Era già emerso nei mesi scorsi il forte nesso tra il tema di Expo 2015 –Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita – e il problema dei cambiamenti climatici, oggetto della prossima convention mondiale sul clima di Parigi, la COP21. Oggi e domani se ne avrà un’ulteriore conferma a Roma, dove società e associazioni scientifiche di diverse discipline si radunano per dar vita a un confronto sulle scienze del clima.
Sarà la Plenary Room della FAO ad ospitare l’apertura del “Rome 2015-Science Symposium on Climate”, con la presentazione di una dichiarazione sottoscritta da diverse società e associazioni scientifiche che proporrà sguardo multidisciplinare sui cambiamenti climatici, sulle conoscenze acquisite e sulle azioni da intraprendere.
Un approfondimento della connessione tra questione alimentare e clima è contenuto nel rapporto 2015 della FAO “Climate Change and Food Systems: global assessments and implications for food security and trade”; il rapporto mette in chiaro alcuni punti che sarà bene tenere presenti per il dibattito che inizia oggi e culminerà con la COP21.
Ci sono anzitutto alcune constatazioni generali. Sono molti e convergenti i dati che mostrano come il cambiamento climatico modifichi radicalmente i modelli globali di produzione alimentare, con impatti negativi sulla produttività dei raccolti, soprattutto alle basse latitudini e nelle regioni tropicali, ma anche con tendenze positive nelle zone ad alta latitudine.
C’è poi sempre la questione dell’acqua, che condiziona notevolmente gli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura: la scarsità d’acqua in molte aree del mondo rappresenta un’importante sfida per l’adattamento climatico, la sicurezza alimentare e la nutrizione; d’altra parte, l’affronto del nesso clima-cibo-acqua richiede lo sviluppo di strategie transettoriali, nazionali e regionali coerenti ma ancora lontane sull’orizzonte.
Focalizzando la situazione europea, il Rapporto fa rilevare come gli impatti biofisici del cambiamento climatico sul potenziale agricolo e sulle rese sono stati valutati da diversi approcci, ognuno con i suoi limiti, ma raramente utilizzati in combinazione. Le molte condizioni vincolanti impediscono rapidi progressi per quanto riguarda il miglioramento del modello. In base alle proiezioni di cambiamento climatico prevalenti, il trend degli impatti sulle produzioni e le rese indicano miglioramenti specialmente per l’Europa settentrionale, e minimi cambiamenti per l’Europa del Sud.
Per l’Europa nel suo complesso, la produzione agricola potenziale dovrebbe comunque aumentare, supponendo immutato il regime di variabilità climatica. Il rischio invece per la produzione alimentare mondiale è più alto considerando la possibilità che condizioni meteorologiche avverse si possono verificare contemporaneamente in diverse importanti regioni agricole.
L’osservazione metodologica più importante resta quella che suggerisce che le metodologie diventino veramente integrate, multi-scala e transdisciplinari per poter affrontare adeguatamente sia le azioni di adattamento che quelle di mitigazione.
Su questi punti dovrebbe tornare oggi Martin Frick, che proprio alla FAO è direttore della divisione Climate, Energy and Tenure: a lui è stata affidata la relazione plenaria “Food Security and Climate Change”. Lo stesso Frick, intervistato qualche tempo fa da International Alert faceva notare sia fondamentale «guardare il quadro completo in agricoltura: non si tratta solo della produzione alimentare, ma anche della gestione delle risorse naturali e della costruzione di condizioni di stabilità e pace, fornendo una base sostenibile per la vita delle persone».
Dal canto suo la FAO sta elaborando proposte su larga scala in quanto ritiene che «l’agricoltura sia ben posizionata per coniugare la lotta contro la povertà con la lotta contro al cambiamento climatico. Circa il 75% della popolazione mondiale che vive in condizioni di insicurezza alimentare e di povertà si basa sull’agricoltura e le risorse naturali per il suo sostentamento. I settori agricoli (comprese le foreste e la pesca) sono particolarmente esposti agli impatti dei cambiamenti climatici e della variabilità del clima e ne sono già sostanzialmente colpiti. Affrontare i rischi climatici richiede l’adozione di misure per creare sistemi di produzione alimentare più resilienti che rispondano meglio ai cambiamenti climatici. Programmi di investimento su più vasta scala potrebbe potenziare i programmi agricoli nazionali e creare lo slancio per le trasformazioni dei settori dell’agricoltura necessarie per garantire la sicurezza alimentare sotto condizioni climatiche mutevoli».
Nello specifico della questione climatica, è probabile che anche da Frick, come da molti esperti convenuti a Roma, arrivi un pressante invito indirizzato a Parigi affinché la COP21 si concluda con accordi realistici e vincolanti: già altre volte il dirigente della FAO aveva espresso la convinzione che il fatidico limite dei 2 gradi di innalzamento termico da non superare sia un “imperativo per scongiurare il rischio di mutamenti dirompenti nell’approvvigionamento alimentare globale”.