zanzare, ma il problema principale non sono loro, che vivono pochi giorni e volano per non più di duecento metri; meglio ancora è andare alla radice del problema, curando i portatori dell’infezione.

Quindi si deve parlare dei farmaci. Prima della scoperta ora premiata col Nobel, quali erano le terapie e che efficacia avevano?
È molto noto il ricorso al chinino, che conosciamo da quando i gesuiti l’hanno portato dal Perù e che è ancora in uso; ma ha molti effetti collaterali e poi incontra fenomeni di resistenza. Il suo principio attivo però è stato scoperto solo nel secolo scorso. Dal chinino, durante la seconda guerra mondiale, è stato ricavato come prodotto di sintesi la clorochina, che è stata molto importante in quanto farmaco a basso costo, molto biodisponibile, attivo per via orale. Il guaio è che dopo la metà del secolo nel SudEst Asiatico è iniziata a crescere la resistenza del parassita anche alla clorochina; resistenza che poi si è diffusa e l’ha reso inefficace.   

 

Poi fortunatamente è stato scoperto questo nuovo principio attivo estratto dalla Artemisia Annua: qual è il valore delle scoperte di Youyou Tu?
Questa pianta e le sue qualità terapeutiche nella medicina tradizionale cinese erano già ben note: abbiamo documenti datati 168 a. C., come il Discorso sui 55 trattamenti per malattie diverse, che parlano della sua proprietà anti febbrile. Il merito di Youyou Tu è stato di isolare il principio attivo, dopo aver fatto un ampio screening di tutte le centinaia di piante indicate dalla medicina cinese per il trattamento della febbre malarica. È stata lei ad avere l’intuizione di andare a cercare gli estratti tradizionali, risalendo tutto il percorso storico; un po’ come stiamo facendo noi adesso con alcune piante della medicina tradizionale africana. In realtà è stato un grande lavoro di un gruppo da lei guidato, forte anche della sua competenza analitica in quanto laureata in chimica. Oltre all’isolamento della molecola, il vantaggio è stato di aver trovato un metodo molto efficace per la purificazione e la cristallizzazione della molecola: un metodo che si utilizza ancora oggi.

 

Quando è avvenuta la scoperta?
La prima pubblicazione è del 1977. La vicenda è iniziata durante la guerra del Vietnam ed è una storia interessante. Fu il Vietnam del Nord a chiedere aiuto alla Cina di Mao, in piena rivoluzione culturale, per avere un farmaco efficace contro la malaria che stava decimando le truppe. Partì così il Progetto 523, coinvolgendo parecchi gruppi tra i quali quello di Youyou Tu che riuscì a estrarre il principio attivo dalle piante, a elaborare la metodologia adatta a tenerlo attivo e a trovare lei stessa il primo derivato per poi dare a una grande ditta farmaceutica cinese la possibilità di produrlo. Il tutto nell’arco di 6-7 anni, che per un nuovo farmaco è un tempo invidiabile.

Come viene applicato?
Come farmaco si è rivelato molto efficace perché poco tossico e attivo velocemente; è diventato subito la base della cura della malaria severa, in quanto può essere iniettato in vena e ha un’azione molto rapida. Altri derivati sono la base della cosiddetta terapia combinata, che l’OMS ha riconosciuto e adottato a livello internazionale dal 2001 e che ha avuto gli effetti migliori portando alla riduzione dell’incidenza globale della malaria fino al 30%, con un 47% di diminuzione della mortalità secondo il report dell’OMS già citato. La terapia combinata è stata studiata per essere applicata per tre giorni: è a base di Artemisinina che però ha una farmacocinetica molto veloce e quindi richiede l’aggiunta di un farmaco ad azione più prolungata, per essere sicuri di eliminare completamente il parassita.

 

Non c’e più quindi nessuna controindicazione?
Purtroppo anche qui dobbiamo registrare l’insorgere di qualche effetto di resistenza, anche se molto localizzata e tuttora oggetto di attenti studi per capirne le cause genetiche. Anche con l’Artemisinina sta accadendo quello che si pensava non sarebbe mai successo; pur se resta sempre un farmaco molto potente.

 

Qualcuno potrebbe parlare di un Nobel dato alla medicina tradizionale, alla fitoterapia. Quanto c’è di tradizionale e quanto di avanzato nelle ricerche di Youyou Tu?
In effetti c’è molto di vero nella medicina tradizionale cinese; ma nel caso della malaria il goal non è dovuto solo alla pianta. Quello che ha fatto la differenza è stato il lavoro di gruppo che ha isolato la molecola, cioè l’Artemisinina, e poi l’ha trasformata in farmaco, in pillole o addirittura in granuli da sciogliere in acqua, cioè in forme più facili da distribuire e somministrare, specie ai bambini: sarebbe stato piuttosto difficile dare a tutti l’infuso…  

 

Oltre alla cura della malaria, si parla anche di un possibile impiego dell’Artemisinina contro i tumori: è una prospettiva concreta?
Sembra proprio di sì. C’è un’attività antitumorale di questa molecola e dei suoi derivati, con soltanto una differenza di dosi. Se fosse tossica non sarebbe neppure un buon farmaco anti malarico; però ha anche una attività contro certi batteri, come ad esempio l’helicobacter che è una concausa delle ulcere; e a dosi più elevate diventa utile anche contro i tumori. Sono però ancora risultati ottenuti in vitro e non ancora neppure su modelli animali.